L’escalation, la rissa con Musacchio, l’esonero lampo: ecco il Marcelino allenatore che piace all’Inter
Si scrive Marcelino ma si legge Marselino. Spagnolo, precisamente asturiano, come Luis Enrique. Ergo: un tipo dal carattere forte. Molto forte. Spesso vero e proprio caratteraccio. Il precedente è davvero bello fresco. Nove agosto, quasi tre mesi fa: amichevole estiva tra Depor e Villarreal. All’intervallo scoppia una discussione tra l’allenatore – Marcelino, appunto – e il difensore argentino Musacchio, scontro duro che diventa furibondo col passare dei minuti, il tutto davanti al resto di uno spogliatoio sbigottito. Nervi tesissimi e giocatore fuori controllo, irritato soprattutto per come si è sentito trattato: senza rispetto e senza più fascia da capitano al braccio. Totalmente delegittimato. Il 10 agosto Marcelino viene esonerato dal Villarreal, clamorosamente, a sorpresa. Con una squadra che il 17 agosto avrebbe dovuto giocare il tanto sudato e sognato preliminare di Champions contro il Monaco. Poi perso, non per caso. “Divorzio inevitabile” commenterà il presidente del club. Alla base quella rissa lì, chiaramente. Tra l’altro raccontata per filo e per segno da uno screen molto poco privato che tutt’oggi è facile rintracciare su Twitter cercando #Marcelino #Musacchio: “Marcelino ha detto a Mateo che avrebbe continuato solo uno dei due. I capitani della squadra hanno parlato con Roig e gli hanno rivelato di non sopportarlo più. Nessuno lo tollerava più. Roig ha optato per la soluzione più semplice, per il bene del gruppo”. Ma c’era dell’altro: la sintonia con la proprietà si è deteriorata nel tempo, anche per colpa di un mercato tutt’altro che in sinergia. Eppure i risultati sono sempre stati ottimi, anzi superlativi. A dimostrazione delle qualità dell’allenatore: prende in mano il Villarreal nel gennaio 2013 e conquista la promozione in Liga, subito, al primo colpo. L’anno successivo tocca la sesta posizione e si prende la qualificazione in Europa League. L’anno dopo, stesso risultato, identico, spiaccicato. Esce agli ottavi di EL. Al quarto si è preso la quarta piazza in campionato, dietro le big, raggiungendo la Champions via preliminare. E si è fermato in semifinale di Europa League, eliminando il Napoli di Sarri e Higuain. Bene no? Benissimo. E diamo a Marcelino quel che è di Marcelino. Un modulo di riferimento: 4-4-2. Con le ali che spingono e ‘almeno uno dei due centrali di difesa che sia rapido’. L’anno scorso ha avuto e goduto di Bailly, ora allo United. Lo stile di gioco è molto alla Klopp. “Mi annoia una squadra che fa l’80% di possesso e tira tre volte in porta. Io voglio che la mia squadra tiri in porta più volte possibile”. Ha allenato fior fior di talenti: Vietto, Dos Santos, Denis Suarez, Castillejo, Soldato, Bakambu. Conosce il significato di ‘valorizzare’. Si definisce un allenatore ‘analista, costante, esigente’. Come persona: ‘sincero’. Quando uno dei suoi la mette, lui esulta come un pazzo. Ricorda un po’ Conte. Ma quando perde… ‘Reagisco male. Però cerco sempre di trovare le soluzioni’. Troverà la medicina giusta anche per questa Inter? Dipende. Prima però devono consegnargli il camice da medico e tutta l’attrezzatura necessaria. Aggiornamenti attesi nel weekend ma la candidatura di Marcelino prende sempre più quota, insieme a quella di Pioli. Leggere QUI per capire. E c’è un aneddoto curioso sul recente passato dell’allenatore spagnolo perché Marcelino – giusto qualche settimana fa – è stato ad un passo dal… Valencia. Quello che adesso è di Prandelli. Prima di contattare l’italiano ex Fiorentina, il club di Lim aveva sentito e scelto lui, lo spagnolo. Marcelino. Ma la RFEF disse no, per regolamento. “Se si risolve il vincolo contrattuale tra il club e l’allenatore in X anno… quest’ultimo non potrà esercitare la propria professione in un altro club di Liga nello stesso X anno”. Articolo 162. Fermo. Inderogabile. Intransigente. Come il carattere di Marcelino. E quella pronuncia – Marselino – che probabilmente servirà anche a noi italiani.