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1993 La Serie – L’esordio di Totti e Ronaldo, il Pallone d’oro di Baggio e l’operazione di Van Basten: il calcio nell’anno delle rivoluzioni

1993, anno di esordi e tronfi. Anno di svolte, in Italia e nel mondo. L’anno del terrore, di Tangentopoli e di Mani Pulite. Mentre Bill Clinton diventava Presidente degli Stati Uniti, Francesco Totti faceva la sua prima apparizione con la maglia della Roma e Ronaldo con quella del Cruzeiro. Il Trattato di Maastricht dava vita all’Unione Europea e Roberto Baggio vinceva il Pallone D’Oro, con la carriera di Van Basten messa a rischio dall’operazione alla caviglia. 1993: una serie già diventato culto e che staserà andrà in onda con altre due puntate su Sky Atlantic. Ma cosa facevano e cosa fanno adesso i campioni protagonisti di quell’anno? Scopriamolo insieme.

TOTTI

Difficile parlare di Totti come un campione del passato, quasi impossibile. “Maledetto tempo”. Non lascia in pace nessuno, nemmeno le leggende. Scorre inesorabile e si porta via tutto. I ricordi no però, quelli rimarranno ben impressi nella memoria. Incancellabili. Nonni, padri e figli: tre generazioni unite per salutare il capitano della Roma che dopo 25 anni ha detto basta. Tutti in lacrime, in un Olimpico pieno come non si vedeva da tempo. Quell’Olimpico che lo ha visto crescere, esultare, gioire e qualche volta anche soffrire. Lo ha visto nascere. Era il 28 marzo del 1993: “Ero proprio un ragazzetto sbarbato”. Capelli chiari, quasi biondi, viso da bambino, ma già con la voglia di spaccare il mondo. Era un Brescia-Roma di 24 anni fa quando Francesco Totti fece il suo esordio con la maglia giallorossa, quella che poi avrebbe indossato per tutta la vita. “Mister, fa entrare il ragazzino”: è il minuto 42 del secondo tempo quando Boskov dà inizio alla leggenda. E ora? Tutti in piedi, a salutarlo, con le lacrime agli occhi. Perché ogni cosa ha una fine, anche se si chiama Totti. E Francesco ora che farà? Difficile dirlo, forse non lo sa nemmeno lui: “Ora non posso più guardare attraverso i buchi della rete”. Forse ad attenderlo c’è una porta di un campionato lontano, forse una che dà accesso agli uffici della Roma. Un cosa è certa: Francesco Totti già manca.

BAGGIO

Da un fenomeno italiano all’altro. “Più forte Baggio o Totti?”: domanda ricorrente, quasi ciclica. Difficile rispondere, come anche paragonare i due. La classe cristallina però li accomunava. Quella di Baggio ha raggiunto il suo apice nel 1993. Non l’anno della sua consacrazione, perché Baggio era Baggio già nella Fiorentina, e nei primi anni in bianconero. Quella stagione però fu un premio alla carriera, il coronamento di un talento infinito. Non aveva mai vinto niente prima di quell’anno: “Sono stufo di vincere solo i tornei da bar”, diceva. Così si è caricato sulle spalle la Juventus e l’ha portata alla vittoria della Coppa Uefa. Ha fatto quasi tutto lui: nella semifinale d’andata contro il Psg ha prima pareggiato il gol di Weah e poi firmato la rete del vantaggio su punizione, ripetendosi poi nella partita di ritorno, con un gol di rapina, e superandosi in finale, con una doppietta al Borussia Dortmund. Una serie di capolavori in sequenza, premiati con il riconoscimento più ambito: il Pallone d’Oro. Festeggiato in un Udinese-Juventus in cui Baggio segnò uno dei suoi gol più belli. Mai banale il “divin codino”, nemmeno nel ritiro dal calcio giocato. Niente copertine, niente flash, solo riservatezza. Si è dedicato alla caccia, uno delle sue grandi passioni, in Argentina. E’ ricomparso sulla scena pubblica nel 2010 diventando Presidente del Settore tecnico della Federazione. Una volta rinunciato alla carica nel 2013 è tornato a ritirarsi a vita privata lontano dai riflettori.

RONALDO

Se c’è una data in cui è possibile stabilire con esattezza l’avvento del calcio moderno, quello fatto di star e televisioni, quella sarebbe molto probabilmente il 25 maggio 1993. Giorno dell’esordio di Ronaldo con la maglia del Cruzeiro. Un fulmine a ciel sereno: appena sedicenne, già un fenomeno. Gambe esili, fisico asciutto, talento già ben visibile. Impossibile guardarlo e non rimanere stupiti. “Una scheggia impazzita”, così lo definirono i cronisti dell’epoca. L’ascesa di Ronaldo è stata veloce quasi quanto le sue gambe, quelle che gli permettevano di passare attraverso gli avversari, quasi fosse un illusionista. Nel 1994, appena diciassettenne, era già campione del mondo. Dal Brasile all’Olanda, passando per Barcellona dove il fenomeno brasiliano si è reso protagonista di una stagione esaltante che gli è valsa il premio di Fifa Player of The Year, votato da allenatori e capitani. Paese diverso, stessa sostanza: anche in all’Inter Ronaldo ha incantato. “Faceva cose che nessuno aveva fatto prima”, parola di Thierry Henry. Forse il miglior modo per descriverlo. Magie, trofei, premi personali: la carriera di Ronaldo è stata costellata di successi. E chissà cosa sarebbe stato senza quelle ginocchia fragili. Appesi gli scarpini al chiodo “Il Fenomeno” non ha mai abbandonato definitivamente il mondo del calcio, anche se si è dedicato con costanza ad un altro prato verde: quello del tavolo da poker.

VAN BASTEN

Probabilmente uno dei talenti più cristallini della storia del calcio, sicuramente tra i più sfortunati. Colpa della sua caviglia, quella che l’ha costretto al ritiro non ancora trentenne. Un lungo calvario, iniziato nel 1993, l’anno della prima operazione. Giusto il tempo di segnare 13 gol in 15 presenze nella stagione del tredicesimo scudetto della storia del Milan. Poi il lungo stop che ha decretato la discesa di un mito. “Il cigno di Utrecht”, pura eleganza al servizio del pallone. Bellezza che stupiva, classe che entusiasmava. Ragazzo timido Van Basten, alle copertine ha sempre preferito i gol, ne ha fatti tanti. Tantissimi. Qualche numero: 124 con la maglia del Milan. Nelle 85 partite in cui ha segnato la squadra rossonera non ha mai perso. Statistiche importanti, ma la figura di Van Basten è andata ben oltre quella del semplice calciatore. Ha prevaricato i confini del tifo e dello sport: è diventata icona. Anche dopo aver detto basta a causa di quella maledetta caviglia. Allenatore tutto d’un pezzo: dell’Olanda prima e dell’Ajax poi, prima di passare all’ Heerenveen, dove in due anni ha collezionato un ottavo e un quinto posto. Attualmente fa parte dello staff di Gianni infantino, attuale presidente della FIFA.