Vicario, dai ‘Fab Four’ di Udine a Zenga: “Vi racconto il mio Venezia”
All’Udinese parava con Meret, Scuffet e Perisan, ma ormai è veneziano d’adozione. Dalla vittoria della Serie D in un campetto di montagna a punto fermo del nuovo Venezia di Zenga: la nostra intervista a Guglielmo Vicario
“Aspetta, che per l’intervista mi rimetto i guantoni”. Guglielmo Vicario lo dice con l’entusiasmo di un bambino, come se ci fosse ancora bisogno di ricordare a tutti che lui è il portiere del Venezia. Titolare, numero 12 sulla schiena ma numero 1 sul campo, da sette partite consecutive. Spesso uomo copertina (Palermo, Cittadella), anche quando la squadra non vince. “Vivo questo momento con tranquillità”, racconta Vicario ai microfoni di Gianlucadimarzio.com al termine dell’allenamento mattutino al Taliercio. “Penso solo a sfruttare le opportunità che mi vengono date e a ripagare la fiducia di chi sceglie di mandarmi in campo ogni domenica”.
Nome e cognome? Walter Zenga: da quando l’Uomo Ragno è sulla panchina del Venezia, questo ragazzo slanciato e fragile in apparenza non ha saltato nemmeno un minuto di partita. Un attestato di stima davvero speciale per Guglielmo. “Sicuramente lui è stato uno dei più grandi in Italia nel suo ruolo. Per noi giovani portieri è una grande fonte di consigli, di indicazioni, di segreti. Non riesce sempre a seguirci ma quando può intervenire lo fa attentamente e con giustezza. Oltre a essere stimolante, è soprattutto un grande orgoglio essere allenato da un totem come Zenga”.
Prima di lui, Inzaghi. Lo potessero dire tutti i classe ’96, di aver avuto degli allenatori così cult… “Due grandi professionisti e due grandi campioni del passato. Hanno un modo di lavorare abbastanza simile: entrambi si portano dietro un enorme bagaglio sportivo e culturale di questo mondo. Noi possiamo solo imparare e trarne giovamento ogni giorno. Una grande fortuna”.
O piuttosto merito di una realtà che si sta superando anno dopo anno? Al Venezia dal 2015 in Serie D, il giovane Vicario è tra i veterani della cavalcata arancioneroverde. “All’epoca chi l’avrebbe mai detto che saremmo arrivati fin qua. Ci speravo, come ci speravano un po’ tutti. Poi è stata questione di bravura, buona sorte, squadre giuste e momenti giusti. Ma soprattutto un ambiente che voleva fare le cose seriamente ci ha portato alla vittoria netta di due campionati e l’anno scorso siamo arrivati a un passo dalla Serie A”.
E Vicario, ora che è sul grande palcoscenico, non si dimentica da dove provengono lui e il Venezia. “Il momento clou di questi quattro anni? Difficile scegliere. Dalla vittoria dell’interregionale in un campetto di montagna, in provincia di Belluno (26 aprile 2016: 3-3 sul campo del Ripa La Fenodora, ndr), a quella della Lega Pro con cinque giornate d’anticipo. Poi la Coppa Italia vinta in casa contro il Matera (dove Vicario era titolare, ndr), le ultime partite dell’anno scorso (il Cittadella in casa, il Palermo ai playoff) giocate davanti a 6000 persone. I numeri dicono che l’entusiasmo attorno al Venezia è tornato. E questi sono ricordi che porterò sempre dentro”.
Prima di arrivare in laguna, Vicario è cresciuto nel vivaio dell’Udinese, la squadra della sua città. All’epoca, i giovani bianconeri non se la passavano niente male, in fatto di portieri… “Eravamo noi quattro: io, Scuffet, Meret e Perisan. Siamo cresciuti confrontandoci ogni giorno e ci sentiamo spessissimo anche oggi, siamo molto legati. Eravamo un gruppo a cui piaceva lavorare molto e i frutti si stanno vedendo adesso. Simone a Udine e Alex a Napoli, io a Venezia e Samuele a Padova. Siamo contenti di quello che abbiamo fatto, dobbiamo dimostrare ancora per un bel po’ di anni il nostro valore”.
La scorsa stagione invece, la convivenza con Audero. “Emil è stata una persona fondamentale per il mio percorso di crescita. Dall’approccio mentale al lavoro nel quotidiano. Veniva dalla Juve e si vedeva: lì c’è un’impostazione differente, un’etica dell’allenamento che ho cercato di apprendere il più possibile. Consigli indiretti da parte di Buffon? Questo non mi sento di dirlo, ma da Audero ho imparato veramente tanto. Nonostante la sua giovane età è sicuramente un portiere molto forte anche a livello mentale. Lo sta dimostrando anche alla Samp”.
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“L’anno scorso eravamo un altro bel gruppo di portieri anche con Graziano Gori, oggi a Benevento. Abbiamo legato moltissimo e ci sentiamo tutti i gior…”. “Falla finita, Vicario!”, gli urla un collega di reparto dall’altra parte del campo. “Questo è Facchin, ‘purtroppo’ dobbiamo conviverci” -sorride- “però sono fortunato ad avere incontrato anche lui in questi anni veneziani”.
Schizzi di dinamiche di spogliatoio: tra chi scherza e chi sta allo scherzo, Vicario ci dà l’impressione di far parte della seconda categoria. “Anche fuori dal campo sono un ragazzo tranquillo, mi piace riposare, stare a casa. Ho le mie fissazioni: playstation, ora anche serie tv. Quindi Fifa da una parte e El Chapo dall’altra, mi sta prendendo molto”. Casa e allenamento, semplice come sembra. “Poi c’è la mia fidanzata che studia a Milano, ci vediamo quando possiamo. Amo anche andare in centro a Venezia: non mi capiterà tante altre volte di poter vivere in una città così unica. Ogni giorno offre degli stimoli diversi, anche culturali. Mi piace farci un giro, andare a mangiare fuori. Magari pesce, la mia passione”.
Fresco di rinnovo fino al 2021, ormai Vicario è un veneziano acquisito. “Certo! Fare quattro anni così giovane e vedersi piano piano crescere professionalmente e nel quotidiano, è qualcosa che ti segna. Venezia la sento molto mia. Mi sembra veramente di stare qui da molto più tempo e di essere entrato a far parte del tessuto di vita di questa città”.
Le ultime parole sono per i tifosi: “Niente assilli, per adesso non guardiamo risultati o classifica. L’obiettivo è quello di migliorarsi ogni domenica e di dare il meglio, dimostrando di poter vincere contro chiunque”. Magari riconfermandosi la rompiscatole della Serie B? “Assolutamente. Un motivo d’orgoglio per me”. Come quei guantoni che adesso è così bello far vedere, anche solo per un’intervista.