Steven Gerrard. Eh già, e chi se no?. He's back. A Liverpool è un attimo immaginarsi occhi lucidi, petti gonfi, la commozione di chi ha sempre sperato di leggere quella notizia. He's back. E' tornato, Steven. Lì dove tutto era cominciato, dove aveva iniziato a sognare fra le casette incastonate di Whiston, nel Merseyside, all'ombra di Anfield Road. Lo guardava da lontano, ne poteva scorgere la sagoma affascinante, imponente, silenziosa. E' riuscito a conquistarlo negli anni, a cucirselo nel cuore. A diventare uno di loro. Loro, i tifosi che l'hanno sempre amato, che hanno visto in lui qualcosa di speciale da quel 29 novembre 1998, il giorno dell'esordio in Premier League contro il Blackburn. L'inizio di una storia intramontabile come il rosso alle spalle di Anfield, come il rosso nel cuore e nell'anima.
Eh sì, perché per lui il Liverpool è sempre stato un'idea, una missione. Fin da quel 15 aprile 1989, quando in tv vide il cuginetto Jon-Paul Gilhooley travolto dalla folla della Leppings Lane dello stadio di Hillsborough, nel giorno della semifinale di FA Cup tra i Reds e il Nottingham Forest di Brian Clough. Da quel giorno capì che la sua carriera avrebbe assunto un significato in più profondo, oltre il campo, oltre la fama.
E nemmeno migliaia di chilometri, al di là dell'Oceano e nel sole della California avevano potuto sopire il ricordo di 17 anni d'amore, di cui 12 con la fascia al braccio, di 710 partite (terzo di tutti i tempi), 186 gol (quinto all time), 11 titoli, la Champions League alzata nel cielo di Istanbul contro il Milan, quando tutto sembrava perduto e soffiare via verso l'Italia. E nemmeno il rimpianto per non aver mai vinto quel campionato che dalle parti di Anfield manca ormai dal 1990 aveva potuto scalfire la leggenda dalle rive del Mersey. Solo alcuni numeri. Freddi, si potrebbe dire. Già, poco da ribattere. Perché le statistiche sono solo un frammento di quello che Gerrard ha rappresentato per generazioni di tifosi del Liverpool. E' stato l'espressione di un'identità. E' stato il compimento di un sogno.
Oggi, il cerchio si chiude. Gerrard è il nuovo allenatore delle giovanili del Liverpool. Collaborerà con Alex Inglethorpe (un altro che di Reds ne sa qualcosa) e si occuperà dello sviluppo e della crescita dei calciatori a Kirkby, a due passi da Melwood. Aiuterà tutti quei ragazzi che, come lui, sono partiti da una stradina qualunque, da un marciapiede e un pallone fra le casette incastonate. Magari di Whiston, magari di Wavertree, chissà. "E' come chiudere un cerchio - le sue emozionate parole - sono tornato qui dove tutto è cominciato".
Intorno ad Anfield è sera. E' come se nulla fosse cambiato. Sarebbe bello essere lì, ora. Anche solo per leggere gli sguardi della gente, di coloro che percorrono lo stesso tragitto, ogni volta, solo per scorgere la sagoma di Anfield e di viverla. L'atmosfera familiare, leggera, commossa. E' di nuovo lì. E' uno di loro. Per riprendere da dove aveva terminato. Bentornato Steven.