“Diventerò un campione”, il manuale per chi sogna da calciatore
Il sogno di diventare calciatore cullato durante le giovanili alla Fiorentina, poi gli errori commessi e una nuova vita da scrittore. “Diventerò un campione” è il libro di Giacomo Pisaneschi. 200 pagine di consigli e testimonianze per aiutare i ragazzi a scalare la piramide del professionismo
La sua giornata tipo inizia la mattina, presto. Si alza, fa colazione e accompagna le due figlie – Amelia e Lavinia – a scuola. Poi di corsa nel suo ufficio della Jolly caffè in Via di Vacciano, a Firenze Sud. Giacomo di tempo libero ne ha poco. Lo impiega davanti al computer, scrivendo: “Perché essere utile agli altri è il mio gol più bello”.
E Giacomo Pisaneschi è uno che di gol ne ha fatti. Fin da quando giocava da ragazzino con la maglia viola sulle spalle. Quella della sua Fiorentina, la squadra per cui ha sempre tifato. Con cui avrebbe voluto diventare un calciatore, esordendo un giorno in Serie A. La sua corsa, invece, si è fermata in Serie D, al Calenzano. Il motivo? “Difficile dirlo – ci spiega – si tratta di tanti errori in cui ho sbattuto senza rendermene conto. E che, sommati, spesso fanno la differenza”.
Fatto sta che oggi Giacomo – fra una partita con gli amatori, un calcetto con gli amici e la conduzione di un programma radiofonico dalle 20 alle 21 – è diventato a tutti gli effetti uno scrittore. “Diventerò un campione” è il titolo del suo ultimo libro, in attesa dei due romanzi che usciranno molto presto. 200 pagine di consigli ai giovani talenti che sognano un futuro da calciatore. Testimonianze ed esperienze personali messe a loro disposizione, affinché i ragazzi non inciampino nella scalata a quella piramide che lo stesso Giacomo ha provato a salire.
A tre anni prendevo a calci tutto quello che mi passava davanti, a cinque dormivo con il pallone di gommapiuma, sognando di ricevere un assist da Baggio – ci racconta – ho stressato così tanto mia mamma che alla fine l’ho costretta a segnarmi alla scuola calcio”. A 12 anni ecco la chiamata della Fiorentina: “Preparati a giocare poco” gli dice scherzando il padre dopo aver parlato al telefono con la società viola: “La prima chiamata che feci fu a Niccolò Galli, mio compagno di banco fin dalla prima media. Gli dissi che lo avrei raggiunto”.
Già, il rapporto fra Giacomo e Niccolò è stato qualcosa di speciale. Anche per questo la prefazione di “Diventerò un campione” porta la firma di Giovanni Galli. Anche per questo, fra coloro che hanno voluto raccontare la propria esperienza, c’è Fabio Quagliarella: “Che gioca con il 27 proprio in onore di Niccolò – ricorda Giacomo – quando si consumò la tragedia, dovevo scendere in campo con la Rondinella. L’allenatore non voleva farmi giocare dato il mio coinvolgimento emotivo, io gli dissi che Niccolò non avrebbe mai più potuto tirare un calcio ad un pallone e che per questo io avrei dovuto farlo in tutti i modi. Segnai una doppietta”.
Chissà cosa direbbe l’amico nel leggere il suo libro: “Che non vuole essere un rimpianto – specifica subito Giacomo – perché tutto quello che ho vissuto mi ha fatto crescere come persona”. Da Viviano a Quagliarella, passando per Biagianti, Moscardelli, Bartolucci e il giovane Palazzi. La scalata alla piramide raccontata da ogni prospettiva. Da chi è cresciuto nei professionisti a chi lo ha fatto nei dilettanti arrivando al top solo a 30 anni suonati. Da chi ha sognato in grande per poi doversi ridimensionare a chi, ancora giovane, cerca di non commettere certi errori.
Quali? La scuola, per esempio: “Perché prendere un diploma è importantissimo, ma per l’università vale un discorso diverso – spiega Giacomo, brillantemente laureato – è impossibile studiare seriamente con due allenamenti al giorno più le trasferte. Il mio consiglio ai più giovani è quello di segnarsi comunque all’università, ma di lasciarla in secondo piano almeno fino ai 21 anni se si è raggiunto un livello importante sul campo. Tanto ci si gioca tutto entro quell’età. Detto questo, soprattutto nel mondi di oggi, l’istruzione resta un aspetto fondamentale. Il post carriera è lunghissimo e in pochi riescono a rimanere nel mondo del calcio”.
Così come fondamentale è credere in se stessi, anche nei momenti più duri: “Il mio primo errore lo commisi a 16 anni – ricorda – giocavo poco e chiesi di lasciare la Fiorentina per andare in prestito. Invece è proprio in quei momenti che devi avere la testa proiettata oltre. Guardiamo Quagliarella, ma anche lo stessa Chiesa. Quest’ultimo ha fatto panchina per anni nelle giovanili della Fiorentina, poi è sbocciato”. Il tutto senza mai dimenticarsi la serietà da tenere nonostante le insidie dell’adolescenza: “Ricordo quando la società ci lasciava la lettera di preparazione da svolgere nelle vacanze estive. Si trattava di un’ora al giorno, non di più. Io non la rispettavo, convinto di recuperare poi in fase di preparazione. Quelle righe erano inviate alla nostra coscienza, non ai polmoni. Ma l’ho capito dopo”.
E con serietà si intende ogni genere di vizio, dal bere al fumare e al fare tardi in discoteca il sabato sera: “Certi giocatori si comportano così, ma non vanno presi come esempio. Loro sono arrivati nonostante e non grazie a quello. Con una condotta diversa avrebbero potuto fare una carriera decisamente migliore. In A non arrivano soltanto i migliori, tanti talenti si perdono per strada”.
A causa dei loro vizi, certamente. Ma anche delle scuole calcio: “Dove la professionalità è un requisito sempre più assente” e… delle famiglie. In “Diventerò un campione” un intero capitolo è dedicato ai genitori, suddivisi in sei categorie: dai futuristi ( quelli che riversano ogni tipo di speranza sui propri figli) agli obiettivi (quelli del “Non perché è mio figlio ma…”) passando per i passe-partout (quelli che si propongono per guidare i pulmini o stirare le magliette) e i tecnici: “Perché in Italia siamo tutti un po’ allenatori”. Insomma, la chiave è avere dei genitori “neutri”, quelli che guardano la partita senza eccessi e la cui domanda finale al figlio è “Ti sei divertito?”.
A chiudere il tutto c’è la postfazione di un altro campione del Mondo. Dal 1982 al 2006, da un portiere ad un bomber di razza, da Giovanni Galli a Luca Toni: “Divertitevi a fare ciò che vi piace – le sue parole – il resto verrà. Ragazzi, non importa quanto tempo ci vorrà, l’importante è dedicare tutto se stessi. Così sono riuscito ad andare lontano, rimanendo sempre quel ragazzo che si diverte da matti a tirare calci ad un pallone”. Il prossimo Luca Toni, magari, si nasconde in qualche campo di periferia o sta muovendo i suoi primi passi nel mondo del calcio. Chissà che Giacomo, con le sue 200 pagine di consigli e testimonianze, non lo aiuti a sbocciare. Questo sì che sarebbe il gol più bello della sua vita.