Le punizioni di Recoba, il dribbling a Maldini, la cresta di Zaza. Il “Cobra” Soncin: “Ascoli nel cuore”
Seduto in pullman, braccia conserte, sguardo fisso al finestrino. Andrea Soncin apre l’album dei ricordi e alterna sorrisi a espressioni più serie, quasi tristi. Il sogno, quello di chiudere la carriera ad Ascoli, non si è realizzato e il “Cobra” è dovuto ripartire dalla serie D. In gol con il Montebelluna domenica scorsa, dopo una partenza condizionata da una squalifica:
“Avevo due giornate da scontare per la prima espulsione in carriera subita nell’ultima partita dell’anno scorso con l’Albinoleffe” – racconta Soncin ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – “La scelta di Montebelluna è dovuta alla passione per questo sport e alla voglia di giocare ancora. Durante l’estate ho avuto proposte da parte di squadre anche di categoria superiore. Montebelluna mi dà la possibilità di giocare, di continuare a divertirmi. Mi ha fatto sentire la fiducia fin da subito e quindi ho accettato con entusiasmo questa nuova avventura. Ascoli? Non c’è stato niente di concreto, era un mio grande desiderio quello di finire la carriera in bianconero. Sarebbe stata la degna fine di una bellissima storia, però non c’è stata nessuna trattiva”
Il volto si fa cupo e triste: “Nelle Marche ho passato anni stupendi sia dentro che fuori dal campo. Ad Ascoli mi hanno adottato e io ho cercato di ripagarli come meglio potevo e per fortuna il grande impegno è coinciso anche con un buon numero di gol. La salvezza ottenuta partendo da meno 10 è stata indimenticabile. Poi ricordo un aneddoto in particolare. Dopo i primi sei mesi del 2007 ci fu la retrocessione in B e fui riscattato dall’Ascoli. Chiesi di essere ceduto per rimanere in A. Mentre andavamo in ritiro un gruppo di tifosi bloccò il pullman e lì pensai ‘Ecco, adesso mi contesteranno di sicuro‘. Scesi giù già preparato invece mi abbracciarono, partirono i cori e mi chiesero di rimanere con loro. Ecco, da lì è scattato qualcosa ed è nata la storia speciale con l’Ascoli”.
Cerchiamo di fargli tornare il sorriso… Di Venezia cosa mi racconti? Pippo Maniero e Alvaro Recoba, maestri d’eccezione? “Nella stagione 1995-1996 mi misi in luce nella Solbiatese con diverse buone partite e con un gol, nonostante la giovane età. Ebbi la fortuna di essere notato dal Venezia che mi offrì di stare con loro. Puoi immaginarti cosa significò trovarmi in squadra con campioni come Pippo Maniero e Alvaro Recoba. Uno spettacolo vederli giocare, una coppia fantastica. Spesso a fine allenamento noi giovani ci fermavamo ad ammirare le punizioni di Recoba. Calciava da tutte le posizioni e su 10 tiri otto finivano in rete. Aveva una precisione e una potenza che raramente ho visto in altri giocatori”.Tra le opportunità fallite c’è invece Firenze: “Probabilmente ero ancora troppo giovane e non mi fu mai data una vera opportunità.Cavasin non mi vedeva e fu la mia prima delusione calcistica. Un peccato perché tifoseria, città e club sono veramente top ed era suggestivo indossare una maglia che fino a poche stagioni prima era di campioni come Batistuta, Edmundo o Rui Costa. Sono ripartito dalla Lega Pro e ho dimostrato di poterci stare in certi contesti”.
Terza grande opportunità a Bergamo: “Il pubblico di Bergamo è uno dei più caldi d’Italia, durante i match ti trascinano, ti fanno capire cosa significa giocare per loro. Pur essendo una provinciale l’Atalanta ha un struttura di altissimo livello. Ritrovai Colantuono, con il quale condivisi due anni a San Benedetto: al primo hanno promozione. L’anno successivo arrivò esordio e primo gol in serie A contro il Milan: rete indimenticabile. Mentre ti racconto mi vengono i brividi. Stadio pieno, azione di contropiede. Bombardini mi passa la palla, dribblo Maldini, calcio di interno sinistro e la palla si insacca sul secondo palo.L‘Atleti Azzurri vibrava. Non capivo più nulla per la gioia. Non sarà stata la rete più bella della mia vita, ma è quella indimenticabile”.
Tu hai due soprannomi, “il Cobra” e “sua maestà“, come sono nati? “Il Cobra ce l’ho da tanti anni e devo ammettere che mi piace, lo sento mio. Era partito tutto da quando sono stato a Perugia. Cosmi mi chiamò così in allenamento. Qualcuno lo sentì e mi battezzò: da quel momento è diventato il mio soprannome. Sua maestà non so di preciso chi me lo diede, ma è legato ad Ascoli: il numero di gol segnati mi hanno permesso di entrare nella storia bianconera come secondo marcatore di tutti i tempi”. Squadra del cuore e idolo? “Io ho sempre simpatizzato per la Juventus e da bambino impazzivo per Vialli e Baggio. Giocatori diversi, ma con qualità uniche. Vialli potenza, acrobazia e istinto da bomber, Baggio la tecnica e la classe per eccellenza”
Tra gli amici speciali c’è Simone Zaza, che adesso non attraversa un buonissimo momento: “Abbiamo passato una stagione insieme, non fortunatissima per i risultati, ma abbiamo legato molto. Era giovane, ma già capace di segnare gol incredibili e di essere costante sotto porta: già quell’anno si capì che sarebbe diventato un grande attaccante. Poi in parte la fortuna la deve a me che nei prepartita gli facevo la cresta: era impossibile non notarlo. Difficoltà? Ci può stare, è un calcio molto diverso dal nostro, soprattutto per un attaccante. Comunque le alternative non gli mancano, saprà lui se rimanere a Londra o andare in un posto che gli permetta di giocare come sa”.
Il pullman arriva ormai a destinazione, prima di lasciarci è ora di parlare del futuro: “Alla mia età è giusto ragionare anno per anno. Ho ancora voglia di giocare e lo faccio con passione. Poi mi piacerebbe sicuramente rimanere nel mondo del calcio. Sono molto legato al campo quindi vorrei provare a fare l’allenatore. Vedremo…”.