Questo sito contribuisce all'audience di

B…entornata Livorno. Un guizzo di Vantaggiato regala la promozione dopo un anno sull’ottovolante

Entusiasmo, sorrisi, paura, scoramento, reazione, gioia, sofferenza, tripudio. Alle 18.33 di sabato 28 aprile, il Livorno torna in serie B in un pomeriggio che è lo specchio della sua stagione. Un ottovolante di emozioni in parallelo con Siena. Due stadi, sentimenti contrapposti. All’Artemio Franchi si piange, all’Armando Picchi si ride. Una città intera fin dalla mattinata sognava una vittoria contro la Carrarese e sperava che i senesi non facessero altrettanto contro il Piacenza. Alla fine è bastato un pareggio per esultare, perché dall’altra parte della Toscana un colpo di testa del piacentino Romero rimandava i sogni bianconeri ai playoff.

[videosky id=”417262″]

Un gol arrivato alle 17.12 di una giornata che stava diventando un incubo per gli amaranto di Sottil. Qualche minuto prima, il carrarino Cais aveva ammutolito il pubblico dell’Ardenza con un tap-in da due passi. Sbigottimento sugli spalti, nervosismo in campo. La festa annunciata si trasforma in una partita di calci. Tensioni, polemiche, accenni di rissa, Igor Protti che zittisce la panchina ospite e un groppo in gola come un ovosodo.

La rete dal Franchi rianima lo stadio livornese, mentre gli amaranto stentano a trovare una reazione. Che arriva, perentoria, alla fine del primo tempo: palla in mezzo di Valiani, Doumbia manca l’aggancio, pallone che carambola sui piedi di Vantaggiato che spara un sinistro che tutto lo stadio vorrebbe calciare. La rete sotto la Nord si gonfia, il “toro di Brindisi” corre ad abbracciare la sua gente. Stessa scena di due settimane fa, stessa pazza gioia del derby con il Pisa. Felicità autentica, come nei film di Virzì, orgoglio amaranto. Daniele Vantaggiato, non è un figlio di questa terra ma la incarna come nessuno. Ribelle e talentuoso, numero 10 nei pregi e nei difetti, impossibile chiedergli il massimo ogni giorno, ma nel momento del bisogno, prende tutti sulle sue spalle.

Altroché bilancia. Sono i suoi gol a pesare tonnellate: sono 17 in questa stagione, 51 con la maglia del Livorno. Sesto bomber di sempre con questa maglia. Un brindisino di scoglio, uno di loro.

Goliardia e cuore, livornesità. Uno capace di rimanere duro senza perdere la tenerezza. Di uscire dalla palude dello scontro con Spinelli da leone. O semplicemente da toro. Simbolo di una città che quest’anno ne ha passate tante. L’alluvione dello scorso 10 settembre ha messo in ginocchio la città senza piegarla. La morte dei due portuali, uno dei quali tifosissimo della squadra, ha commosso tutti. Anche per loro il Livorno è stato Livorno e lo leggi negli occhi della gente che esplode al raddoppio di Corazza a Siena. Riemergere dalla palude, metafora di gente che trascina le parole e prende a calci il destino. Aspettano questo momento dal 21 maggio di due anni fa, retrocessione in casa contro il Lanciano in una notte maledetta. C’era anche Manuel Giandonato, come avversario. Oggi invece piange e sventola una bandiera amaranto, abbracciato da Luca Mazzoni, il guardiano dei pali e del sogno. Una settimana fa si era storto una caviglia in Sardegna contro l’Arzachena. Si è curato ogni ora per esserci e nel secondo tempo ha fatto il miracolo su Tommaso Biasci. Un livornese contro un pisano, duello da Far West e da Vernacoliere. Ha vinto il primo, nuovamente.

Mazzoni piange ed abbraccia la sua bambina. Forse più tardi andranno alla Vecchia Ciurma, il ristorante che divide con il suo compagno di mille avventure: il capitano Andrea Luci. Ecco, alla voce “riemergere”, suonate pure al suo citofono. Viene da Piombino, ma l’acciaio di quell’area sembra zucchero filato rispetto alla sua tempra. Dal 2013 gioca soprattutto per curare il suo bambino, alle prese con una malattia genetica rarissima: si chiama fibrodisplasia ossificante progressiva, colpisce un bimbo ogni 2 milioni. Uno di questi è il suo. Qualche mese fa ha perso il padre all’improvviso, mentre stava facendo la spesa al supermercato. Negli anni ha superato infortuni al crociato e la morte in campo di Piermario Morosini. Non si è mai arreso e più di chiunque altro merita questo sprazzo di gioia, arrivata anche e soprattutto per il suo gol del 3-2 contro l’Arzachena di una settimana fa.

Una rete che ha costretto Matteo Giannotti, tifoso della Curva Nord a due braccia ingessate. Era in alto in curva a Olbia si è ritrovato in fondo fratturato e felice. Sul gesso non ha firme ma solo una scritta: “Pisa m…..”. Più che un insulto, un intercalare in quest’angolo di Toscana. Nella festa del dopo partita salta anche lui. E salta anche Andrea Sottil, questa volta solo in senso fisico. Ha perso il timone della squadra due volte, è stato rimpiazzato da Foschi per tre settimane e poi richiamato a furor di popolo e di spogliatoio. “Era l’uomo giusto per noi, la persona perfetta per vincere questo campionato”, sottolinea Francesco Valiani, 38 anni e una nuova promozione. Facce felici, volti da trionfo. Bruno aizza la folla, Doumbia ride. “Deh, con te so’ 5 mori, miha 4”, gli dice un tifoso. Allude al simbolo della città. Solo che quelli hanno le catene, Abdou invece non lo ferma nessuno. “Contro il Pisa m’hai fatto piange, hai capito??”, gli urla una signora. Si abbracciano, come in un film di Virzì.

B…entornata Livorno, amante insaziabile delle commedie a lieto fine.