Atalanta, Petagna tra presente, passato e futuro: “Ai tempi del Milan pensai di smettere. Mi diverto e l’Europa è diventata un obiettivo in corsa”
Obiettivi chiari, tatutati. “mi sono tatuato un aeroplano per volare in alto, tratto da una canzone dei Club Dogo. Mi piaceva questa frase”. Ora punta davvero in alto Andrea Petagna, ma nel 2015 non la pensava così. Anzi, addirittura la sua mente gli vociferava di smettere quando le cose al Milan non andavano un granché bene: “Premetto che Galliani è stato per me fondamentale e mi seguiva da vicino – ha dichiarato Petagna nell’interivista rilasciata a Tuttosport -. Nel 2013 debuttai in campionato a Verona e Allegri mi fece i complimenti davanti a tutti, pensovo di essere importante anche ovviamente sapevo che non avrei giocato sempre. Quando presero Matri ci rimasi malissimo e mi misi a piangere. Non volevo restare nella Primavera, sono andato alla Samp. Il Milan era il mio sogno e soffrivo perché non giocavo. Per questo ho voluto andare via in prestito. Nel 2015 Milan non mi porta in ritiro, arrivavo da due anni in cui avevo fatto male: ho pensato di mollare. L’Ascoli è stata l’unica squadra a volermi con forza, mi cercarono il direttore Lovato e il tecnico Petrone, ma non sapevano se avrebbero in Lega Pro, dove il Milan non voleva mandarmi, o in B. Li ripescano, Galliani dà una mano per lo stipendio, gioco. Arriva una bella salvezza”. Prima però cinque squadre cambiate in poco più di due stagioni: “E’ stata una palestra, pur cambiando 12 allenatori tra Samp, Latina, Vicenza e Ascoli. Il problema è il prestito, per loro non conta molto farti giocare”. L’Atalanta invece ci ha visto lungo, dandogli subito fiducia e acquistandolo a titolo definitivo a gennaio 2016: “Mi sono sentito importante anche se ero ad Ascoli. La famiglia Percassi mi fece diventare parte del progetto Atalanta, mi ha dato forza. Ho ritrovato questa società dopo i provini a Zingonia a 10-11 anni. Giocavo nell’Itala San Marco, a Gradisca, dove arrivavo dopo un’ora di treno o pullman. Erano affiliati dell’Atalanta”. Oltre all’Atalanta, nessun dubbio nell’individuare le figure fondamentali per la sua crescita: “Il mio agente, fondamentale come mio padre Euro, un ex calciatore. Mio nonno Francesco poi ha giocato 10 anni in A con la Triestina e ha allenato a lungo. Giuseppe Riso è stato il mio fratello maggiore a Milano”. Sugli allenatori che più l’hanno aiutato invece: “Allegri è stato decisivo facendomi debuttare al Milan dove mi sono allenato con grandi campioni come Ibrahimovic. Mihajlovic l’ho avuto un paio di mesi alla Samp: non giocavo ma mi sono trovato bene perché è determinato e forte. Gasperini per noi giovani è come un papà e ci insegna tantissimo sotto il profilo mentale e tecnico. Ti fa tirare fuori quello che hai ed è bravo a darti fiducia ma devi sempre stare sul pezzo. Se ne accorge subito se molli e si arrabbia. Dice le cose una volta sola”. Sul rendimento personale e una passione particolare fuori dal campo: “Finché lotto per la squadra e vinciamo sono contento anche se ho realizzato 5 gol e sei assist, entrando spesso in azioni da rete. Ed è il mio primo anno di A. Devo migliorare, attaccare di più il primo palo. E, forse, giocare un po’ più per me stesso. Mi piace il pugilato e lo pratico in estate con Franco Terlizzi. Ma per far fronte alla mia timidezza sono stati importanti Gasperini e Roberto Civitarese, il mio mental coach. Prima avevo paura di sbagliare, ora sono più sicuro. Mente libera e mi diverto”. Divertimento con un compagno particolare soprattutto: il Papu Gomez. “Siamo diventati amici in campo e diventarlo fuori è stata una conseguenza. Riguardiamo i video insieme per capire come muoverci meglio, mi aiuta tanto. Su Instagram ci divertiamo ed è bello stare in contatto con i tifosi: quando ero bambino ero felice se uno importante mi considerava. Con la gente c’è un bel rapporto, il loro affetto ci aiuta. La società è importante, Gasperini un grande, Zingonia una struttura da big, ci sono giocatori bravi come Caldara, Spinazzola, Kessie. Se Gagliardini va via è pronto Freuler. È così che arrivano i risultati. E c’è anche Cristante: è stato come tornare ragazzini come quando, a 10 anni facevano i provini e poi giocavamo nel Milan. E’ un’amicizia lunga e importante. Quando il direttore Spagnolo mi chiese di lui, gliene parlai bene. Ci messaggiavamo, ho seguito minuto per minuto la trattativa”. Ora arriva l’Inter: “Sarà uno scontro decisivo se vinceremo, non se dovessimo perdere o pareggiare. Se abbiamo un punto in più dopo 27 partite, qualcosa significa. Siamo sereni, senza pressioni: l’Europa è diventata un obiettivo in corsa che possiamo raggiungere. Siamo forti, abbiamo battuto squadre forti: penso alla vittoria di Napoli. Ma sono stati decisivi i successi con l’Empoli, all’ultimo minuto con un gol di D’Alessandro, o con il Crotone, che si chiudono. Gagliardini se lo merita, tutti meritiamo di andare da qualche parte. Ma ci manca solo come amico”. Obiettivo Nazionale, sfida aperta alla coppia Belotti – Immobile: “Belotti, al di là dei gol, mi piace perché non molla mai e ha una fame incredibile. Immobile mi ha impressionato tantissimo, attacca la profondità, è molto cattivo. Con Ventura sono stati due stage belli in cui ci ha fatto incamerare i suoi concetti. Se dovessimo essere convocati, saremo già pronti. Prima c’è l’Under 21, un obiettivo che mi ero posto ad Ascoli e che ho raggiunto a ottobre. Siamo forti e possiamo fare un grandissimo Europeo a giugno in Polonia”. Infine, un commento su Barcellona-Psg: “È stata una partita strepitosa, da brividi, che solo il calcio è in grado di regalare. Mi ha colpito Luis Enrique all’andata quando disse che avrebbero potuto fare 6 gol: erano mentalmente già pronti. Pure noi abbiamo la consapevolezza di essere forti. Quando subiamo un gol possiamo farne subito un altro, senza abbatterci, come con la Roma in casa. L’Europa sarebbe un traguardo pazzesco per noi e magnifico per la città”.