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Albania, De Biasi: “Ero juventino sfegatato. Nel 2003 potevo allenare la Lazio: ho scelto Baggio”

Italia-Albania, Ventura Vs De Biasi: sliding doors del calcio. Poteva essere proprio l’allenatore veneto il ct degli azzurri, prima che la Federazione puntasse sull’ex Toro. Ma De Biasi non lascia spazio all’invidia: “La detesto, come gli invidiosi” – si legge nelle pagine de La Gazzetta dello sport “Mi dà fastidio chi non scala una piramide cercando alibi, non chi ci riesce. Per questo, anche se la Nazionale sarebbe stato il coronamento di una carriera fatta quasi tutta in provincia con la picozza, non invidio Ventura. Semmai i suoi giocatori. Difesa solida, Belotti, Immobile e Insigne in stato di grazia, le molte alternative che ha: Conte aveva meno carte da giocarsi, rispetto a lui. Sì, oggi potevo essere al suo posto. O perlomeno questo avevo sperato, e molto, dopo aver incontrato un dirigente Figc: pensavo di essere il primo, poi improvvisamente è cambiato qualcosa e Ventura mi ha sorpassato. Cosa è cambiato l’ho saputo a novembre a Como: a cena Tavecchio mi ha raccontato che una persona, una sola, mi ha ostacolato ponendo il suo veto. Dirò chi è appena possibile, anzitutto all’interessato“.

Intanto prosegue l’avventura alla guida dell’Albania: “Cinque anni fa non avrei mai detto che sarei rimasto su questa panchina per tanto tempo: a loro avevo risposto addirittura “No, grazie”. Poi in un hotel di Milano furono così convincenti che a fine colloquio mi telefonò il Lecce e dissi no: avevo già stretto la mano. Ho bisogno di sfide sempre fresche: quella che mi propose l’Albania nel 2011 era freschissima, lo è pure sognare ancora il Mondiale, nonostante la ragione dica altre cose. Però dopo tre bienni non so se ci si potrà inventare altro, a meno che non mi chiedano di riprogettare una qualificazione europea. Ma un dubbio resterebbe: avrei il materiale umano per rendere realtà un altro sogno così?”.

Messaggio speciale a Ranieri: “A Claudio l’ho scritto in inglese, “Resti the king”: lo pensano anche tutti quelli che hanno sognato identificandosi nel suo miracolo. Ma poi il Leicester l’ha chiarito, si era rotto qualcosa: nella squadra vera, o nella “squadra ombra”. Se l’Albania esonerasse me, più o meno clamoroso? Siamo lì… Ma non credo ci arriveremo: più facile un accordo sereno con la federazione”. Per un breve periodo De Biasi cambiò anche mestiere: “Smisi di giocare e mi fissai: volevo una vita “normale”, i weekend liberi con mia moglie. E mi misi a lavorare per la Sanpaolo invest: proponevo piani pensionistici e polizze vita. Non promettevo miracoli, ma vendere servizi finanziari è come vendere le tue abilità, lo fai con persone che all’inizio sono perfetti sconosciuti. Non è lo stesso nel calcio?”.

Passione Juventus? Con il tempo è cambiato tutto: “Ero juventino sfegatato, iniziai a vederla con altri occhi affrontandola con il Brescia. Furino, Causio, Tardelli, Bettega: giocavano con un po’ di puzza sotto il naso, in campo lo avverti se uno si sente padreterno. Mi diede fastidio, poi allenando il Toro cambiai definitivamente visione. Però la Juve è la Juve: un club che sa guardare nel futuro con la forza di porsi un nuovo obiettivo appena centrato il precedente. Higuain e Dybala sono giocatori unici e se passa con il Barça, e può farlo, se la gioca con Bayern e Real. Poi cosa farei se fossi in Allegri? Dopo tre anni forse me ne andrei: anche se andare via dalla Juve è dura…”. Futuro: “Dalla serie A mi sento snobbato. Tornerei per una big ­ quasi impossibile ­ o per un progetto serio. Però in Italia le rose sono inchiodate da contratti pluriennali, essere un allenatore libero è difficile, mi è successo solo con Spal, Modena, il primo Torino con Cairo. Forse meglio un’altra esperienza in Spagna, o in Premier. O in Germania, anche se per un italiano dev’essere dura”.

De Biasi poteva allenare la Lazio, ma preferì allenare Baggio: “E’ un rimpianto sì! Mi hanno dato anche una laurea honoris causa, e però mai una grande da allenare: poteva esserlo la Nazionale, ma i treni passano solo una volta. Tra il 1998 e il 2003 non ho fatto altro che vincere, eppure… Eppure, lo so: se mi danno un’auto per vincere, io la faccio vincere. Forse a posteriori avrei dovuto preferire la Lazio al Brescia. Ma il Brescia era Baggio: allenare lui era come mettermi alla prova. I suoi acciacchi: “Guarda che la gente non sa che hai male ovunque, per loro sei Baggio e non puoi sbagliare: te la senti?”. Ma non ce la faceva a non giocare: il calcio era la sua libidine. E poi l’ultima partita: uscì prima ­ per gli applausi ­ e lo guardai negli occhi, San Siro tutto in piedi per lui e lui sereno come era sempre stato, anche di fronte agli ostacoli. La sua forza”.

L’ex allenatore del Torino è stato anche in cura dallo psicologo: “Non molto tempo fa ho incontrato gli Allievi del Bassano, li allenavo nel ‘90: mi hanno ricordato cose rimosse, tipo che tiravo i tavoli nello spogliatoio, raptus di uno che si sentiva un po’ Sacchi e un po’ Van Gaal. Era il delirio di onnipotenza di chi a inizio carriera non ha ancora preso bastonate: ad esempio il primo esonero a Cosenza, allora pensavo ancora che bastassimo io e il mio secondo. Poi nel ‘98, ero alla Spal, ascoltai mia moglie: scelsi uno psicologo che mi aiutò a gestire meglio ansia e stress, a vivere con più distacco il mestiere. Ci sono andato per quattro anni”.

In chiusura d’intervista De Biasi parla dell’esperienza nell’Inter: “Sandro teneva la luce accesa fino a mezzanotte, scriveva una specie di autobiografia. “Ti dà noia?”, e io “No, tranquillo”. Mi dava fastidio da matti, ma lui era Mazzola, come Oriali e Marini erano Oriali e Marini: all’Inter durai una stagione, ‘75-‘­76, non ero competitivo con gente di tale personalità. Anche se appena arrivai mi proposero 250.000 lire al mese “come gli altri” e risposi: “Non sono gli altri, ne voglio 330.000”. L’Inter di oggi? Pioli ha risolto il rebus con il “noi” davanti all’”io” e mi pare strano si parli di Conte: a dicembre ero da lui a Cobham e ha ancora molto da fare lì. Anche se è vero che gli manca un rapporto più diretto con Abramovich“.