Pafos, Carcedo: “Stiamo realizzando tutti i sogni possibili, nostri e dei tifosi”
Dal documentario “Pafos, risvegliare la passione di un’isola”: la nostra intervista all’allenatore spagnolo
Le favole più belle, nel calcio ma non solo, nascono quasi sempre per caso. Basta una semplice chiamata per dare vita a qualcosa a metà tra il sogno e la storia, qualcosa capace di risvegliare l’entusiasmo di un popolo intero.
“Avevo voglia di lasciare la Spagna, avevo allenato un paio di squadre lì e volevo provare nuove avventure. Con Emery avevo già allenato diversi anni all’estero e si è presentata la possibilità di venire a Cipro. Mi avevano parlato del Paese e del club, ho preso questa decisione e ne sono molto contento”: a parlare è Juan Carlos Carcedo, principale artefice del miracolo sportivo targato Pafos, club cipriota alla prima partecipazione in Champions League – ma non solo.
Già, perché lo spagnolo ha scritto un nuovo capitolo nella breve storia – poco più di un decennio – della società, quello riservato ai successi: “Pensavo che il Pafos mi avrebbe permesso di vincere titoli e giocare nelle competizioni europee. Tutto ciò che sapevo del club era positivo, quindi credevo potesse essere un’opportunità da cogliere”, racconta a gianlucadimarzio.com. Detto, fatto. All’allenatore è bastata una stagione per vincere il primo trofeo di sempre per il club – la Coppa nazionale – trionfando anche in campionato al secondo anno. Impatto clamoroso, che va oltre il semplice palmares: Carcedo ha reso vincente ed “europea” una squadra che prima del suo arrivo non si era mai spinta fino a tanto.
“Provo molto orgoglio, in particolar modo per il gruppo di giocatori che abbiamo. Stanno cercando di crescere con il club, che a sua volta vuole ritagliarsi uno spazio prima a Cipro e poi in Europa. E questo è possibile grazie a tanto lavoro e molta dedizione”. Lavoro e dedizione che hanno portato una cittadina di 30.000 abitanti a confrontarsi con big del calibro di Bayern Monaco e Juventus (e prossimamente anche il Chelsea), qualcosa di impossibile anche solo da immaginare: “L’ambizione era di continuare a migliorare, ma credo che né i tifosi né la stessa società pensavano che saremmo riusciti ad arrivare fino a questo punto in così poco tempo”. Come nei sogni.

Come nei sogni
E proprio “sogno” è la parola giusta per descrivere quanto fatto dal Pafos in queste ultime stagioni. Non a caso, anche lo stesso allenatore la utilizza ripetutamente per parlare dei risultati raggiunti a Cipro ma soprattutto in Champions League: “Con il passare del tempo credo che stiamo realizzando tutti i sogni che possiamo avere. Siamo in una buona posizione, mancano ancora delle partite e ora tutti sognano di provare a qualificarsi”. Un pensiero ricorrente.
È chiaro però che il club cipriota non vuole accontentarsi di tutti i traguardi raggiunti in questo biennio. L’obiettivo, al contrario, è renderli delle basi solide su cui poggiare un progetto continuativo in stile Atalanta – se guardiamo all’Italia – o Villarreal: “Qualche settimana fa abbiamo giocato con il Villarreal, il loro è un buon modello da seguire. Ovviamente questo richiede del tempo, perché alla fine arriveranno momenti difficili come è successo anche a loro. Sono arrivati a giocare in Europa, sono scesi in seconda divisione, poi sono risaliti e ora sono in una posizione molto buona. Credo che questo debba essere un po’ l’esempio per il Pafos, ovviamente sapendo che il nostro budget è molto più limitato”.
Lo spagnolo ha le idee chiare, chiarissime, su quello che dovrà fare nel breve futuro la società; magari ancora insieme: “Il mio obiettivo è stare in un posto dove mi trovo bene e sono apprezzato, rimarrò qui finché la gente del club lo vorrà”. E questo non può che essere anche l’interesse del club, che ha fatto una scelta coraggiosa e vincente affidandogli le chiavi della panchina e che adesso non può che essere soddisfatto dei risultati da lui ottenuti: “Qui al Pafos abbiamo trovato un posto in cui avere una stabilità, cosa che per un allenatore è complicato. E abbiamo ottenuto dei titoli, che è quello che la gente vuole”.
Un maestro per amico
E pensare che prima di diventare a tutti gli effetti un allenatore, Carcedo ha lavorato 13 lunghissimi anni come vice. Tutti al fianco di Unai Emery. Un rapporto tutt’altro che banale il loro, nato quasi per caso a Madrid e diventato anche lavorativo oltre che umano: “Abbiamo giocato insieme al Leganès e nello stesso periodo studiavamo amministrazione aziendale sportiva. Nel corso del tempo abbiamo mantenuto l’amicizia, anche perché avevamo molte cose in comune: eravamo pazzi per il calcio, conoscevamo tutti i giocatori e già ai tempi parlavamo di come saremmo stati da allenatori. Da lui ho imparato moltissimo, credo che ci siamo completati molto bene per diverso tempo”.
Dall’Almeria all’Arsenal, con in mezzo esperienze indimenticabili come quelle al Siviglia e al PSG. Ognuna di queste è servita da insegnamento per il prosieguo della carriera di entrambi: “Ho ricordi molto positivi, per esempio le tre Europa League consecutive vinte con il Siviglia. Al PSG invece non siamo riusciti a trionfare in Champions, che è il vero obiettivo stagionale, ma è stato comunque un periodo molto bello perché abbiamo vinto sette titoli”.
Titoli che non sono arrivati invece all’Arsenal, ultima tappa del lungo cammino al fianco di Emery. Il 2020, infatti, è stato l’anno della svolta definitiva per Carcedo: “Era giusto cercare nuove motivazioni, nuovi orizzonti e nuove sfide. Io d’altra parte volevo vedere se ero in grado di allenare”. Sono bastati meno di 5 anni per far rispondere affermativamente il campo. Il resto è storia; quella del Pafos ma non solo.