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Data: 25/03/2017 -

Dagli inizi a Meda al ritorno a Brescia, Stefano Mauri apre il libro della sua vita: “Inizia col nuoto, poi il pallone… Spalletti voleva portarmi alla Roma”

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Sorprendersi per rinascere. È un libro aperto, Mauri. Sorride, pensa e si emoziona. Stefano va subito indietro nel tempo quando gli consegniamo tra le mani il romanzo del suo inizio. Quello del Meda, per chi non lo sapesse. Una storia tutta bianconera. Stagione? “1998, dai: riconosco ogni faccia. Stupendo”. E l’album dei suoi ricordi parte proprio da lì: “Segnai nove gol e salimmo in Serie C2”, ah … le prime volte. Ma per le domande Mauri prende tempo. Le risposte ci sono eh: semplicemente, da calciatore, si trasforma in uomo orgoglioso di rivivere la sua vita. Una storia colorata, ricca di meravigliose sfumature: bianconere, celesti e azzurre. Meda, Lazio e Brescia. Solo per citarne alcune. In tutti i modi, soprattutto. Da giovane promessa a bandiera, da talento emergente a capitano. Diventando poi un esempio per chi adesso sogna una carriera come la sua: “Questione di responsabilità, oggi”. Esperienze totali.

Pagine e capitoli di vita. Ed è così bello scegliere da dove partire. Ok, iniziamo: via col presente. “A stare fermo non ce la facevo più”. Dritto al punto, Stefano. “Questi mesi sono stato senza squadra. Mi allenavo con la Racing Club Roma, ma non giocavo: avrei preso in considerazione tutte le chiamate, tra Serie A e B. Puntavo solo a tornare in campo, amo il calcio e il desiderio di giocare ha prevalso su qualsiasi incognita”. E poi il Brescia, finalmente: “Cristian mi ha detto se volevo dargli una mano, non ci ho pensato un secondo. È stata la scelta giusta”. Il pallone, però, si muove in maniera strana. Crea e distrugge, incanta e illude. Perché se Mauri sposa il nuovo progetto grazie a Brocchi, segna qui il suo primo gol subito dopo l’esonero dell’amico allenatore.

Destino? “Questo è il bello del calcio”. E il brutto, anche: “Io non sono venuto qui per ragioni economiche. Questa città mi era rimasta nel cuore, da sempre. E poi Brocchi, senza contare l’aspetto sportivo, è una persona fantastica”. Amici, compagni e giocatori. Poi uno smette e percorre una via diversa, l’altro lo segue. Lo ascolta, al di là di una semplice differenza di ruoli: “Il suo esonero a me è pesato in particolare. E soprattutto mi è dispiaciuto essere una delle cause del fallimento della sua avventura”. Eccolo qui Stefano, sincero. Emozionato come se fossero ancora le prime volte. Occhi luminosi, mani impegnate a sfogliare il libro delle sue prime avventure: “Il calcio l’ho capito soprattutto nelle serie minori. Ah, non ricordo: a Meda feci 9 gol l’anno della promozione in C2?”. Risposta esatta, ‘come nella tua penultima stagione alla Lazio’. Lì, dove la sua bandiera magari prima o poi tornerà a sventolare: “Ora però penso solo a salvare il Brescia. Poi, quando avremo raggiunto l’obiettivo assieme, parlerò col presidente: a quel punto deciderò”.



Già, le scelte. Sempre consigliato, Ste: "Devo tutto a mio padre. Un vero uomo di campo. Da piccolo ascoltati subito i miei genitori: mi portarono in piscina”. E quello che si racconta ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com è un Mauri a stile libero. Un ragazzo felice di rinascere e divertirsi di nuovo. Ok, ma … il nuoto? “Lo odiavo, proprio non mi piaceva: avevo freddo. Alle bracciate preferivo i calci”. Un pallone e via, a posto così: “Mio papà allenava ad Arcore, iniziai nella squadra del paese. Poi mi portò a Monza, anche se io volevo starmene assieme ai miei amici. In quel periodo poi, in virtù del gemellaggio col Milan, arrivarono diversi ragazzi del vivaio rossonero. Io allora me ne andai a Brugherio, in Eccellenza”. Calcio vero, pallone operaio. “Papà mi ha sempre aiutato. Un consiglio dietro l’altro, magari mi criticava anche dopo i gol: i suoi rimproveri non mi hanno mai fatto sentire arrivato. Nei momenti belli è più facile scivolare e sentirsi forte”. Mentalità vera, roba da campione. Dai dilettanti alla Champions League con l’Udinese. Altre sfumature bianconere dopo quelle di Meda: tra magie, sogni europei e retroscena. Perché è sempre … calciomercato: “Va bene, lo ammetto: dopo Udine rischiai di finire a Roma”. Pronti per il segreto? “Sponda giallorossa, però. Spalletti mi desiderava con lui a Trigoria, poi gli bloccarono il mercato”. Il resto è storia. Mauri e l’aquila nel cielo. Assieme ai 47 gol in compagnia di una meravigliosa fascia al braccio. Tra tante gioie e qualche rimpianto: “L’ultima finale di Supercoppa italiana era mia, la sento ancora: ma non la potei giocare. Alla fine per me andarono in campo i miei compagni”. Dal biancoceleste all’azzurro, un colore quasi sfumato per Stefano: “Rimpianti? Non aver fatto tante presenze in nazionale, soprattutto. Gli infortuni non mi hanno permesso di inserirmi in pianta stabile con l’Italia. Magari giocavo le qualificazioni, poi qualche guaio mi ha sempre bloccato nelle fasi decisive”.

Di blu, però, c’è soprattutto il cielo di Brescia. Anche tredici anni fa in A, assieme a quel Divin Codino: “Io ero in campo con Roby nella sua ultima partita. Io qui iniziai quando Baggio finì. Ora aspetto un suo ritorno in città. Da lui ho cercato di ‘assimilare’ il più possibile”. Altra categoria, la B: “Perché dopo 10 stagioni di Lazio non è facile cambiare: dal campionato ai compagni”. E via a pensare subito ad un nome, “sì: Caracciolo. Ritrovare Andrea è stato stupendo. Prima eravamo davvero giovani, ora aiutiamo gli altri ragazzi a sognare. A cena, però, esco con tutti”. Assieme ad un desiderio infinito di stupire: “Adesso sono a buon punto”. Alla faccia dei fischi, suoni da trasformare presto in applausi generali. Avanzato con Brocchi, davanti alla difesa con Cagni: “Nella mia carriera ho visitato tutti i ruoli. Iniziai esterno basso, poi in mezzo al campo. Anche punta. Ora davanti alla difesa, mi mancano ancora le distanze giuste: mi devo adattare, però mi piace”. E playmaker fa rima con … basket: “Amo l’NBA, ora però seguo tanto pure il tennis: anche se non ci ho mai giocato”. Intanto, stop di petto e sinistro in gol. Solita passione ed umiltà. Esultanza liberatoria e nuova fotografia nel libro dei ricordi. Quello che da Meda ritorna lì, a Brescia. Nei sentieri del centro sportivo San Filippo. Proprio dove ora Stefano sfoglia una pagina dopo l’altra mentre ci lascia e si dirige verso lo spogliatoio. Poi scarpette e dritto in campo. Tra sorrisi, emozioni e gol: quelli di Mauri.



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