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Dall’Allegri compagno ad allenatore, con la svolta Wolfsburg. Barzagli: “Magath fu decisivo per il mio salto di qualità”

“All’inizio ero un ragazzo sognatore, non ho mai pensato di diventare un calciatore. Mi sono avvicinato ai giocatori esperti quando ero solo un ragazzino che andava ad allenarsi con il motorino, ed è la parte più bella della mia vita sportiva. Meglio di ora, momento in cui non mi manca niente”. Parte dai ricordi del passato, Andrea Barzagli, in occasione di un workshop organizzato da Randstad in cui il difensore bianconero si è raccontato rispondendo alle domande di Federico Buffa: vecchi tempi, oltre a quelli presenti, di cui faceva parte anche Massimiliano Allegri, da compagno ad allenatore.” Il mister è stato mio compagno di squadra sei mesi alla Pistoiese… e oggi si prende il merito di quel cambio di ruolo, da centrocampista a difensore. Acciughina? Lo era per davvero: dice di aver detto lui, a Pillon, di spostarmi dietro”.

Palermo, Wolfsburg, il titolo di campione del mondo, la consacrazione alla Juventus: tappe di una carriera superlativa in cui Barzagli individua principalmente una chiave. “Uno dei valori più importanti è l’umiltà: sono un giocatore medio, sono diventato grande alla Juventus. Quando arrivai qui osservai i giocatori più rappresentativi: Pirlo e Buffon non saltavano mai un allenamento, alla Juve ci si allena di più: è stata decisiva in questo mio cambiamento di mentalità. Cerco di studiare al meglio gli avversari, destro, sinistro, come si muovono e come calciano. Guardo le percentuali. E la mia carriera la devo anche a Delneri: mi fece esordire a Brescia, ed ebbi un grande confronto con lui nel mio secondo anno a Palermo. Poi lo ritrovai anche alla Juve”.

Tappa all’estero, infine, decisiva per vedere il Barzagli che ora conosciamo tutti: “Dopo il mondiale pensavo di meritare una grande squadra, ma non ero pronto. Scelsi di andare in Germania, forse era anche troppo per il giocatore che ero. Lippi mi telefonò e mi confessò di non gradire la mia scelta, e Magath mi disse: ‘Lo sai perché non fai progressi? Perché ti alleni male e non credi in quello che fai’. Io mi ero sempre allenato all’80 per cento, e lì non ne prendevo una. Da quell’esperienza ho capito che avrei dovuto allenarmi sempre al 100 per cento, il salto di qualità l’ho fatto lì”.