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Perché non esistono più le bandiere?

Le scelte nel calcio possono essere difficili da accettare, sia per i tifosi sia per gli atleti

Domenica abbiamo finalmente visto la prima partita di Vlahovic con la Juve. E come i migliori esordi ha pure segnato. Sicuramente tutti i tifosi bianconeri avranno esultato soddisfatti del nuovo acquisto invernale. Tra le altre cose insieme a lui a segno anche l’altro nuovo innesto a centrocampo, Zakaria.  

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Gli insulti e le minacce dei tifosi della viola che avevano costretto addirittura a mettere sotto scorta l’attaccante sembrano ormai un ricordo. Eppure mi hanno fatto riflettere su come ormai nel calcio al giorno d’oggi non esistano più bandiere, quei calciatori che esordiscono con una maglia e la indossano fino al termine  terminano la loro carriera sempre con quella stessa. Come mai non ci sono più i Totti, De Rossi, Del Piero, Maldini di una volta? Forse il calcio è cambiato? 

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Si assiste sempre di più a continui cambi di casacca da parte di giocatori, che magari chiedono rinnovi faraonici pur avendo da poco stipulato contratti pluriennali. Quanto ha fatto discutere il caso di Insigne che da capitano e napoletano doc ha deciso di andare a finire la carriera in Canada a fronte di un ingaggio impareggiabile? Il tifoso soffre, si affeziona e difficilmente arriva a comprendere il perché di tali scelte, come se i soldi presi non fossero mai abbastanza. 

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Il tifoso si arrabbia perché si sente non corrisposto nell’amore che provava, tradito da quel giocatore che tanto idolatrava. E allora appaiono striscioni e frasi d’odio. I social diventano il luogo dove sfogare tutta la propria rabbia. Mi ha fatto molto incuriosire una delle dichiarazioni di Valentina Giacinti, il trasferimento più chiacchierato di questo mercato invernale, che da ex capitano e pilastro del Milan femminile è andata a giocare alla Fiorentina. La calciatrice infatti ha dichiarato che aveva molto paura proprio della reazione sui social dei tifosi. 

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Per quanto possa far male, bisogna sempre ricordarsi che stiamo parlando di professionisti che pensano semplicemente a fare il loro lavoro e che molte volte ci sono dinamiche interne alla società o motivazioni personali che non si conoscono e che comunque a mio avviso vanno rispettate. Come dimenticare il caso Quagliarella che baciava la maglia del Napoli giurando eterno amore, e quanti insulti ha preso poi andando alla Juve, venendo bollato come traditore. Solo dieci anni più tardi si è potuta sapere la verità, e cosa l’aveva spinto realmente a tale scelta.

Nella mia esperienza personale ho giocato dieci anni nella stessa squadra e mai avrei cambiato. Sono stata costretta a farlo, andando in una squadra di una categoria superiore, quando ormai nella vecchia società erano emerse difficoltà concrete. Non è stata sicuramente una scelta facile. Nel calcio femminile, non di Serie A, la maggior parte delle atlete è spinta da motivazioni diverse da quelle economiche. Ho visto un sacco di mie compagne rinunciare alla carriera spinte dell’amore per la propria squadra, privilegiando il gruppo e dando valore a tutti gli sforzi e i sacrifici che solo le società di calcio femminili conoscono. 

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Consolando tutti i tifosi che si sono sentiti almeno una volta traditi, ricordiamoci che per ogni delusione ci sarà sempre un nuovo amore, e alla fine forse è proprio questa una delle cose più belle delle vita, fatta di gioia e dolore. Ed è forse proprio per questo che il calcio è così bello.