Vacca si racconta: “Foggia, l’addio e De Zerbi. Ora combatto per Caserta”
La deprecabile e ossessiva “arte” di giudicare per forza tutto e tutti ci rende, spesso, ciò che non siamo. Perché il ‘giudicare una persona’ non è connaturato nell’essere umano, è una forzatura dettata da una serie infinita di sentimenti: invidia, rabbia, gelosia. Ma le implicazioni che ne scaturiscono sono terribili, di una superficialità impareggiabile. E così quello che ha cento tatuaggi è un ragazzaccio, quello che pronuncia mezza frase per ilarità o per sana sincerità – perché in quel momento si sente di dire quella cosa – deve essere condannato in piazza stile Savonarola. Giudicare ci fa vivere di apparenze e le apparenze sono una ‘brutta bestia’ perché cancellano chi siamo, ci rendono tutti uguali, robottini seriali di una società che non vuole altro che conformismo.
Il preambolo non è campato in aria. La storia che segue non è come tutte le altre. “Questa è la mia storia. I giudizi? Sai quanti ne ho sentiti, mi interessano solo quelli delle persone alle quali voglio bene anche perché, sennò, in un mondo del genere esci pazzo…”. Trasudano una saggezza non banale le prime parole di Antonio Vacca. Anzi, Antonio Junior, “perché è lo stesso nome di papà e di nonno che è venuto a mancare pochi mesi prima della mia nascita”. Un ragazzo da oltre quaranta tatuaggi tanto per sfamare il nostro inguaribile metabolismo giudicante. Poi li osservi e capisci che non c’è nulla di strano, anzi. La Chiesa, Dio, la fede, il ritratto delle persone a lui care, di quelle che non ci sono più. Un po’ come se tacciassimo di superbia un signore che si tiene in casa un auto-ritratto per il solo gusto di averlo e di vedersi auto-rappresentato. Cioè, un circolo vizioso che arriverebbe alla follia.
Giudichiamo, senza conoscere. Perché ogni persona, in fondo, è l’esito compiuto della storia che ha alle spalle, non sempre rose e fiori. Non sempre iPhone e Cayenne, vacanze in Costa Smeralda e settimana a gennaio a Cortina. “Io sono nato e cresciuto a Secondigliano. Non è stata un’infanzia bella, non è stata un’infanzia facile. Vengo da un quartiere particolare, nel quale quando torno ci sto bene sì, casa è sempre casa, ma non è stato facile, ripeto. Pregavo e ce la mettevo tutta ripetendo dentro di me, ‘Antò la tua famiglia la devi portare via da questo ambiente’…”. E’ un tipo molto sorridente Antonio Junior, scherza, è affabile. Lo ascolti che è un piacere. Ma quando parla della sua infanzia un po’ si incupisce, è molto serio, quasi immobile nello gesticolare.
Descriverlo, però, non è difficile. Basta parlare con un qualsiasi passante mediamente appassionato di calcio da Foggia a Parma passando per Caserta, la risposta sarà più o meno – positivamente – la stessa. Perché cantarsela e suonarsela, non vale. La vera misura di noi stessi risiede essenzialmente nel messaggio di noi che riusciamo a far arrivare agli altri. Al ricordo che i posteri avranno di noi quando – in termini cristiani – avremo assolto la nostra missione terrena. La vita è un dare-avere, ma non nel deprecabile significato economico. Affetto, simpatia, cordialità tutte cose che tornano indietro, come nei migliori teoremi matematici. Come nella vita di Antonio Vacca. Un vero Re a Foggia, in quella Piazza (con la P maiuscola) che trasuda passionalità e veracità in ogni dove. Dove il calcio è vita. Dove la vita è nel calcio. Quando parliamo di Foggia, gli occhi di Antonio si illuminano… “Foggia è parte integrante della mia vita, lo sarà per sempre. Fosse stato per me non me ne sarei mai andato, era casa mia, avevo tutto quello di cui ha bisogno un uomo per essere felice: sentirsi a casa, sentirsi amato. Pensa, uno dei capi ultrà della Curva Sud si è tatuato il mio nome. Eravamo un gruppo fantastico, eccezionale, ci sentiamo ancora oggi h24 sul gruppo WhatsApp che abbiamo. Vi dico – racconta Vacca ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – mi sento di più con i miei compagni del Foggia che con i miei genitori. E poi avevamo un allenatore, Roberto De Zerbi, che si vedeva avesse un altro passo, è un fenomeno. Ai miei compagni dicevo, ‘vedete che il mister tra tre anni allena in Serie A’, oggi te lo dico a te, De Zerbi fra due anni allena un club come Barcellona o Liverpool. E’ un passo avanti a tutti, un mostro, ti tira fuori tutto quello che hai dentro, unico davvero”.
