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Colleghi, amici, fratelli. Ronald de Boer racconta Frank: “Non è un duro: è diretto, onesto”

Frank e Ronald, colleghi, compagni di squadra, amici, gemelli. Dove c’era uno c’era l’altro, a partire dall’Ajax, il club che li ha cresciuti e con il quale vinsero la Coppa dei Campioni del 1995, ai danni del Milan. Una volta “appese le scarpette al chiodo” le strade si sono separate, ma solo parzialmente. Ronald de Boer racconta, nel corso di una lunga intervista concessa a La Gazzetta dello Sport, il rapporto speciale con il fratello Frank: 

“Quando seguo le sue squadre divento nervoso perché non posso fare nulla.Quando ero giocatore era diverso, potevo incidere. Ora sono lì in tribuna e soffro per mio fratello. Era così anche all’Ajax. Se non altro, ora posso tifare per l’Ajax stando più tranquillo. Sono stato a trovarlo la settimana scorsa e ci siamo goduti la città.  C’è Brera vicino, tanti bei posti. Ho scoperto cose di Milano che non conoscevo. Quello che voglio per mio fratello è il successo, ma prima di tutto voglio vedere la sua mano nel gioco. Voglio poter dire ‘ecco, questa è l’Inter di Frank de Boer. Ci vuole tempo, ma la strada presa all’Inter è giusta. Ogni allenatore dovrebbe avere una visione: Frank ce l’ha”. 

La serie A non era tra i pensieri di Frank de Boer: “L’Inter è un grande club. Magari qualche anno fa avrei pensato più a Frank in Inghilterra o Spagna, ma le cose nel calcio accadono e bisogna cogliere certe opportunità. Ora Frank ha bisogno di tempo, è sempre impegnatissimo, studia due ore al giorno l’italiano. Si sta impegnando al massimo per immergersi nella Serie A. E non dimentichiamo che l’Italia ha grandi club come Juve, Inter, Milan, e anche Napoli, Roma o Fiorentina. C’è un pezzo di storia del calcio del quale parlavamo sempre con Van Basten e gli altri che sono venuti a giocare in Italia. Io penso che Frank avrà successo all’Inter, ma in ogni caso questa esperienza farà di lui un allenatore migliore” 

Ronald per il momento non torna in panchina: “Per ora. Ho scoperto che posso fare tante cose legate al calcio senza essere impegnato 24 ore su 24. Mi piace fare il commentatore in tv, mi piace andare in giro a giocare con le Legends. Se fai l’allenatore, queste cose te le puoi scordare. Però mi piaceva molto insegnare ai ragazzi nel settore giovanile dell’Ajax e uno dei miei sogni è tornare a lavorare con Frank. Fra cinque anni, magari, e non perché sono suo fratello, ma perché potrò dare un contributo al club”. Filosofia di gioco? “Bisogna avere una visione e saper essere flessibili. Le idee di calcio di Frank sono come le mie e non sono mai cambiate: serve gente che sappia giocare la palla, difensori compresi. Ricordo la mia seconda partita con il Barcellona: Van Gaal decise di schierarmi terzino, anche se ero un centrocampista. Giocavamo contro il Real Madrid e vincemmo 3­-0. Intendo questo quando dico che bisogna pensare a giocare la palla in ogni zona del campo. Ma a volte, quando trovi un avversario più forte, devi saperti adattare”. 

L’obiettivo di Frank è vincere scudetto e Champions: “Vuole diventare campione d’Italia, per il momento direi che è realistico lottare per le prime posizioni. Questo però è quello che vedo io: Frank penserà sempre in grande, come è giusto che sia nel suo ruolo. Frank ha lasciato l’Ajax perché ha capito che lì stava ripetendo se stesso, ma il nostro legame con il club sarà sempre forte. Purtroppo non possiamo più lottare per le coppe perché i migliori vanno via troppo presto. Non siamo più in grado di tenerli. È utopia pensare di vincere ancora la Champions League. In Italia ci sono ancora soldi nel calcio, c’è chi investe. La Juve può già vincere la Champions: è un mix di giovani e esperti, come eravamo noi nel 1995. Per creare grandi squadre ci vogliono talenti giovani e gente di personalità”. 

Che tipo di persona è Frank de Boer“Frank ha a cuore, disciplina e rispetto ed è giusto che sia così: siamo cresciuti pensando che il rispetto per gli altri fosse la prima cosa e anche un minuto di ritardo è importante. Frank non è duro, è onesto e diretto. Una persona aperta e amichevole. Litigi? Succedeva spesso. Siamo sempre stati molto critici l’uno con l’altro, soprattutto lui con me. In campo litigavamo e gli altri dicevano: ‘Oh, non la finiranno mai di discutere’. Invece per noi dopo due minuti era tutto dimenticato. Mi diceva cose che poteva dirmi perché era lui: un altro lo avrei preso a pugni. Ma abbiamo diviso la stanza da letto per 25 anni, Frank è il mio migliore amico e sa che può contare su di me. Anche se c’è da soffrire in tribuna”.