Caro Ibra…
Caro Ibra,
incredibile a dirsi, ma allora… sei umano anche tu. E credici, non avremmo mai voluto scoprirlo, dopo esserci abituati tanto bene per 20 anni (anche alle tue battute). Lungi da chiunque ti abbia apprezzato (fuori e dentro il campo) fare pura ironia su un momento che per te, conoscendoti un minimo, risulterà un boccone terribilmente amaro da mandare giù, nonchè eccezione ad una regola fisica che sembrava ormai divenuta legge indiscutibile. Eppure, usando il tuo stesso savoir faire, crediamo che la ricerca di un sorriso legato alla tua presunta natura deistica possa risultare un po’ più di conforto in istanti simili: in cui inevitabilmente, per la testa, passano tanti, troppi pensieri. Anche fin troppo negativi…
Guai a pensare di smettere, ora. Anche di fronte al primo, vero infortunio grave della tua carriera. In fondo l’avevi detto: “Voglio finire al top”. E così dovrà essere. Per questo tutti ti aspettano nuovamente al 100%, sperando che quell’intero legamento crociato destro torni a reggere quasi 100kg di strapotere fisico e tecnico: a 35 anni compiuti, e con quel corpo lì, naturale qualche dubbio sia lecito. Ma non dev’esserlo di fronte ad Ibra: quello che per anni ha lamentato giusto qualche piccolo guaio muscolare qua e là, o una tallonite (seppur fastidiosa) ai recenti tempi del PSG. E che ora, di fronte ad una prova mai affrontata, si ritrova a dover dimostrare, una volta di più, di essere tra i migliori.
In tanti non hanno perso tempo per starti vicino, con un messaggio, una chiamata, un tweet o pensieri divertenti (“Solo Zlatan può infortunare Zlatan”). Ed anche Old Trafford, “Teatro dei Sogni” divenuto per qualche minuto un po’ più incubo, aveva percepito davvero che la situazione potesse essere grave. Raro vederti cadere in quel modo, atterrare in maniera innaturale, restare a terra per più minuti, rialzarti solo per lasciare il campo lentamente sulle tue gambe e non per combattere ancora: con un doppio legamento che ha fatto crack, stavolta, sarebbe stato semplicemente impossibile. Non era evidentemente la tua giornata, ieri: due gol divorati per chiudere una pratica rivelatasi più complicata del previsto, ma anche i migliori sbagliano. E in quanti te l’avranno detto dopo le tante notti europee in cui non sei riuscito ad incidere, sovrastando le critiche per una competizione continentale che mai sinora sei riuscito a vincere: paradosso vuole che ora la tua squadra si ritrovi proprio lì, a due passi dalla finale di Europa League nella tua Svezia, a Stoccolma. Senza la possibilità di goderti eventualmente, dopo essere stato a lungo decisivo sinora, una serata meritata fino in fondo, annullando ogni debito con l’età e trascinando ancora, da vino ormai impersonificato, il Manchester United.
Inutile usare parole troppo dolci o al miele: apprezzeresti anche, gentilmente e per pura cortesia, ma non servirebbero ad aumentare quella percentuale di stimolo utile a rialzarsi e ripartire. Perchè per una volta (ti toccherà ammetterlo) abbiamo letto di uno Zlatan terribilmente giù di morale, ed ogni segnale di positività e di supporto può rivelarsi fondamentale in fase di recupero. Il nostro c’è, analogamente a quello per chi, come Pepito Rossi, condivide con te l’ennesimo momento duro della propria carriera: ora è tutto nelle tue mani, non in quelle di Dio. O forse è lo stesso: se anche avessimo voluto dirlo, dopotutto, avremmo già potuto ipotizzare la tua risposta…
Vietato mollare, già. Non lo hai mai fatto, da sempre: nemmeno quando da piccolo, di fronte ad un frigo vuoto e alla grande fame post allenamenti, finivi per cenare con qualche pezzo di pane a casa di papà Sefik, spostandoti talvolta da mamma per saziarti maggiormente. Inseguendo un sogno con addosso scarpe da poche corone, ma con un enorme talento in quei piedi che hai voluto fotografare ed appendere lì, all’ingresso di casa. Perchè alla fine ce l’hai fatta e…“Tutto ciò che hai attorno, è merito loro”: guai a dimenticarlo, adesso. Per tanto lavoro già fatto, ce n’è ancora da fare: in fondo, se davvero ti senti il Benjamin Button di Malmoe, la strada a 35 anni può apparirti lievemente in discesa, per aggiungere altri trofei alla collezione di 32 già conquistati.
“Lions don’t compare themselves to humans”, recita l’ultima creazione del tuo nuovo brand di abbigliamento: quale occasione migliore, dunque, per prenderne spunto, tirare fuori denti, artigli e lottare contro ogni avversità, tornando più forte di prima. E a braccia larghe, con urlo incorporato, dopo ogni gol segnato: perchè diversamente, proprio, non riusciamo a vederti. Riaspettando ansiosamente quel fenomeno che per tanti anni, tra magie ed una personalità unica, ha provato a convincerci di essere Dio in terra, tornando umano solo grazie a tanta sfortuna da lasciarsi ora alle spalle. From A-Z. Alfabeto di un recupero per cui il nostro countdown è già partito…