Caro Francesco Totti…
Ogni lettera che si rispetti deve iniziare con un appellativo: “Illustre, Egregio, Stimato”. Oppure “Caro”. Ci siamo, una parola che di solito si usa per amici o conoscenti. Non per le leggende, gli eroi. Ma il personaggio permette un’eccezione. E forse, forse sì, una lettera così piacerebbe pure a lui. Lui. Lui che è della gente, dei tifosi, del calcio. Di Roma e della Roma. Insomma Francè, ‘sta lettera è dedicata a te. Perché noi, noi sportivi, noi giornalisti, noi amanti del pallone, noi tifosi, noi figli degli anni ’90, avevamo una costante. Ed eri Tu. Perché 25 anni so’ 1/4 di secolo, Francè. E chi nel ’93 andava alle medie ora si è sposato, ha una famiglia, dei figli. Chi è nato in quei giorni avrà ha dato il primo bacio mentre tu diventavi capitano a 22 anni, prendendo la “cazziata” dalla mamma perché senza casco in motorino “nun se gira”. Quello che Mazzone ti disse di non prendere perché aveva già capito tutto. Intuizioni. “Nun sia mai che te fai male…”. Caro Francesco, sei cresciuto. Ma non da solo, perché siamo cresciuti pure noi, aggrappati alla “generazione Totti”. E quando Roma-Genoa avrà il suo triplice fischio quantificheremo il tempo che è passato. Insieme a te.
Caro Francesco…ricorda
Osserva com’è cambiato il mondo in 25 anni di “Tottismo”. Preserva i tuoi ricordi, pensa. Prima una squillo a mamma col Nokia 1011, ora gol e selfie sotto la Sud: rigorosamente Iphone. Voltati un attimo, ora. Rifletti su cosa hai fatto, cos’hai rappresentato, cos’è stata la Roma. Ricordati di quel “no” secco al Real Madrid, del cucchiaio a Van der Saar. Di quando da bambino non arrivavi al flipper e serviva lo sgabello. Ricordati della strada, dei parchi, del “palla o regazzino?”. Ricordati anche dei momenti brutti, dei secondi posti, di Euro 2000: “E se l’Italia avesse vinto… Pallone d’Oro a Totti?”. Ipotesi. Il calcio a Balotelli e lo schiaffo a Colonnese, gesti non “da 10” ma perdonati dalla gente Tua. Offuscata, plagiata. Perché Totti nun se discute. Ricordati del Mondiale e di Trezeguet, che stavolta colpisce male. “Campione”. Ricordati del rigore, Francè. Di quegli occhi in cui c’è tutto: il genio, la freddezza, la responsabilità, l’essere leader. Il recupero lampo e le “viti nella gamba”. Pensa alle parole di Nick Horby: “C’è sempre un’altra stagione”. Perché il brutto sai qual è? Che tutto scorre, tutto va avanti e certe cose non tornano più. Panta rei, dicevano. Come il sinistro del Ferraris, il pallonetto a Julio Cesar, la spaccata a 40 anni, nel derby. Il “so’ 4 e tutti a casa”. La Serie A, la Roma e i dibattiti su Totti esisteranno ancora. Meno la costante, che invece sparirà. Capiremo poi.
Caro Francesco…sorridi
Sorridi perché hai realizzato il sogno di una vita, vincere lo Scudetto a Roma. Anche per quei record che ormai non si contano nemmeno più. Non fanno notizia. E non saranno battuti. Sorridi perché lasci da campione, da star. Icona. Da uno che magari ha vinto poco, troppo poco, ma che ha trasmesso tanto. Tutto. E tutto nella capitale. Rex Romanorum. Gol? Più di ogni altro (307), come le presenze (785). Non ci sarà un altro Totti. Sorridi perché ora potrai goderti la famiglia, i tuoi figli, Ilary. Spiegare a Christian che papà potrà venire a prenderti a scuola, o agli allenamenti. Generazione post-Totti tutta da scoprire. I figli del 2000, della tecnologia, di Youtube. Sorridi, perché grazie ai mezzi di oggi sapranno chi sei stato. Nonni, padri, nipoti.
Caro Francesco…emozionati
Emozionati ancora. Noi l’abbiamo fatto, abbiamo sognato. Felicemente abituati a un genio che non ci sarà più. Il gioco di prima, l’intuizione del passaggio, la potenza. L’assist. Sussulti di pallone puro. Vero. Unico nella sua essenza, nella sua semplicità. Perché sei stato genuino, Francè. Uno di noi, “quasi un fratello”. Un “Picasso tenuto in saluto e negato ai musei”. Uno che ha preferito il Colosseo ai confort del mondo. Bandiera. Di tutti i pareri, di tutte le frasi e le definizioni, scegliamo quella di John Arne Riise: “Totti è la cosa più vicina a Dio in una squadra di calcio”. Infinito.
Caro Francesco…accomodati
E siedi pure. C’è un tavolo di fenomeni che da qualche anno aspetta solo te: ci sono Del Piero, Ronaldo, Nesta, Sheva, Dinho, Maldini. I campioni, gli amici. I compagni di viaggio che hanno smesso. “Vieni!”. Ma a te non va, vero Francè? A te lo smoking ancora va stretto, il ruolo da commentatore proprio non ti piace. Preferisci divertirti, correre a 40 anni. In fondo, dentro di te, sei lo stesso che “lasciava perde” i libri e “andava a giocà” al parchetto. Hai combattuto il tempo e spesso hai vinto, ma ora? Le lancette vincono sempre, ricordati. Sono come il banco, prima o poi ti tocca. Purtroppo. Quindi siedi e smetti. E poi diciamolo, sarebbe difficile vederti con un’altra maglia, il finale non sarebbe epico. Sarebbe uno schiaffo retorico, a quella “favola chiamata Totti” che ha sposato una sola donna ed è invecchiato insieme a lei. Coi suoi pregi e i suoi difetti. Pensaci.
Caro Francesco…fermati
E ascolta. Vedi come ti hanno definito in tutti questi anni, da O Rei: “Totti è il Pelè bianco”. A Maradona: “Totti è il migliore che abbia mai visto”. Bastano loro. Guarda avanti adesso, alla nuova sfida. A un futuro diverso. Caro Francesco, stupisci. Stupisci ancora. Da dirigente, allenatore, osservatore, quello che vuoi. La normalità non ti appartiene. Sei l’eccezione e l’eccezionale. Caro Francesco, piangi. Commuoviti. Saluta senza polemiche, regalaci quel lieto fine che tutti stiamo aspettando. Epicità. Dimenticati di questi mesi, delle polemiche, del fatto “che ti hanno fatto smettere”. Segna e basta, perché devi lasciare così, come ha fatto Del Piero. Buttarla dentro per l’ultimo regalo alle generazioni: “Figlio della Sud!”. Caro Francesco, piangi anche tu. Commuoviti. Lo stadio lo farà, pure De Rossi: “Il suo ritiro sarà uno choc”. Dillo tu che lasci tutto, con la tua voce. Prendi un microfono e fallo perché qualcuno ancora non ci crede: “Ciao Roma, ti dico addio”. Gli occhi lucidi, l’ultimo pallone, l’ultima magia. L’ultimo Totti. Col 10. Coi soliti buffetti sotto un caschetto che oggi non c’è più.
Caro Francesco, solo Grazie. Per sempre. Per tutto. Con gioia e malinconia. Perché quando torneremo a casa, o spegneremo la tv in questa domenica di fine maggio, capiremo che è tutto finito, ma che al tempo stesso abbiamo fatto parte di una Storia. La tua. La nostra.