Gli assist di Maradona jr e Brienza, la maglia di Cannavaro: Iadaresta e il patto promozione a Bari
Il centravanti cresciuto nel settore giovanile del Napoli tra 125 gol e una laurea in Giurisprudenza. “L’ho presa per i miei, a loro devo tutto”. Dopo 16 maglie indossate ora vuole mettere a posto la valigia: “Vorrei guadagnarmi una riconferma o almeno rimanere nel cuore dei tifosi”
Mister Sandro Pochesci ha detto di lui che usa la testa come i piedi, guidando la sua parte più alta come fosse un arto “Lo ringrazio, è vero che i compagni spesso cercano i miei colpi di testa. Devo dire che è un'arma che mi ha permesso di togliermi diverse soddisfazioni. A Bari mi hanno cercato anche per questa abilità”. La vena realizzativa, del resto, l'ha sempre avuta, essendo andato spesso in doppia cifra all'interno della sua carriera.
Parola di Pasquale Iadaresta, 125 reti tra C e D, di cui un terzo segnate saltando più in alto degli avversari. Lo hanno visto a Bari, quando ha firmato l'1-1 contro l'Acireale, lo hanno visto in passato soprattutto a Latina: 27 reti nella stagione 2017/2018, "a -1 dal record di Gianfranco Mannarelli, stabilito nel 1976" sottolinea il diretto interessato ai microfoni di gianlucadimarzio.com. Gli anni sono 33, i ricordi molto di più. Pronti per aprire l'album.
L'ALBA: IL SETTORE GIOVANILE DEL NAPOLI E QUEL TRENO PER SIENA
Il viaggio nella vita di Pasquale Iadaresta parte da Napoli. Settore Giovanile, decine di reti tra Allievi e Primavera, seguiti da migliaia di persone nelle fasi finali. “Sono arrivato al calcio tardi, a 16 anni, eppure anche grazie alla stazza sono riuscito a impormi abbastanza presto nel settore giovanile. Di quella squadra quasi nessuno è arrivato in serie A – ricorda – mentre Mariano Arini e Adriano Russo sono arrivati almeno in serie B, Russo anche in A”. Il numero 10 aveva un cognome non banale: “Diego Maradona Junior, un bravissimo ragazzo”. Dopo il fallimento del Napoli, ecco Siena: “Mi invitarono Perinetti e Simoni, passati lì dopo che il Napoli era fallito. E' iniziato un altro periodo della mia vita”.
VIERI E RIMPIANTI
Nel campionato Primavera qualcuno lo paragonava a Christian Vieri. “Agli inizi, viste le doti fisiche importanti, si pensava potessi avere una carriera diversa. Questo è sempre stato uno stimolo”. L'assist questa volta lo serve Pasquale, e conduce alle sliding doors della carriera. “Forse mi è mancata un pochino di sana gavetta, ho esordito troppo presto e mi sono mancati dei passaggi necessari. Avrei preferito giocare di meno e avere più tempo per studiare compagni e comportamenti, è il mio rimpianto più grande”.
Un messaggio rivolto anche ai giovani di oggi: “Sono passato da momenti molto difficili, mi rendevo conto che ero su una strada che non mi portava da nessuna parte. Oggi c'è quest'obbligo dei quattro Under dal fischio d'inizio – la voce si fa più intensa – che andrebbe gestito in un certo modo. Spesso dopo i 21 anni questi ragazzi non trovano più spazio”.
Parla in base all'esperienza, Pasquale: “Al Siena c'erano 3-4 giovani, ci restava chi aveva qualità. Oggi vedo i ragazzi meno affamati rispetto a quello che eravamo noi. La sensazione è che prima si giocava perché eri bravo, ora l'obbligo di impiego conta quasi come la bravura”.
L'ESORDIO IN A E L'INVESTITURA DI CANNAVARO
Anche in Toscana Iadaresta continua a fare quello che gli riesce meglio: segna, tanto e senza sosta.
Luigi De Canio e il suo vice Antonio Conte notano quel lungagnone del settore giovanile e lo invitano ad allenarsi con la Prima Squadra. Dopo un anno di apprendistato, ecco la Juventus. Finale di campionato, bianconeri di Capello in corsa per lo scudetto (poi revocato) e avanti per 3-0 al Franchi dopo dieci minuti.
“Di Canio mi fece riscaldare per quasi tutta la partita, senza mai entrare” ricorda l'attaccante. Che però di quel pomeriggio ha comunque un ricordo speciale. “A fine partita mi avvicinai con Legrottaglie a Fabio Cannavaro per chiedere la maglia del difensore della Juventus. Lui la diede a me e si prese la mia: 'Se tra qualche anno sarai famoso, avrò fatto un buon investimento' mi spiegò. Custodisco quella maglia con gelosia a casa”.
MATERAZZI E QUELLA MAGLIA “DONATA” A SAN SIRO
Accanto alla divisa di Cannavaro, c'è però un'altra maglia bianconera a casa Iadaresta. Custodita in cornice, difesa con gelosia. Anche se te la chiede un futuro campione del mondo. Storia di maggio 2006, una settimana dopo quel Siena-Juventus 0-3. Di Canio e i suoi vanno a San Siro. Di fronte c'è l'Inter. Con il Siena in svantaggio, ecco Iadaresta: “Presi il posto di Tudor, ricordo che mi disse di andare in campo è divertirmi”.
