Olbia, la ricetta di “doc” Filippi: “Giovani, gioco e risultati”
"Il mio obiettivo? Bel gioco, giovani e risultati". Paradiso, purgatorio, poi di nuovo paradiso, la Divina Commedia di Michele Filippi si è conclusa nel migliore dei modi. Salvezza tranquilla raggiunta con un girone di ritorno da zona play-off, obiettivo centrato per il giovane allenatore sardo alla guida dell'Olbia, senza mai rinnegare le sue scelte: la doppia G, gioco e giovani.
Laureato nella facoltà di Medicina e Chirurgia di Cagliari con doppia specializzazione in Ortopedia e Medicina dello Sport, Filippi ha iniziato la sua carriera da allenatore a soli 32 anni. Alla guida della Frassinetti Cagliari tra il 2012 e il 2015, l'allenatore sardo ha conquistato una Coppa Itala di Promozione e una Supercoppa sarda. Poi il salto, l'Under 17 del Cagliari e quindi l'Olbia, prima come allenatore in seconda di Mignani e Mereu. Quest'anno la grande chiamata, Filippi aveva l'ingrato compito di non far rimpiangere un'icona del calcio sardo, Bernardo Mereu ed è riuscito nell'impresa al primo anno tra i professionisti: missione compiuta.
"La reputo una stagione positiva anche se complicata – dichiara Filippi durante l'intervista concessa a GianlucaDiMarzio.com – Abbiamo portato avanti il progetto, quello di puntare sui giovani e anche nel corso di questa stagione abbiamo dato la possibilità a tanti di loro di esordire o confermarsi nel mondo del professionismo. Questo aspetto è molto importante, riuscire a far coincidere i risultati sportivi con la crescita dei ragazzi e alla fine il bilancio credo sia più che positivo".
Il club gallurese sperava a inizio torneo di poter centrare un piazzamento in zona play-off, poi alla fine la classifica ha detto tredicesimo posto "Era un discorso fatto a inizio campionato, quando ancora non si sapeva quali sarebbero state tutte le società che avrebbero fatto parte del girone. Poi ci siamo trovati di fronte 7-8 squadre con organici di categoria superiore, come il Novara: negli anni scorsi avrebbe potuto vincere il campionato, questa stagione è riuscito a raggiungere giusto l'ultimo posto utile per i play-off. E' solo una delle situazioni che fa capire il livello del girone A. Dobbiamo anche considerare l'età media dell'Olbia che non ci ha consentito di fare il salto caratteriale che ci avrebbe permesso di 'attaccarci' al treno play-off. Da gennaio il presidente ha posto un altro obiettivo, risalire in una zona di classifica più consona al valore della squadra".
Una rosa giovanissima, una politica vicina a quelle delle seconde squadre: "La sola presenza della Juventus Under 23 non permette di sbilanciarsi sull'argomento: bisognerebbe sperimentare ancora. L'Olbia ha giocato con un'età media al di sotto dei ventuno anni non perché qualcuno ce l'ha imposto ma perché la società crede e sposa l'idea di una Serie C come "laboratorio" del calcio italiano".
Un giovane su tutti è Biancu, che potrebbe tornare al Cagliari e compiere così il grande salto: "Roberto è cresciuto tantissimo, sia a livello tecnico che emotivo: è stato l'anno della consacrazione tra i professionisti. Stiamo parlando di un doppio salto ma a Cagliari ci sono persone all'interno dello staff in grado di supportare nel miglior modo la crescita dei giovani. I rossoblù sapranno prendere la scelta giusta riguardo allo step successivo della carriera di Roberto".
L'Olbia punta tanto sul concetto identitario: "I giocatori sardi hanno la capacità di creare coinvolgimento anche nei confronti dei ragazzi nati in altre parti d'Italia o del mondo e di trasmettere certi valori, quelli in cui noi crediamo. Il coinvolgimento emotivo è molto importante e penso che per un sardo indossare la maglia dell'Olbia e quella del Cagliari sia motivo di grande orgoglio, ingredienti fondamentali per dare qualcosa in più durante il lavoro quotidiano e trasmetterlo al gruppo".
Dicevamo gioco e giovani, proprio come vuole il punto di riferimento di Filippi: "Se proprio devo fare un nome dico Marco Giampaolo. La sua filosofia e il suo modo di interpretare il calcio mi affascinano molto e anche la sua storia, perché è passato per momenti complicati. A me piace il gioco propositivo, offensivo, ma la predilezione per un certo tipo di calcio non deve essere limitante. Ho avuto spesso a che fare con il rombo, ma non ho un modulo preferito: credo che gli schemi e i moduli vadano sempre adattati al tipo di giocatori che si ha a disposizione".
Un allenatore che vive la settimana con intensità: "La più grande ansia te la dà l'aspettativa nella propria squadra, la curiosità di sapere, in funzione della settimana vissuta, quale sarà la reazione dei ragazzi. Il conforto del campo sulle proprie idee e sugli allenamenti settimanali è la più bella soddisfazione che il calcio ti può regalare. La partita è il banco di prova delle idee e del lavoro quotidiano ed è l'aspetto più affascinante ma anche quello più spietato di questo sport".
Filippi oggi allena l'Olbia, di cui è primo tifoso: "Ma ho un passato importante da tifoso del Cagliari. Vivevo a 500 metri dallo stadio, da piccolo andavo a seguire le partite all'Amsicora: non c'erano domeniche in cui non andassi allo stadio. Giocatore preferito? Fare un solo nome è un compito ingrato, però Francescoli rimarrà un calciatore speciale perché faceva parte di un Cagliari che io ho vissuto in prima persona e che mi fece emozionare. Poi voglio citare Conti, Cossu e Pisano, che ho la fortuna di allenare qui in Gallura: facevano parte di un altro Cagliari che ci ha dato delle belle soddisfazioni e sono diventati icone assolute nella storia del club".
Medicina, calcio nella vita di Filippi: "La passione per il calcio è totalizzante e ha preso il sopravvento su tutto. Mi piace molto leggere e per questo più che altro preferisco la letteratura sul basket, sulla pallavolo, sul tennis, piuttosto che seguire le singole partite in sé, giusto qualche gara imperdibile".
Rinnovo e opzione fino al 2021: "Un riconoscimento per ciò che ha fatto il mio staff, persone che mi accompagnano nel quotidiano: per me il rinnovo è ovviamente motivo di grande orgoglio. L'obiettivo per il futuro è di creare un'identità forte e dare vita a una squadra che sappia proporre il suo calcio e che possa ottenere risultati, non si prescinde mai da questi ultimi. Se nel prossimo biennio riusciremo a far appassionare le persone e far crescere i giovani attraverso il bel gioco e i risultati potrò ritenermi pienamente soddisfatto".
Medicina o calcio? La prima stagione tra i professionisti ha levato ogni dubbio sul futuro del giovane allenatore sardo, pe molti un predestinato.