La sfida più grande di Antonio
Un uomo, un allenatore, che di sfide ne ha vissute (e vinte) tante. Oggi è pronto ad iniziare quella più grande della sua vita: conquistare un mondo che gli è sempre stato contro.
“Oggi io sono il primo tifoso della Juventus, ma mettiamo in chiaro una cosa: se un giorno dovessi allenare il Milan o l’Inter diventerei il loro primo tifoso”. Queste parole oggi sembrano normali. Ma in quella conferenza stampa del 2013 non lo erano affatto. A parlare era Antonio Conte, da allenatore della Juventus. Allenatore è dire poco. Bandiera, capitano, icona. Quello che aveva riportato la Juventus alla vittoria dopo oltre sei anni.
Conte torna in Italia dopo la parentesi inglese del Chelsea. E lo fa in grande stile, andandosi a sedere sulla panchina della squadra rivale per eccellenza della “sua” Juventus. L’Inter ha deciso di affidare a Conte un progetto tecnico che vuole adesso cercare di colmare il gap proprio con la Juventus. La partita di Conte però non si gioca soltanto in campo, ma anche fuori. Il mondo interista è spaccato, diviso. Da una parte c’è chi gli riconosce una leadership e un valore che va al di là di qualsiasi rivalità (e in questo senso la Nazionale ha aiutato tanto ad addolcire gli animi), dall’altro lato invece c’è una parte del tifo che non può pensare di poter vedere un ex juventino del suo calibro e della sua storia a San Siro.
Beh, gli scettici si dovranno abituare. Perché Conte è arrivato più motivato che mai. L’addio alla Juventus è stato tutt’altro che semplice da gestire con una separazione arrivata al secondo giorno di ritiro a Vinovo nel 2014. Ma l’ex allenatore del Chelsea non è nuovo a questo genere di situazioni tutt’altro che comode da gestire. Come quando una sua esultanza con la maglia della Juventus contro la sua ex squadra, il Lecce, gli ha di fatto voltare le spalle una città intera. Eh già, perché Conte e Lecce ad oggi hanno un rapporto complicato. Più volte Antonio ha spiegato che l’esultanza di quella partita era semplicemente stata “sopra le righe” perché si trattava del primo gol dopo un periodo buio iniziato con l’infortunio della finale di Roma di Champions contro l’Ajax nel 1996 l'anno prima.
Antonio e Lecce s’erano tanto amati. Poi no, complice anche il suo biennio sulla panchina del Bari, la rivale per eccellenza del Lecce. Facile fare paragoni con quello che sta vivendo in queste ore Conte. Diviso tra un passato impossibile da cancellare ed un futuro bello e stimolante ancora tutto da scrivere. L’Inter lo aspetta, nonostante tutto, nonostante il passato, nonostante quella frase negli spogliatoi di Udine il 5 maggio 2002. Conte e l’Inter si sono cercati, voluti e chissà magari insieme possono scrivere della pagine importanti nel prossimo futuro. I tifosi sperano, sanno che in fondo (mettendo il passato alle spalle) è uno dei migliori allenatori al mondo e che se c’è una possibilità di battere la Juventus lui è quello giusto per poterci provare.
Conte si è sentito amato e coccolato sulla panchina della Nazionale. Ha unito un popolo, fatto innamorare una squadra a cui nessuno dava delle speranze e che invece alla fine si è piegata solo ai calci di rigore contro la Germania. Questo in fondo è quello che chiedono i tifosi. Tornare ad innamorarsi, e continuare un percorso iniziato due anni da Luciano Spalletti. Conte ha un’opportunità sotto certi versi irripetibile, e forse è per questo che ha deciso di sposare la causa nerazzurra insieme a Beppe Marotta, che nel 2011 lo aveva chiamato sulla panchina della Juventus. Riportare l’Inter in alto, cioè a vincere, ad oggi sembra una mission impossible. Ma uno come Conte la parola impossibile, o impossible come diceva a Londra ai tempi del Chelsea, non la vuole neanche sentire menzionare.
Perché questo è Conte, e questa è la sfida per cui è stato chiamato. Far diventare l’impossibile una cosa fattibile.