Questo sito contribuisce all'audience di

Juventus, Allegri: “Quando firmai chiesi che fosse inserito un bonus per la Champions. Pensavano scherzassi…”

Dopo tre scudetti, tre supercoppe italiane e due coppe Italia a Massimiliano Allegri manca la consacrazione a livello europeo: che sia l’anno giusto? E dire che due anni fa, quando prese il posto di Antonio Conte, in pochissimi credevano in lui:

“La situazione era difficile” – si legge nelle pagine del Corriere dello Sport – “La squadra cambiava allenatore dopo una settimana di ritiro. Ma io arrivai sereno. Ero tranquillo, sapevo di avere una grande squadra. Quando firmai il primo contratto per la Juventus chiesi che fosse inserito un bonus per la vittoria della Champions. Pensavano scherzassi. Siamo arrivati in finale e per poco…”. Dopo due anni la rosa ha subito pesanti cambiamenti. Non si può certo più dire che sia la Juventus di Conte… : “La Juventus è favorita per il raggiungimento di un obiettivo storico, il sesto scudetto. Poi vorremmo vincere la Supercoppa, la Coppa Italia. Non sarà facile nulla di tutto questo, ma abbiamo il dovere e la possibilità di farcela. Per la Champions la sfida più dura è ora. In due partite con il Lione ci giochiamo la qualificazione. E’ una sorta di eliminazione diretta. Ma ho fiducia, la Juve è un’ottima squadra, deve migliorare la qualità del gioco ma sta crescendo.  Abbiamo cambiato sedici giocatori in due anni, campioni come Pirlo, Vidal e Pogba a centrocampo, ma non mi spaventa ricostruire: è faticoso ma stimolante. La società mi ha messo a disposizione sei nuovi, ottimi, giocatori. Come fatto con Dybala cerco di inserirli nel modo giusto”.

Nel corso dell’intervista l’allenatore toscano torna indietro nel tempo, quando tutto cominciò: “La prima volta che ricordo di aver giocato davvero è quando avevo nove anni. Mi portarono a giocare nel campo dei portuali di Livorno. Un mio amico più grande mi disse che per farmi prendere nella loro squadra avrei dovuto dire che volevo giocare terzino, perché era il ruolo in cui nessuno voleva farsi incastrare. Poco dopo l’allenatore, che capiva di calcio, mi mise a fare il centrocampista davanti alla difesa. La posizione in cui avrei finito la mia carriera. La partita la giocammo con quelli di undici anni, due più di noi. Io pesavo trenta chili e il vento mi portava via. L’incontro si svolse nel campo dedicato ad Armando Picchi e la società che aveva il suo nome fu quella in cui proseguì la mia avventura nel calcio. Mio padre lavorava da operaio al porto, mia madre faceva l’infermiera. Mi seguivano quando giocavo e ancora l’anno scorso, dopo avermi visto in tv, mia madre mi ha telefonato per dirmi che in panchina urlavo troppo e che dovevo stare attento a non sentirmi male”.

L’Allegri calciatore era un trequartista dai notevoli mezzi tecnici, ma è rimasto un capolavoro incompiuto: “Io allora non avevo la testa giusta e questo era un mio limite. Però quello che sono riuscito a fare da calciatore l’ho stipato in una valigia mentale che ho portato con me quando sono diventato allenatore. I migliori sono ex centrocampisti? E’ vero, lo dicono i dati di fatto. Il centrocampista sta in mezzo al campo, partecipa a tutte le fasi di gioco, è sempre coinvolto e conosce le fasi di attacco, di difesa e soprattutto di impostazione del gioco. Il bravo allenatore è quello che fa meno danni. Quello che devi saper fare è interpretare bene la partita, prepararla bene, fare i cambi giusti. Insomma, devi dare un ordine. Bisogna saper gestire venticinque aziende, uomini di venti o ventidue anni. Un buon allenatore deve aiutarli a comprendere il rapporto tra il luccicare di una carriera luminosa e breve e il possibile buio successivo. Poi un allenatore deve saper insegnare calcio: a crossare, a dribblare, a fare un lancio. Poi serve attenzione a alimentazione e psicologia. Io parlo molto, anche individualmente con i calciatori. Non perderli, restituire voglia e motivazioni a un ragazzo in crisi è uno dei compiti più difficili di un allenatore moderno. I miei giocatori io li difendo sempre, nessuno me li deve toccare”.

Sarri? Un giorno quasi cambiavano mestiere… :”Micidiale, faceva un freddo becco, un vento terribile. Uno zero a zero senza neanche un tiro in porta. Uno spettacolo desolante. Sarri allora pensava a non prenderle. Giocava con il 4-1-1-1-1-1-1. A parte gli scherzi, alla fine giustamente gli spettatori ci insultarono dicendoci di andare a lavorare. Abbiamo seguito tutti e due il loro consiglio”. Miglior giocatore allenato? Il “professore”, Seedorf: “Ho avuto la fortuna di allenare campioni immensi: Pirlo, Nesta, Tevez, Ibra, Gattuso, per non citare quelli della mia Juve di oggi. Se mi chiede un nome le faccio quello di Seedorf, aveva una personalità e un carisma in campo…”. Chi è il miglior allenatore del mondo per Allegri? “L’allenatore migliore è quello che vince di più. In questo senso rispondo Guardiola e Ancelotti. Non esiste però un solo metodo per allenare bene e vincere tanto. A volte ci sono allenatori che preparano benissimo le partite e perdono e altri che non la preparano per nulla e vincono. Questo è il bello, e anche il mistero, del calcio”.

Cosa cambierebbe l’ex Milan del calcio moderno?”Una cosa che ci tengo a dire è che penso sia sbagliato far durare tanto il calciomercato, che finisce a campionato iniziato. Non può durare sessanta giorni, va chiuso il 15 luglio, in modo che in ritiro e nel precampionato i giocatori siano tranquilli e gli allenatori possano impostare la squadra con chi ci sarà. Va a scapito del livello tecnico e della progettualità del nostro calcio e se ne vedono le conseguenze nei turni preliminari delle coppe europee”. E a gennaio? “Altra cosa assurda. Quella finestra andrebbe spostata a novembre, per dare continuità agli assetti tecnici e serenità ai giocatori, liberando tutti dalle comprensibili ma non virtuose pressioni dei procuratori, perché i ragazzi vengono schierati, al fine della loro valorizzazione, in un mercato permanente”.

In chiusura d’Intervista Allegri indica i migliori giovani italiani: “Ovviamente Donnarumma, poi Locatelli, Pellegrini, Berardi, