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“Ginocchia sbucciate, fatica e sacrifici”, nel mondo di Andrea Compagno

Il fratello Daniele racconta l’emozione della preconvocazione: “Incredibile. Giocavamo insieme in cantina, non si è mai lamentato, anche quando…”

Lagnusia. L’avete mai sentito dire? Nel dialetto palermitano si usa tanto, non serve spiegarla in italiano. E parlando con Gianlucadimarzio.com, Daniele Compagno l’ha usata senza nemmeno accorgersene. Gli è emersa limpida, genuina, come quando si parla di qualcosa che appassiona. È il clima che si respira quando parla del fratello Andrea, che in famiglia sta vivendo il sogno della preconvocazione di Mancini per Malta e Inghilterra.

 

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Ha fatto di tutto per nascondercelo”, racconta Daniele. Tra lui e il fratello Andrea, attaccante dello Steaua Bucarest, ci sono meno di 20 mesi di differenza: Daniele è del ‘94, Andrea del ‘96. C’è poi anche Carola, sorella: tre figli di Barbara e Rosario, anche lui ex calciatore (qui l’intervista). “Lunedì scorso era proprio il compleanno di Carola, e Andrea voleva farci questa sorpresa. Ma poi la notizia era cominciata a circolare in Romania e non ha potuto tenercela nascosta: ci ha chiamato, era emozionatissimo”. Un sogno che si avvera, un obiettivo che si era posto da quando era piccolo.

Compagno e la casa di Palermo

A Palermo vivevamo in una casa grande: nel seminterrato c’era un pavimento in cemento, una sorta di magazzino con mobili e divani vecchi. Papà lo aveva fatto rivestire di erba sintetica: io e Andrea ci giocavamo sempre. Lui allora faceva il portiere, visto che era già altissimo”. Adesso, che fa l’attaccante, ha proprio un punto di forza: 194 centimetri di altezza. “Io pure sono alto, ma non a quei livelli. Quando eravamo piccoli facevamo azioni uno contro uno, tiri da una porta all’altra. Ci trovavamo sempre sudati, con le ginocchia sbucciate e con nostra mamma che ci chiamava per andare a cena quando si faceva tardi. Non smettevamo mai”. Cominciavano dopo i compiti, e le ore volavano.

 

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Daniele, Rosario e Andrea Compagno

 

Volavano anche dopo, quando più grandi giocavamo nel giardino con i nostri amici. Il calcio è sempre stata la nostra passione”. Tradizione familiare, senza dubbio. Anche Daniele ha giocato a lungo, “ma Andrea aveva una marcia in più: il suo obiettivo era molto chiaro. Eravamo insieme nelle giovanili del Gonzaga, una scuola calcio di Palermo. Lui era sotto età, ma era in squadra con me perché era troppo alto. Abbiamo anche vinto insieme un torneo a Villa Simius”. Con una curiosità. “Per la finale, non poteva esserci il nostro allenatore. E la società aveva chiesto a mio padre se poteva guidarci. Era stato emozionante festeggiare insieme”.

Daniele faceva la mezzala, Andrea a poco a poco si era convinto a diventare attaccante: “E segnava tantissimo già allora”. Adesso è il miglior marcatore italiano che abbia mai giocato in Romania, con una media gol che ricorda quella di Haaland. “Se gli ho mai dato dei consigli? Quello lo faceva papà. Io cercavo di non immischiarmi troppo. Ma fa impressione vederlo da lontano, vedendo tutto il suo percorso”.

 

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“Niente lagnusie”

Niente lagnusie” dice con orgoglio Daniele, “ma tantissimo sacrificio. Quando andavamo a San Vito Lo Capo in vacanza, vicino a Trapani, lui si allenava tutti i pomeriggi. Io forse per lagnusia al mare ci stavo di più. E poi la dieta: quanto la segue! Arancine? Solo qualcuna in estate e poi va subito a correre. Per il resto è attentissimo, non ha mai voluto sgarrare e non si è mai buttato giù”. Nemmeno quando giocava poco e segnava meno.

Primo esempio: “Quando ha cominciato in D nel messinese, una volta gli hanno dato 50 euro in pezzi da 5 per fare benzina per tornare a casa. Ci si sarebbe potuti demoralizzare, lui invece ha preso ed è tornato senza aprire bocca”. Secondo esempio: “Quando è andato in Sardegna, è finito in una casa senza posate e pentole. Non ha detto nulla a nessuno, ed è andato a comprarsi tutto. Non è mai negativo, è il suo aspetto speciale: vede sempre il lato positivo. Diceva che queste cose lo avrebbero fatto crescere”.

 

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Andrea, Rosario e Daniele Compagno

 

Lo scatto in Romania di Andrea Compagno

E in effetti ci è riuscito. Rammarico per non avercela fatta forse subito in Italia? “No. Ho letto che si accusano gli osservatori di non averlo visto bene. Ma a lui mancava ancora qualcosa, e l’ha ottenuto in questi ultimi due, tre anni. Quindi c’è dedizione, sì, ma anche una bella fetta di destino: se non fosse andato in Romania, magari non ce l’avrebbe fatta. E non sono d’accordo quando si dice che quel campionato sia di livello più basso. Posso sembrare di parte, ma cerco di essere oggettivo: il gol un giocatore ce l’ha o non ce l’ha. Non è sempre e solo una questione di livello: Andrea ha segnato tanto quasi ovunque”.

Quando erano piccoli, dei fratelli Compagno si parlava un gran bene. Andrea ha continuato, Daniele si è fermato: “Non volevo restare in Serie D a inseguire stipendi, ho preferito cambiare”. E adesso è maestro di padel: “Ne sono orgoglioso. Mi diverto tantissimo”, racconta. Ma a quante lezioni dovrà rinunciare, per vedere il fratello con la maglia azzurra? “Ho pensato di comprare i biglietti per Italia-Inghilterra a Napoli, ma per scaramanzia non lo farò. Preferisco andare a Bucarest, che ancora non ho mai visto: Andrea me ne parla benissimo”, spiega.

 

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La dedica al nonno

E sorride, mentre parla. Anzi, è quasi impossibile fargli domande: è come un fiume in piena. Si ferma solo un momento, per chiudere la chiacchierata. “Questo traguardo è anche per il nostro nonno paterno che non c’è più. Ci diceva sempre che prima di morire avrebbe voluto vedere una nostra partita negli stadi più belli. Non ci è riuscito, ma in qualche modo sappiamo che comunque lui con noi c’è sempre. Ne sarebbe orgoglioso”.