Questo sito contribuisce all'audience di

Chievo, alla scoperta di Mauro Burruchaga: il ragazzo con il calcio nel sangue

Centrocampista, come il nonno Pipo Rossi. Il padre Jorge eroe nell’Argentina campione del mondo nell’86: “Prima mi dava fastidio essere definito il figlio di. Adesso ci sono abituato”. Alla scoperta di Mauro Burruchaga, nuovo acquisto del Chievo

Una ventata di aria fresca che colpisce la Serie A, un altro figlio d’arte che arriva nel nostro campionato. A Verona, sponda Chievo, è arrivato infatti Mauro Burruchaga, centrocampista argentino classe 1998 cresciuto nel River Plate. Lo scorso marzo, in occasione dell’amichevole contro l’Universidad de Chile, ha debuttato con i grandi. Lui che ha fatto tutta la trafila delle giovanili nel River, fino alle riserve. Poi Gallardo lo ha osservato da vicino e ha deciso di buttarlo nella mischia.

Un po’ come il padre, insomma. Uno che in Argentina e non solo conoscono molto bene. Uno che è entrato nella storia di questo paese all’83’ del 29 giugno del 1986. Città del Messico, Estadio Azteca. Davanti ad un muro di 115 000 persone si gioca la finale della Coppa del Mondo, che Maradona e compagni portano a casa proprio grazie al gol decisivo segnato da Jorge. 3-2 alla Germania e festa nazionale. Ora è fra i candidati a prendere il posto di Sampaoli. Sì, perché di mestiere adesso fa l’allenatore e la quota che lo vorrebbe come prossimo ct dell’Albiceleste è crollata a 3,00 presso i bookmakers. Chissà che il destino, a più di 25 anni di distanza, non gli restituisca la migliore ricompensa possibile.

Un’eredità pesante, dunque: “Prima mi dava fastidio essere definito il figlio di Jorge – ha ammesso più volte – ora però mi ci sono abituato“. Chissà, dall’altra parte del mondo probabilmente sarà solo Mauro. A Verona, nella città di Romeo e Giulietta, proverà a portare un po’ di freschezza in Un Chievo dall’età media superiore ai 27 anni. Ma anche un po’ del suo pathos argentino. Cercherà di farlo con l’intelligenza che lo contraddistingue in mezzo al campo, dove può ricoprire di fatto tutti i ruoli. Già, perché Mauro non ha voluto imitare il padre, attaccante. Ma il nonno, Pipo Rossi, storico centrocampista del River e della Nazionale negli anni 50′. Può giocare ovunque, insomma, dalla fascia destra a quella sinistra, passando per il centro. Tanta tecnica e precisione nei passaggi, una maturità che colpisce se considerata in rapporto all’età.

Mauro ha raggiunto l’Italia. Proprio come ha fatto qualche anno fa l’amico Giovanni Simeone, che proprio a Verona – la prossima città di Mauro – ha segnato il primo gol con la maglia della Fiorentina. Tre gli anni di differenza fra i due, i cognomi a pesare come dei macigni. Tante le battaglie nel River, uno il sogno in comune: essere conosciuti per il loro nome e non per le loro origini. Ci proveranno, o almeno continueranno a farlo, a chilometri di distanza. Magari un giorno anche insieme, nell’Argentina che i genitori hanno fatto esultare più di una volta.