Viva i sentimenti, viva la sincerità. In un mondo nel quale abbiamo paura (di cosa?) di dire quello che pensiamo, dove spesso ci nascondiamo dietro inutili sillogismi, dietro stupide maschere. Non si nasconde Antonio Junior, parla senza filtri. “Io da Foggia non me ne sarei mai andato, te lo giuro. Mi era stata data anche la fascia di capitano, fino a gennaio avevo giocato tutte le partite ma ero ancora in scadenza di contratto. Voi avete mai visto un capitano a scadenza di contratto? Ma, a parte questo, con Di Bari e Colucci sarebbe bastata mezza stretta di mano. Poi loro sono stati mandati via ed è arrivato Nember come direttore sportivo, a parole sembrava volesse rinnovarmi il contratto ma di fatti non se ne vedevano. Era un momento strano, Daniele Faggiano, ds del Parma, mi chiamava ogni giorno per andare lì, i risultati non arrivavano e il mio contratto era sempre a scadenza malgrado le parole. Così ho deciso di accettare la proposta di Faggiano, al quale devo veramente molto. C’è un rapporto splendido tra noi, mi aveva cercato anche due anni prima quando era a Palermo ma io avevo rifiutato il doppio salto di categoria per il grande amore verso Foggia. Voglio ringraziare con il cuore Faggiano e anche Giovanni Stroppa. Quando era arrivato, dico la verità, io stavo molto male perché con De Zerbi avevo un rapporto fraterno ed il suo addio mi ha fatto male. Ma poi anche con Stroppa si è creato un rapporto eccellente”.
Andiamo un po’ sul trash. “So già dove vuoi arrivare (ride)…”. A quell’episodio, in sala stampa dopo Foggia-Benevento, con il quale sei diventato un vero e proprio idolo del web (la famosa frase di Vacca in risposta alla domanda di un giornalista beneventano, ‘se sono uomo io? Chiedete alle donne di Benevento…’)… “Faccio una premessa, non porto nessun rancore verso i beneventani, ci mancherebbe. Io sono una persona schietta, spontanea, mi è uscita quella frase in quel momento lì, ero nervoso con l’adrenalina della partita ancora in corpo, dopo una settimana nella quale avevo subito insulti e provocazioni sui social dai tifosi avversari. Io sono stato poco professionale e lo ammetto, ma tu giornalista non puoi chiedermi ‘se sono uomo’. Che poi oh, tutti gli anni che sono stato a Benevento avessi visto una femmina…”.
In realtà il titolo di idolo del web te lo devi giocare con il tuo ex partner in crime, Amato Ciciretti… “Mah ti dirò che non è così ignorante come sembra (ride), è un ragazzo di cuore. Ha un difetto grosso, si veste in maniera imbarazzante! L’anno scorso a Parma ogni volta che entrava nello spogliatoio gli appendevamo gli abiti sul soffitto perché davvero non si potevano vedere”. Ma, oltre ad un pizzico di sana ignoranza, avete dimostrato anche elevate abilita canore, è del duo Vacca Feat Ciciretti il ‘magico’ coro promozione del Parma, din don din don din don intervengo dallo Stirpe, ha segnato Floriano… “Siamo pronti per Sanremo, insomma! No, a parte tutto, è stata un’emozione speciale che a regalarmi la promozione in Serie A sia stata la squadra del mio cuore, il Foggia”.
Quella Serie A, che però, al momento, Vacca ha soltanto sfiorato. In estate l’addio al Parma e la nuova avventura con la Casertana dell’ambizioso presidente Giuseppe D’Agostino che – coadiuvato dal direttore sportivo Aniello Martone – ha allestito una squadra davvero importante per la Serie C… “Sono persone vere, sincere, proprio come me. E’ bastata mezza chiacchierata per decidere di venire qui e poi è una piazza del Sud, calda e passionale, speriamo vengano in di più allo stadio. Si è subito creato un bellissimo clima all’interno dello spogliatoio con un allenatore preparatissimo come Fontana. Io penso che con umiltà e con il supporto della gente ci toglieremo grandi soddisfazioni perché c’è grande disponibilità da parte di tutti e siamo tutti pronti, io in primis, a sputare il sangue per onorare la maglia della Casertana e soprattutto gli sforzi del presidente D’Agostino che non ci fa mancare davvero nulla”. Ambizione, competenza e professionalità, gli input programmatici che caratterizzano le linee guida del brillante lavoro svolto da D’Agostino e dal ds Martone, protagonisti in estate di una campagna acquisti stellare: Vacca, D’Angelo, Castaldo, Zito, Floro Flores.
Salutiamo Antonio. Ragazzo spontaneo, verace e passionale. “Vado a casa va, che le mie due bimbe mi aspettano”. Oltre ogni (fallace) apparenza, oltre ogni superficial giudizio. Un viaggio nel mondo di Antonio Vacca…