Come è cambiato il calcio di Ancelotti (e non), raccontato da Ancelotti
Italia, Spagna, Francia, Germania. E poi chissà ancora quante altre avventure per Carlo Ancelotti, uno dei santoni del calcio internazionale. Oggi è al Bayern, pronto a cominciare la sua prima esperienza della carriera in Bundesliga. E ai microfoni di ESPN, ha voluto raccontare come è cambiato il calcio dai tempi della Reggiana:
“La sfida è sempre la stessa: bisogna essere in grado di costruire un buon rapporto con i giocatori, per trovare una buona chimica di squadra, per aiutare i ragazzi a fare del loro meglio. Questo non cambia con l’andare degli anni”, ha detto Carletto. E quante cose sono diverse rispetto a 20 anni fa? “Un sacco. Il mio lavoro è completamente diverso. 20 anni fa avevi 16 giocatori, una partita alla settimana. Ora 25 giocatori e una partita ogni tre giorni. Capite che è completamente differente. Non è possibile allenarsi molto in campo. Forse si può usare più il video per spiegare ai giocatori la strategia del gioco. Ma è fondamentalmente gioco-e-riposo”.
Se Ancelotti è cambiato durante gli ultimi anni: “Il mio stile è sempre lo stesso. La cosa più importante, come ho detto, è sviluppare un rapporto con il mio team per trovare le giuste soluzioni da adottare in campo, insieme a loro. Il coaching non è diventato più tattico, direi più psicologico. Bisogna badare a 25 giocatori, solo 11 possono giocare. Devi tenere gli altri 14 motivati, la parte più difficile del lavoro. Ogni giocatore vuole giocare ogni partita e bisogna spiegare loro che sono molto importanti, anche se non giocano ogni partita. Non si tratta più di spiegare a qualcuno come giocare, ma come si deve comportarsi. E questo è davvero difficile”.
Per il dopo-Guardiola al Bayern: “Non voglio fare una rivoluzione. Perché ciò che questa squadra ha fatto negli ultimi tre anni con Pep è stato davvero buono, hanno giocato molto bene, non voglio cambiare molto. Certo che mi piacerebbe insegnare la mia idea, i giocatori devono esserne convinti. E dopo che proviamo, cercheremo di continuare in questo modo. Perché questo è un buon modo, credo. Ovvero giocare un bel calcio per attaccare nel modo giusto e segnare molti gol. Vogliamo raggiungere i nostri obiettivi. Il calcio non è così complicato”.
E poi una battuta su una possibile avventura con una nazionale: “Non ci sono stato neanche vicino. Mi piace lavorare ogni giorno, essere in campo ogni giorno. Forse in futuro, chissà. Ma in questo momento nella testa ho ancora voglia di lavorare day-by-day. Il CT è un lavoro molto difficile, perché non c’è tempo per allenare, per preparare la squadra. Anche per questo motivo non abbiamo visto calcio di alto livello agli Europei. Il calendario delle partite è così compatto che non si ha il tempo per organizzare bene una squadra. È difficile per le squadre nazionali giocare un buon calcio. E quindi difendere diventa più facile”.
Se Ancelotti ha paura che il calcio stia diventando più difesa-e-contropiede? “Non ho paura, perché il calcio è sempre stato così. C’è un periodo in cui il possesso è considerato lo stile migliore da adottare, c’è un periodo in cui il contropiede risulta il migliore. Questo è il calcio. Nessuna novità. La parola più importante nel calcio è equilibrio, a mio parere. Per essere bravi con la palla, bisogna esserlo anche senza. Questo è il nostro lavoro”.