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Mimmo Toscano si racconta: “L’infanzia sul treno con papà e la magia della Feralpisalò”

Ci sono persone con le quali parli ore e ore, ma lo fai pro forma, fremi nel provare a stoppare la conversazione, non c’è trasmissione reciproca. Ci sono altre, invece, con le quali bastano cinque minuti per far scoccare la famosa ‘scintilla’. Cinque minuti e ti sembra di conoscerle da una vita, parli e il tempo ti vola, troppo velocemente. Ecco, la mia chiacchierata con Mimmo Toscano è andata proprio così. Abbiamo parlato quasi due ore e, alla fine, nessuno dei due aveva voglia di staccarsi. Di quelle volte in cui guardi l’orologio e rimani sbalordito, ‘ma come, sono già passate due ore?’.

E’ il valore della persona a colorare di uno splendido arcobaleno ciò che comunica. Perché Mimmo Toscano è una persona vera, sincera. Non sorride tanto per farsi vedere felice, non parla tanto per parlare. E’ esattamente come si presenta. Figlio anche lui della gavetta, del sudore, del sacrificio, dei valori di mamma e papà. E poi di mamma Calabria alla quale è visceralmente, graniticamente legato. Che solo a nominargliela sorride come quasi a volerla metaforicamente accarezzare. Sorride dalla sua ‘nuova casa’, ma soltanto a campionato in corso, ‘con quel ramo che volge a mezzogiorno’ sulle rive del Lago…di Garda! Con la sua Feralpisalò che viaggia a ritmi di Frecciarossa (allusione di mezzo non casuale) nel girone B di Serie C con ventidue punti in tredici partite e quarto posto in classifica.

Mi accoglie con un sorriso che antecede, a mo’ di favola, l’apertura del libro dei ricordi… “Mi emoziono sempre quando parlo della mia infanzia per le vie di Reggio Calabria. Ripenso alla mia terra, a quei pomeriggi che giocavi anche quattro ore di fila pur di tenere il campetto occupato e non lasciarlo ai più grandi, agli schiaffi di papà quando tornavo a casa e per tirare le punizioni alla Maradona avevo rotto qualche specchietto o qualche finestra. Ripenso a mamma che è venuta a mancare lo scorso aprile, a quanto mi manchi. Ripenso alla mia famiglia, a tutto quello che mi ha insegnato, ai valori che mi ha trasmesso. Ripenso alla strada, alle pietre che andavi a raccogliere in qualche campo intorno per far le porte. E dico una cosa ai ragazzi di oggi: uscite, giocate, state all’aria aperta, divertitevi, godetevi ogni secondo della vostra infanzia perché passa in fretta. Troppo in fretta. Ma voi questi anni di spensieratezza ve li dovete tenere stretti: coccolateli, abbracciateli, riempiteli di vita. Della vostra vita”. Una riflessione profonda, che ci commuove, che riporta indietro anche noi. I pomeriggi interi a respirare la Primavera, a prender la pioggia che poi tanto il k-way non se lo portava nessuno perché tutti volevan mostrare la maglia ultimo grido comprata il giorno prima, la famosa ‘scartarella’, il decimo giocatore che mancava sempre e tu che ti incollavi al campanello per farlo scendere a giocare ma lui non ne voleva sapere, le sgridate di mamma alla sera quando rientravi in casa, le profonde dormite del sabato sera stremato dalle ore e ore a immaginarti Del Piero. Grazie Mimmo per averci, con la tua spontaneità, fatto tornare – seppur per pochi minuti – di nuovo bambini.

L’infanzia di Mimmo era scandita dal rumore del treno, guidato da papà ferroviere, lui si metteva lì, sul binario 1, fisso ad aspettarlo“Era il momento più bello della giornata, arrivava, mi prendeva in braccio e mi portava con lui in cabina di guida a fare la tratta Reggio Calabria-Paola. Durava un paio d’ore – racconta Mimmo Toscano ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com io mi incollavo un po’ al finestrino e un po’ a papà, mi volava il tempo. Ecco, se non fossi arrivato nel mondo del calcio, avrei voluto fare il ferroviere come lui. Non era facile, faceva tanti sacrifici ma per me è sempre stato un modello di vita. Quando staccava dal lavoro, andava a fare l’elettricista ed io, che intanto ero cresciuto, andavo a lavorare con lui dopo la scuola. Una fatica incredibile, quelle giornate non terminavano mai tra scuola, lavoro e allenamenti ma papà era intransigente, dovevo andare con lui punto e basta. Mi svegliavo alle 6 e quando andava bene rientravo a casa alle 20. Soltanto crescendo capisci il senso di certe proibizioni, degli schiaffi, del lavoro e per questo non finirò mai di ringraziarlo papà. Se riuscirò a trasmettere a mia figlia ciò che lui ha trasmesso a me sarò l’uomo più felice del mondo”. Poi Mimmo comincia la trafila nel settore giovanile della Reggina… “Parlo con papà, lo convinco a smettere di lavorare e a rinunciare a qualche giorno di scuola, con la promessa che mi sarei ugualmente diplomato. Passavo le mie giornate tra allenamenti miei, libri e allenamenti della prima squadra dove andavo a raccattare i palloni che finivano di là dalla rete del Comunale. Volevo stare lì, anche soltanto per sognare ad occhi aperti, per immedesimarmi in loro”. L’occasione arriva, Mimmo vince il campionato con la squadra della sua città e al ricordo gli occhi diventano subito lucidi… “E poi ho un altro ricordo, quello di mio papà che a detta sua non veniva mai a vedere una mia partita e solo a distanza di anni scoprii che invece non era così. Veniva al Comunale, si nascondeva dietro i piloni e tornava a casa dieci minuti prima che finisse. Appena mettevo la chiave nella porta di casa mi chiedeva, ‘cosa avete fatto oggi?’. Non si faceva vedere perché in realtà gli interessava soltanto una cosa: che io fossi educato e rispettoso in campo”.