Parentesi rapida sul croato: “Un grande esempio, arrivò a Siena dalla Juve, si preparava per i Mondiali 2006. Lo vedi dai piccoli dettagli quando un calciatore è stato in un top club, gli auguro il meglio in panchina con l'Udinese”. Torniamo a Milano, primavera 2006: “Pareggiammo 2-2 nel finale – spiega Pasquale – Marco Materazzi, mi invitò dentro lo spogliatoio dell'Inter per lo scambio maglia. Entrai e c'era Mancini infuriato per il pareggio. Materazzi spiegò che ero con lui per scambiare la maglia, ma io mi rifiutai di dargli la mia”.
Matrix allora lo convinse a concludere lo scambio: “Mi riaccompagnò nello spogliatoio del Siena e pretese la mia simpaticamente dal magazziniere. Ma convinsi il magazziniere a farmi dare un'altra maglia. Quella che ho usato a San Siro è a casa mia”. Tra le maglie di Cannavaro e Materazzi, muri azzurri due mesi dopo a Berlino. Estate 2006, Italia campione del mondo. “Un periodo meraviglioso” ammette Iadaresta.
L'ANNO SABBATICO E QUELLA LAUREA IN GIURISPRUDENZA
Eppure, appena otto anni fa, Iadaresta aveva pensato di appendere gli scarpini al chiodo. “Successe dopo le Universiadi, dopo l'esperienza a L'Aquila – ricorda – ero sfiduciato, credevo che a 25 anni sarebbe stato giusto mollare”. E poi? “Mi sono allenato con il Crociati Noceto, vicino Parma, in Eccellenza. Era giusto un passatempo, poi a dicembre mi chiesero di fare qualche partita e in 3 incontri segnai 7 reti”.
A gennaio squillò il telefono: “Chiamata dal San Marino, in C2, ma il Crociati Noceto decise di non liberarmi. Rimasi due mesi senza giocare, poi feci il finale di campionato con loro”. Reti realizzate? 17, giocando a tempo perso. “Mi rilanciai e decisi che fino a che ne avrei avuto voglia e forza, avrei fatto il calciatore”. L'alternativa, in fondo, ci sarebbe anche stata: una laurea in Giurisprudenza in tasca, Iadaresta, ce l'ha.
“L'ho presa per donare una soddisfazione ai miei, che ringrazierò in eterno – sorride – ci tenevano tantissimo e l'ho fatto per loro. nei momenti in cui le cose non andavano mi aggrappavo a quello per recuperare il tempo perso e sentirmi in pace con me stesso. Però la via del calcio è stata sempre la prima scelta”.
BRIENZA E L'ESSENZA DEL CALCIO
Tra i veterani del Bari c'è uno zoccolo duro, completato da Di Cesare e Floriano. Compagni di squadra e di cena. Guida Brienza: “Con Franco ci conosciamo da anni – spiega Iadaresta – l'avevo conosciuto già a Siena quando ero agli inizi e lui era già un nome di qualità per il calcio italiano. Allenarsi con Franco è un piacere estremo. Ha la gioia di un ragazzino, a volte è difficile anche capire dove trovi tutta quella forza e quell'entusiasmo. E' un grandissimo. Il loro segreto è il senso del divertimento, ti aiuta a superare le difficoltà professionali. Penso a lui e a Quagliarella, fresco di record in Nazionale”.
Esempi, come lo era stato Enrico Chiesa ai tempi di Siena: “Mi aveva preso sotto la sua ala protettrice, voleva che mi allenassi con lui e soprattutto un compagno leale e forte – il ricordo di Iadaresta – poi ricordo anche quando portava in campo suo figlio Federico. Ora lo vedo in campo e mi ricorda tanto suo papà”. Restiamo all'attacco. Simeri, Pozzebon, Floriano, Neglia, Brienza, Liguori, Piovanello e appunto Iadaresta.
“Da quando sono stato in pianta stabile in prima squadra, non ero mai stato in un attacco così completo – ammette l'attaccante – anche all'Unicusano facevamo tanti gol, ma qui c'è una concorrenza superiore. Ci vuole pazienza, intelligenza, ma i risultati danno ragione all'allenatore”. Quel Giovanni Cornacchini che in campo sapeva come si fa gol.
BASTA VALIGIA, IL FUTURO È BARI
Napoli, Siena, Poggibonsi, Val di Sangro, Vibonese, Pro Sesto, Fano, L'Aquila, Crociati Noceto, RapalloBogliasco, Marcianise, Torrecuso, Fondi, Lupa Roma, Latina e ora Bari. Sedici club in diciassette anni di calcio. Iadaresta ha vissuto con la valigia in mano e un pallone tra i piedi: “Non è semplice, fino a che capisci meccanismi e ambiente a volte è già tempo di andare via”.
Giramondo in campo e fuori: Cina e Thailandia tra le mete che ha trovato più interessanti, "per storia e cultura religiosa". Il suo legame con il Bari terminerà a giugno, ma la speranza è di “essere parte di una storica promozione, perché qui ci sono tutti i presupposti per risalire insieme: dalla società alla tifoseria, è tutto fuori categoria rispetto alla D”.
Mettere la sua firma su un'annata a suo modo storica: il desiderio di Iadaresta è questo, con un occhio strizzato al futuro: “Vorrei guadagnarmi una riconferma o almeno rimanere nel cuore dei tifosi – ci saluta sorridendo – nel calcio si parla sempre di stelle e di stalle. Io le ho toccate entrambe, e ho scoperto di poter risalire. Resta la mia soddisfazione più grande”. Ovviamente, aspettando il salto di categoria con il Bari.