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Tarik Ibrahimagić, il “Magic Ibra” del campionato islandese

I due Ibra a confronto
I due Ibra a confronto

Si chiama Tarik Ibrahimagic ma in Islanda lo chiamano “Magic Ibra”: alla scoperta “dell’altro Dio del calcio”

Un post pubblicato sui social con la maglia dell’Argentina del ’93 e un messaggio chiaro da voler far passare: “Non è Zlatan, è Tarik”. Così, il mondo – e non solo quello del calcio -, ha cominciato a parlare di lui.

Una chioma riccia raccolta in un ciuffo rialzato e un sorriso a 32 denti, un naso leggermente pronunciato che se non si vedesse la foto nella sua interezza farebbe pensare tranquillamente a Ibra. Aspettate, ma a quale?

Forse potrebbe essere tutto ancora piuttosto confuso, ma se vi dicessimo che nel campionato islandese c’è un altro Ibra, voi, ci credereste? E no, nessun grado di parentela con il grande ex calciatore svedese, nonostante ci sia la derivazione dello stesso ceppo familiare.

L’Ibra islandese (ma che in realtà è danese ma gioca in Islanda) si chiama infatti Tarik, è un classe 2000, e il suo cognome termina con “-magic”. Ibrahimagić. Gioca nel Vikingur in Úrvalsdeild – la massima serie del calcio in islanda -, e si sta ritagliando una bella parentesi da protagonista nella terra dei ghiacci. Che ormai, da qualche anno, è diventata la sua vera casa.

Tarik, l’Ibrahi..Magic d’Islanda

È pazzesco. Anche un po’ stressante, ma divertente. Essere paragonato a Zlatan è un grosso problema. Ma sarebbe più grande se fosse sul campo di calcio, dove siamo due tipi diversi e giochiamo in posizioni diverse”. Infatti, mentre Zlatan giganteggiava in attacco dall’alto dei suoi 195 centimetri, Tarik si trovava a centrocampo, o quasi… ma questo lo vedremo meglio dopo.

Ma nonostante ciò, Ibrahimagić condivide con lo svedese un ampio bagaglio calcistico, tra cui un’ottima capacità nel vedere la porta e tirare da fuori. A testimoniare? Il gol messo a segno nella partita di campionato contro il Valur. Alla Zlatan: piazzata sul secondo palo da oltre 20 metri.

 

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“Il sogno di ogni allenatore”

Alto, agile, duttile e con un tiro, appunto, alla Zlatan. Difende, si sacrifica. Imposta. E dove lo metti, gioca. E anche bene. Dal suo ruolo (naturale) di centrocampista a quello di difensore centrale a 3. Fino a fare persino all’occorrenza la punta. “Era l’obiettivo dei nostri sogni”, aveva dichiarato l’allenatore dei Vikings dopo l’arrivo in squadra di Tarik. Voluto, desiderato. E il calcio ce l’ha insito nel DNA oltre che nel nome: come quando l’allenatore delle giovanili dell’Odense (squadra dove Ibrahimagić ha giocato per poco più di 3 stagioni) gli disse di fare il salto in Prima squadra nella massima serie danese.

Tarik Ibrahimagic in azione in Conference League contro il Panathinaikos (IMAGO)
Tarik Ibrahimagic (sulla destra)  in azione in Conference League contro il Panathinaikos (IMAGO)

Nonostante il paragone però, Tarik resta umile. Con la paura e il rispetto di chi ha voglia comunque di mettersi al fianco di cose più grandi di lui: “Se voglio chiamarmi Ibra, allora devo prima sfondare in Europa e sognare di fare una carriera come quella di Zlatan, con successi nei grandi club europei e soprattutto al Barcellona. Di strada probabilmente deve ancora percorrerla, ma ormai l’ha imparato: da Ibra, a Ibra, il passo è davvero breve.