Da Reggio Calabria, Mimmo Toscano comincia la sua gavetta. In giro per l’Italia, tra gioie e dolori, nostalgia per mamma Calabria e quel sogno Serie A che sfuma sempre all’ultima curva. Storie di una realtà che non è sempre all’altezza dell’immaginazione, storie di abnegazione e sudore. Perché se nelle vittorie siam tutti ‘Super Uomini’, è nelle sconfitte che si vede il vero valore della persona. Nella capacità di rialzarsi, di ancorarsi con mani e piedi al senso del lavoro e del giusto. Perché è meglio non arrivare ed essere nel giusto che arrivare ed esser sporchi e scorretti. Non è retorica, è vita. E’ la “teoria” dell’andare a dormire la sera con la coscienza pulita.

E’ la storia di Domenico Toscano a cui la vita non ha regalato mezzo centimetro in più di quello che ha conquistato con sudore e fatica. La storia di un uomo, all’apparenza un po’ burbero, ma con un cuore grande come una casa. La storia di diffidare sempre verso chi sorride in continuazione e di apprezzare coloro i quali hanno il coraggio di parlar davanti e di incazzarsi quando è necessario… La sincerità è la chiave della nostra vita, può esser scomoda sì ma io – come dicevi te – voglio andar a dormire tranquillo la sera. La vita è fatica, è lavoro, è valori. A Terni feci scrivere una frase dietro la maglietta ‘non c’è gioia, se non c’è lacrima’. Perché le cose vanno affrontate con l’idea che senza sacrificio, senza sporcarsi la faccia non si ottiene niente, lo dico sempre ai miei ragazzi: scordatevi strategie e mezzucci, perché solo all’apparenza vi fanno andar avanti… prima o poi con la stessa forza con la quale vi hanno fatto andare avanti, vi faranno tornare indietro, è la legge della vita”. Poi Mimmo prende un frammento ritagliato di giornale e ce lo mostra… “Perché ci tengo davvero molto che lo scriva, questa frase di Gianluca Vialli mi ha fatto venire i brividi: ‘la vita è fatta per il 10 % delle cose che ti succedono e per il restante 90 % da come le affronti’. Non serve aggiungere altro…”.

Ci mostra i suoi libri Mimmo, in particolare quello di Thony Roberts, ‘Come tirar fuori il meglio da te stesso e dagli altri’“Che ha cambiato il mio modo di vedere le cose, ho capito l’importanza dell’empatia. Lo regalai anche a Pisacane…”. Poi ci racconta la forte devozione alla Madonna di Lourdes, “dove vado in pellegrinaggio una volta ogni anno dal 2002”. Il mio sguardo, però, si posa su un soprammobile british, con l’inconfondibile bandiera inglese nel bel mezzo… Sorride Mimmo… Ah, questo è un ricordo dei sei mesi che ho fatto in Inghilterra diversi anni fa. Una mattina sono uscito di casa, ho salutato mia moglie e poche ore dopo ero su un volo per Londra. Vivevo in una casa-famiglia. La mattina andavo a scuola, il pomeriggio ad imparare la lingua e nel weekend mi vedevo tutte le partite delle prime tre divisioni. Credimi, ho visto un altro mondo, siamo indietro di vent’anni”.

Riflettiamo su quanto, in peggio, il calcio di oggi sia cambiato. Sulla disillusione nel cuore (e negli occhi) della gente, sulla cultura del sospetto che aleggia costante, sugli stadi sempre più vuoti. Sul fatto che tutto ciò rimanga sempre e comunque mero slogan propagandistico, la cui attuazione pratica è sempre procrastinata ad un domani non meglio definito… Io il calcio lo vorrei più reale, più passionale, meno business, meno interesse. La gente ormai non si emoziona più. Vorrei un calcio di derby, di campanilismi, di amore e di passione. Vorrei un movimento credibile, che non dia tutti questi dubbi alla gente: dal calcioscommesse ai fallimenti fino ai rinvii di questa estate. Te la faccio io a te una domanda, ma alla luce di tutto ciò, per quale motivo dovrei venire allo stadio oggi?”.

Chiudiamo la nostra chiacchierata con un bel giro nel centro della splendida Salò. E’ quasi il tramonto, qualche nuvola sia dalla parte di Riva del Garda che dalla sponda veronese. Il Lago è quieto malgrado ci sia un po’ di vento. Ci avviciniamo alla zona del porto e ci sediamo in terra in mezzo al passaggio verso la parte più vecchia della città… “Ti faccio una confidenza. Dopo la morte di mia madre, che mi ha segnato in maniera indelebile, se non fossi stato qui probabilmente avrei smesso di allenare. Qui alla Feralpisalò il calcio è tornato ad emozionarmi, mi sembra di essere tornato indietro di dieci anni. Un calcio sano, fatto di valori, di affetto e di semplicità. A immagine e somiglianza del presidente Pasini, una persona eccezionale davvero”.

Scende definitivamente il sole, si alza il vento. Forse Tramontana. Un ultimo sguardo verso il Lago, il tempo di esprimere un desiderio come ogni fiaba che si rispetti. Salutiamo qui Mimmo Toscano. Sorridiamo entrambi, sono passate due ore. Volate, polverizzate da parole e confidenze. E’ la magia del Lago, o forse no, è la magia della vita.