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Atalanta, Reja: “Spalletti un modello, felice per Ranieri. Doni? In un certo senso meglio di Pirlo”

Il prossimo ottobre compirà 71 anni, ma Edoardo Reja non ha nessuna voglia di smettere. Più di 900 panchine in carriera, con un solo grande rammarico, come ha raccontato nelle pagine del Corriere dello Sport. Difficilmente sentirà la musichetta della Champions, ma va bene così: “Quest’anno compirò 71 anni. Mi volevano festeggiare per i 70, ho risposto così: festeggiamo quando arrivo ai 100… Mille panchine in carriera? Sarebbe bello. Finché riuscirò, andrò avanti. Il calcio è la mia vita. Ho avuto tante soddisfazioni. Semmai la cosa che mi manca, e che ho sfiorato più volte con la Lazio, è stata la Champions League. Etichette? Sono cavolate. Guardate Ranieri in Inghilterra: sta per vincere il campionato con il Leicester, dopo aver sopportato tanto. Sono particolarmente felice per lui, che è della mia generazione: è stato bravissimo. Ma poi la differenza in campo la fanno i calciatori, non dimentichiamolo. E lo dico da allenatore. Giocare per lo scudetto? Forse non ho avuto abbastanza fortuna. Ma soprattutto sono arrivato tardi in serie A”.

Atalanta-Roma, profumo di derby per l’allenatore friulano: “Sicuramente. Non posso dimenticare i colori, i tifosi, l’atmosfera di quella partita. Speriamo di fare punti, perché la mia Atalanta ne ha bisogno. All’andata era un’altra Roma. Non sembrava nemmeno una squadra, era più un gruppo di singoli. Non so cosa sia successo con Garcia, di sicuro contro Spalletti sarà molto più difficile ottenere un bel risultato. Spalletti ha trasmesso velocità, organizzazione, sacrificio. Lo ammiro da molto tempo, è stato tra i miei modelli, come tutti gli innovatori. E’ stato il primo a valorizzare la tattica del falso nove, che in parte applica anche adesso. Altri modelli? Sacchi, sicuramente. Ma il primo a proporre il pressing e la zona a tutto campo era stato Orrico. Sacchi ha perfezionato le sue idee aggiungendo un elemento nuovo al calcio: la professionalità”.De Laurentiis e Lotito: “Personaggi diversi, grandi manager. Ho avuto un rapporto diretto con entrambi. Con De Laurentiis una volta arrivai quasi alle mani ma anche con Lotito ci sono stati confronti accesi. Simone Inzaghi? E’ un ragazzo umile, capace. In più conosce l’ambiente. Non sarei sorpreso se rimanesse anche nella prossima stagione”.

Totti e Klose, simboli delle due romane, sono vicini al ritiro: “Totti? Difficile esprimersi. Capisco però cosa stia passando, perché ricordo quando ho smesso io di giocare. Vorresti fare delle cose ma devi misurarti con il tuo fisico.  Miroslav Klose è un professionista incredibile. Sa cosa faceva prima delle partite? Studiava al video i difensori che dovevano marcarlo, per capirne i punti deboli. Lavorava con la stessa intensità in partita e in allenamento. Se solo Cristiano Doni avesse avuto la sua ‘coccia’… Un grande calciatore che ha avuto meno di quanto avrebbe potuto ottenere. Il più forte che io abbia allenato. In un certo senso meglio di Pirlo, che però io ho conosciuto quando era molto giovane. Doni aveva il motore di una Ferrari”. Reja era amico di un certo Ayrton Senna… “Ci presentò Gino Pilota, alla Benetton. Ayrton veniva a trovarmi a Pescara, ci allenavamo insieme correndo i diecimila: io però mi arrendevo a metà strada… Ero con lui a cena a Imola la sera prima di quel Gran Premio. Era preoccupato perché la sua macchina non andava. Il giorno dopo un dolore enorme. Allenavo il Bologna, giocavamo con la Triestina: sul pullman seppi dell’incidente. Da quel momento la testa andava da un’altra parte. Ogni due minuti chiedevo di Ayrton. Quando mi dissero che non ce l’aveva fatta, provai solo disperazione. Il Bologna aveva vinto 2-0 ma era impossibile sorridere”.