Impiegato, attore e calciatore: Embolo, lo svizzero ribelle dal cuore d’oro
La storia di Breel Embolo, uno dei più temibili giocatori della Svizzera che affronterà l’Italia
Così forte che già a 17 anni fa innamorare Paulo Sousa: “Mi piace tutto di lui”, diceva l’attuale CT della Polonia. Ma Breel Embolo, attaccante della Svizzera che affronterà l’Italia all’Olimpico questo mercoledì, si era fatto conoscere già un anno prima, quando aveva esordito col botto in prima squadra con il Basilea: gol dopo quattro minuti dal suo debutto in campo. E i tifosi per lui iniziano subito a impazzire: da quel momento Embolo è diventato beniamino dei suoi tifosi e della sua nazione, la Svizzera. Tanto da diventare l’unico giocatore a godere di un coro personalizzato: “Oh Embolo! Oh Embolo!” sulle note di The Lion Sleeps Tonight. Un coro che si sentirà anche all’Olimpico mercoledì sera.
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BREEL EMBOLO, LA STORIA
Breel Embolo nasce a Yaoundé, in Camerun. A 6 anni si trasferisce con la madre e la sorella in Svizzera. È un ragazzo intraprendente, iperattivo, implacabile. Una peste buona. Quando un osservatore lo nota giocare a calcio per le strade di Basilea e chiede alla madre se può fare un provino al bambino, lei risponde subito sì: “Prendetelo assolutamente. Se me lo fate arrivare a casa la sera stanco da andare subito a letto, ve ne sarò grata”. In campo però Embolo è schivo e timido. Inizia a giocare in porta: “Ero sicuro che tra i pali avrei avuto meno possibilità di sbagliare”. Poi, la prima sliding door della sua carriera: durante una partitella di fine allenamento prova a giocare qualche minuto in attacco. È la svolta: “Tu lì devi stare, altro che porta”, gli dicono a fine allenamento. La storia inizia così. Embolo nel frattempo cresce guardando e tifando il Barcellona in tv. Ammira il suo idolo Eto’o e piano piano ne imita le qualità, fino a diventare un attaccante letale quando parte in velocità sulla fascia e temibile dal limite dell’area per il suo tiro potente. Un 9? Più un 7, come il numero che porta in nazionale. Nei club invece lo vedrete sempre con la 36. Aveva quel numero al Basilea e allo Schalke 04. Non lo ha cambiato neanche al Borussia Monchengladbach, suo attuale club. Motivo: “Era il bus che prendevo da piccolo per andare agli allenamenti. Mi ricorda il mio percorso”.
UN MANCATO… IMPIEGATO
Beniamino dovunque va, Embolo è un tipo umile e spontaneo. Di quelli che si fanno apprezzare per la genuinità. Specie se unita a prestazioni convincenti in campo. Nelle giovanili del Basilea chiedeva insistentemente ai dipendenti del club di iscriverlo a un corso. Universitario? No, un corso per impiegati d’ufficio. “Era quello che avrei voluto fare se non fossi diventato calciatore”. Embolo si fa iscrivere, passa il concorso e viene assunto dalla federazione calcistica svizzera: “Assegnavo gli arbitri per le partite e mandavo le multe ai giocatori”, raccontò a un giornale nazionale nel 2015. “Vedendo le ammende ho imparato a pensarci due volte prima di inveire contro i direttori di gara”. Dalle multe inviate a quelle… ricevute: in passato gli è stata tolta la patente per eccesso di velocità, mentre nel gennaio scorso è stato accusato di aver preso parte a una cena affollata in cui non veniva fatto uso di mascherine. L’anti anti-covid. All’arrivo della polizia, la Bild addirittura racconta di una tentata fuga dal tetto del locale, con un inseguimento concluso in un altro appartamento. Versione smentita dal giocatore che comunque sarà costretto a pagare una multa salata (e una giornata di campionato di squalifica) per non aver rispettato le norme di sicurezza.
UN RIBELLE DAL CUORE BUONO
Che avesse un carattere particolare non lo aveva capito solo la madre, ma anche un suo allenatore ai tempi del Nordstern, una delle sue prime squadre: “Durante un allenamento si tirò giù i pantaloni e fece vedere il suo lato posteriore ai compagni. Fu inaccettabile. Lo feci restare a casa per tre settimane, ma avrei potuto cacciarlo definitivamente”. Chissà felice la madre quando poi hanno deciso di riprenderlo. Da quel momento non si è più fermato. In campo è diventato sempre più forte, mantenendo un carattere tutto suo. Tanto da essere scelto come protagonista per uno spot della Volkswagen prima dei mondiali del 2018, in cui recita il ruolo di quello che arriva in ritardo alla convocazione del CT Petkovic e che grazie alla macchina tedesca riesce a limitare i danni di orario. Ma Embolo sa anche essere il buon esempio: a 18 anni ha voluto aprire una fondazione per aiutare i rifugiati in Svizzera, i bambini del Camerun e quelli del Perù, aiutando le comunità con la costruzione di scuole e organismi di supporto. Il progetto è sempre in vita e lui sempre più coinvolto.
Genuino, sorridente, spontaneo. Sui generis. In campo Embolo è rimasto incontenibile come quando da bambino faceva esaurire mamma. Ora non è più il suo “incubo”, ma quello delle difese avversarie: quando parte in velocità prenderlo diventa molto difficile. Mancio, per qualche consiglio prova a chiedere alla polizia tedesca.