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Le 5 cose più belle di Euro 2016

Un mese di calcio, di emozioni, di lacrime e gol, anche di momenti di tensione dovuti agli scontri nelle città francesi. E’ stata un’edizione degli Europei lunga e con più partite, complice la formula allargata a 24 squadre. C’è stato più spazio per le sorprese, per le storie, per le conferme o le delusioni: Parigi, ferita al cuore solo 7 mesi prima, ha aperto e chiuso i giochi. Il 10 giugno a Saint-Denis c’era voglia di rivalsa, di tornare a sorridere grazie al calcio, c’era speranza. Ieri, un mese dopo, c’era tanta delusione, facce tristi e un po’ disilluse. E’ bello pensare però che nonostante la sconfitta, la Francia la sua rivincita l’abbia avuta lo stesso, perché 7 mesi dopo QUEL dolore, quello provato ieri altro non è che un momento di tristezza dal quale si può ripartire. E poi? Cosa ci lascia questo Euro 2016? Abbiamo provato a scegliere le 5 cose più belle di questi trenta giorni:

1. I gol – Non si può non partire dall’essenza. Perché tutto poi si riduce a quello che accade in campo. E di gol da ricordare ne abbiamo visti. La rovesciata di Shaqiri nell’ottavo di finale Svizzera-Polonia; il missile di Payet nell’opening match Francia-Romania. Il palo-gol di Hamsik, con quella porta che ancora trema. Robson Kanu che manda al bar la difesa belga. E poi il tacco di Cristiano Ronaldo nel momento forse più difficile del suo Portogallo e perché no… Anzi, decisamente sì: il tiro della vittoria di Eder in finale.


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2. Sogna Islanda, sogna – Storia di un esodo, quello del popolo islandese. Sui circa 323.000 abitanti di questa isola magica, circa il 7/8 % era allo stadio in occasione della partita vinta contro l’Inghilterra. Come se quasi 5 milioni di italiani avessero invaso Parigi per l’ottavo contro la Spagna, per avere un’idea. Impossibile non innamorarsi di questo sogno nordico, freddo nel clima ma caldo nelle emozioni: del geyser sound, dei portieri/registi e dei CT/dentisti, del telecronista impazzito. Appuntamento in Russia, si spera: winter has come.


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3. L’Italia s’è desta – Brucia ancora la notte di Bordeaux. Brucia per come è arrivata l’eliminazione, perché dopo il pareggio di Bonucci sembrava che anche stavolta a piangere sarebbero stati i tedeschi. Eppure l’Italia di Conte verrà ricordata, anche se non ha vinto. Perché una nazionale povera tecnicamente si è fatta rispettare e temere da tutti; perché come spesso ripetuto da loro, è stata una squadra e non una selezione. L’unità del gruppo e d’intenti era tangibile. E l’orgoglio che resta non deriva tanto dal passaggio da “forse non superiamo il girone” a “dai che lo possiamo vincere l’Europeo”, ma da come è avvenuta questa evoluzione. Le lacrime di Buffon, le follie di Conte in panchina, gli attributi: niente coppa, ma tante immagini. E un ritrovato senso d’appartenenza.


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4. Brexit? No grazie – Mentre in patria il 51,7% votava per uscire dall’Europa, il Galles lottava per rimanere più a lungo possibile dentro l’Europeo. E quasi ci riusciva, fermato solo dal Portogallo ad un passo dalla finale. Bale uomo squadra, tutti d’accordo. Ma senza dimenticare Ramsey, più vicino ad una finale europea in un mese con la sua nazionale, che dopo anni con l’Arsenal. E non solo: Williams, l’ex cameriere e benzinaio che impatta col Belgio; Robson Kanu, il disoccupato che firma il sorpasso. Quella del Galles è sembrata la prima traversata in un mare sconosciuto, con una ciurma non troppo attrezzata. Altro che naufragio però: magari non è stato raggiunto il porto, ma la terraferma sì.


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5. Il destino splendido e crudele – 4 luglio 2004, Lisbona. Si consuma il dramma sportivo del Portogallo, sconfitto in finale dalla Grecia (!) nell’Europeo giocato in casa. “Se non abbiamo vinto oggi, non vinceremo mai più” è il pensiero diffuso. E invece… A volte basta solo saper aspettare. 12 anni dopo la costante sembra essere ancora una volta negativa: le lacrime di Ronaldo, quella notte per la sconfitta, ieri per un infortunio che gli impedirà di continuare la partita. Poi però succede che entra un semi-sconosciuto, succede che segna e fa vincere l’Europeo al Portogallo, da sfavorita, in casa della favorita. Il destino ha la sua puntualità, anche quando, o forse soprattutto, sembra davvero improbabile sia così. Solo una vittoria nei 90′ (ma nemmeno una sconfitta, c’è da dirlo); un allenatore poco conclamato che però un’identità a questa squadra l’ha data; tanti giovani di talento, qualcuno con un po’ d’esperienza alle spalle, ma, a parte Ronaldo, nessun campione già fatto. Tutto questo però al destino non importa: dopo tanto togliere, ieri notte ha finalmente deciso di restituire. E Ronaldo piange ancora: stavolta per la felicità, mentre alza la coppa.


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