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La parabola dell’Anzhi, da Eto’o al rischio fallimento: “Stiamo sparendo”

Stipendi non pagati, una retrocessione in seconda divisione e la paura di fallire. Il dramma di un club che anni fa spendeva 60 milioni per Eto’o e Willian

Magomed Adiyev non è uno che molla, parola ai suoi trascorsi. Ceceno di Groznyj, da ragazzo ha vissuto la guerra: “Ho perso amici, familiari, la mia casa. È stato orribile”. Non ha mai abbassato la testa, ma quando gli chiedono dell’Anzhi risponde secco, e si arrende: “Non c’è più speranza”.

L’Anzhi, i milioni, Eto’o e Roberto Carlos. Oggi non è rimasto nulla. Adiyev allena una squadra destinata al fallimento finanziario, retrocessa dalla prima divisione russa con 4 giornate d’anticipo e senza neanche la licenza per iscriversi in seconda serie. Può sparire dal professionismo: “Non ci aspettiamo nulla”. Il club ha tempo fino al 30 maggio per pagare i debiti – circa 3,5 milioni di euro – e trovare uno sponsor, poi proverà iscriversi almeno in terza serie, mantenendo lo status da 'pro'. 

I giocatori non ricevono lo stipendio da diversi mesi. In un’intervista a sport24.ru, il portiere Yuri Dyupin ha spiegato la situazione in modo chiaro: “Non so come pagare il mutuo e mantenere la mia famiglia, tornando indietro non accetterei mai”. Niente aerei durante le trasferte poi, si va in treno. L’Anzhi aveva chiesto alla Federazione Russa di poter evitare le gare fuori casa per sostenere i costi di gestione. Richiesta respinta. 

DA ETO'O ALLA RETROCESSIONE


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Sulejman Kerimov ha venduto il club ad Osman Kadiev nel 2017, volatilizzandosi prima del crack. Un segnale che ai tifosi non è andato giù, perché dici Anzhi e pensi al Daghestan, una regione complessa con una forte identità. Un posto in cui le bandiere locali vengono prima di quelle russe, come nel Tatarstan e in Cecenia. 

L'Anzhi è l'estensione dei suoi tifosi, si era mobilitato anche Khabib Nurmagomedov, campione di arti marziali per la categoria pesi leggeri. Daghestano doc: "L'Anzhi non è un club, ma un sogno per tantissimi ragazzi". Come per lui, che a 12 anni girava intorno allo stadio alla ricerca di un biglietto: "Nel 2001 non avevo soldi e volevo entrare! Ci sono riuscito grazie a un amico ma non c'erano posti a sedere, sono stato per 90' in piedi". 

Anche Roberto Carlos si è offerto di aiutare la squadra dal dissesto finanziario. Curiosità: nel polverone Anzhi è coinvolto anche Andreas Ponce, ex Livorno e Samp, 5 gol in 26 partite: “Ho vissuto una situazione simile in Portogallo, all’Olhanense, non è facile. Soprattutto per uno come me che deve aiutare la sua famiglia dall’altra parte del mondo”


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C’era una volta un club che acquistava Eto’o per 25 milioni, aveva un patron pieno di soldi (tra i 150 uomini più ricchi del mondo) e un sogno: regalare una squadra di livello a una regione problematica. C'era una volta e ora non c'è più, come nel 2013, quando Kerimov saluta tutti, anche a causa dello stress. 

Il tutto unito a uno spogliatoio pieno di crepe. Igor Denisov, al tempo capitano della Russia, accusa i tanti stranieri della squadra di essere lì soltanto per i soldi. Nascono un litigio, insulti razzisti e tanto rumore. E' la goccia che fa traboccare il vaso.

Nel 2014 – dopo nessun trofeo – Kerimov chiude i rubinetti: "Venderemmo le stelle". Vanno via Lassana Diarra, Diego Tardelli, Jucilei, Willian, Boussoufa, Zhirkov, Roberto Carlos, Eto'o e anche Kokorin, la cui permanenza all'Anzhi dura appena un mese (oggi è in carcere per aggressione). Più di 100 milioni spesi in 3 stagioni. 

Nel 2014 la prima retrocessione, l'anno scorso la seconda (è stato ripescato), oggi l'ultima. La minaccia di Kerimov non servì a nulla: "Se dovessimo andare in B, costruirò un acquapark al posto dello stadio". Cosa mai fatta. Oggi l'impianto è ancora lì, mentre la squadra rischia di sparire. Senza stelle, senza soldi e senza futuro, ma soprattutto senza sogni.