Alcool, lutti e gol: Nikao, l’eroe dell’Athletico Paranaense
La storia dell’attaccante che ha deciso la finale di Copa Sudamericana 2021
Quando era arrivato a Curitiba nel 2015 si era presentato in ritiro con 20 chili in sovrappeso.
Oggi Maycon Vinicius Ferreira da Cruz, per tutti Nikão, è il giocatore simbolo e più grande idolo della storia dell’Athletico Paranaense che ha vinto la Copa Sudamericana contro il Red Bull Bragantino proprio grazie a un suo gol in semirovesciata.
Il 29enne trequartista di piede mancino c’era anche contro il Junior di Barranquilla nel 2018 e aveva giocato da titolare la doppia finale contro i colombiani, ma stavolta è stato eletto MVP dell’ultimo atto della competizione. Un premio personale, un secondo titolo internazionale, e nei prossimi giorni gli verrà conferita la cittadinanza onoraria della città di Curitiba, visto che da alcuni anni aiuta con progetti sociali i senzatetto di quella che è la capitale più fredda del Brasile.
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Lutti, lattine e alcolismo
Cresciuto a Belo Horizonte, Nikão ha dovuto superare molti ostacoli nel corso della sua carriera, in campo e fuori. Ha visto suo padre una sola volta e all’età di otto anni ha dovuto affrontare la perdita della madre morta per cancro. E’ stata poi sua nonna Rita ad occuparsi di lui per un po’, prima che anche lei lo lasciasse. E infine ha dovuto fare i conti con la scomparsa del fratello maggiore Thiago, che è rimasto coinvolto in un incidente d’auto. Un’adolescenza marchiata dai lutti, mentre raccoglieva lattine, faceva il giardiniere e vendeva alluminio per raccogliere qualche soldo da portare a casa. Tutto questo lo ha marchiato e lo ha portato a vedere l’alcool come l’unica via d’uscita.
Una dipendenza con cui ha dovuto convivere dai 12 ai 22 anni, quando veniva soprannominato Black Maradona per il suo talento con il pallone ed era stato vicino anche ad arrivare in Europa, con le esperienze nelle giovanili del PSV e del CSKA Mosca. Possibilità sfumate a causa della giovane età e dal fatto che non aveva un rappresentante legale per giocare all’estero.
“Purtroppo a 12 anni ho iniziato a bere e la verità è che uscirne da questa dipendenza non è stato facile. Mi ha ferito molto nella mia carriera, ma non mi biasimo per questo. La cosa più importante è che sono riuscito a farmi aiutare, sono riuscito a riprendermi e oggi sto facendo quello che amo di più: giocare a calcio e in un grande club come l’Atletico”, aveva rivelato nel 2019 al portale argentino Olé.
Nikão ha dovuto fare i conti anche con offese razziste, come in Copa Libertadores con i paraguaiani del Deportivo Capiatá e contro gli argentini del River Plate nella Recopa Sudamericana. Oggi la sua motivazione è rappresentata dalla Fede, da sua moglie Izabela e dai suoi due figli, uno dei quali ha ereditato il nome del fratello scomparso. “Questo titolo è un riflesso del buon lavoro collettivo che è stato fatto negli anni. Abbiamo imparato a giocare le finali. Ho dovuto sudare sangue, ma nessuno può costruire nulla da solo. La forza della nostra squadra passa dalla volontà, dalla determinazione, dal non arrendersi mai anche se la partita è molto difficile”, aveva dichiarato dopo il sesto trofeo vinto con la maglia del Furaçao. Adesso, c’è la finale di Copa do Brasil nel mirino, in programma a metà dicembre contro l’Atletico Mineiro attuale capolista del Brasileirao. Con 47 gol in 300 presenze, Nikao ha ancora sete di vittorie.