Tarik Ibrahimagić, il “Magic Ibra” del campionato islandese

Si chiama Tarik Ibrahimagic ma in Islanda lo chiamano “Magic Ibra”: alla scoperta “dell’altro Dio del calcio”
Un post pubblicato sui social con la maglia dell’Argentina del ’93 e un messaggio chiaro da voler far passare: “Non è Zlatan, è Tarik”. Così, il mondo – e non solo quello del calcio -, ha cominciato a parlare di lui.
Una chioma riccia raccolta in un ciuffo rialzato e un sorriso a 32 denti, un naso leggermente pronunciato che se non si vedesse la foto nella sua interezza farebbe pensare tranquillamente a Ibra. Aspettate, ma a quale?
Forse potrebbe essere tutto ancora piuttosto confuso, ma se vi dicessimo che nel campionato islandese c’è un altro Ibra, voi, ci credereste? E no, nessun grado di parentela con il grande ex calciatore svedese, nonostante ci sia la derivazione dello stesso ceppo familiare.
L’Ibra islandese (ma che in realtà è danese ma gioca in Islanda) si chiama infatti Tarik, è un classe 2000, e il suo cognome termina con “-magic”. Ibrahimagić. Gioca nel Vikingur in Úrvalsdeild – la massima serie del calcio in islanda -, e si sta ritagliando una bella parentesi da protagonista nella terra dei ghiacci. Che ormai, da qualche anno, è diventata la sua vera casa.
No es Zlatan, es Tarik.
Tiene 19 años, es danés y juega como mediocampista.
Ya tiene 3 partidos con la Sub 19 de Dinamarca.
Es fanático de Argentina.
Tiene la camiseta de la Selección, la del 93, la del último título: la Copa América.
Y algo más… 🤔 pic.twitter.com/cJHRJNIz14
— SportsCenter (@SC_ESPN) May 13, 2020
Tarik, l’Ibrahi..Magic d’Islanda
“È pazzesco. Anche un po’ stressante, ma divertente. Essere paragonato a Zlatan è un grosso problema. Ma sarebbe più grande se fosse sul campo di calcio, dove siamo due tipi diversi e giochiamo in posizioni diverse”. Infatti, mentre Zlatan giganteggiava in attacco dall’alto dei suoi 195 centimetri, Tarik si trovava a centrocampo, o quasi… ma questo lo vedremo meglio dopo.
Ma nonostante ciò, Ibrahimagić condivide con lo svedese un ampio bagaglio calcistico, tra cui un’ottima capacità nel vedere la porta e tirare da fuori. A testimoniare? Il gol messo a segno nella partita di campionato contro il Valur. Alla Zlatan: piazzata sul secondo palo da oltre 20 metri.
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“Il sogno di ogni allenatore”
Alto, agile, duttile e con un tiro, appunto, alla Zlatan. Difende, si sacrifica. Imposta. E dove lo metti, gioca. E anche bene. Dal suo ruolo (naturale) di centrocampista a quello di difensore centrale a 3. Fino a fare persino all’occorrenza la punta. “Era l’obiettivo dei nostri sogni”, aveva dichiarato l’allenatore dei Vikings dopo l’arrivo in squadra di Tarik. Voluto, desiderato. E il calcio ce l’ha insito nel DNA oltre che nel nome: come quando l’allenatore delle giovanili dell’Odense (squadra dove Ibrahimagić ha giocato per poco più di 3 stagioni) gli disse di fare il salto in Prima squadra nella massima serie danese.

Nonostante il paragone però, Tarik resta umile. Con la paura e il rispetto di chi ha voglia comunque di mettersi al fianco di cose più grandi di lui: “Se voglio chiamarmi Ibra, allora devo prima sfondare in Europa e sognare di fare una carriera come quella di Zlatan, con successi nei grandi club europei e soprattutto al Barcellona”. Di strada probabilmente deve ancora percorrerla, ma ormai l’ha imparato: da Ibra, a Ibra, il passo è davvero breve.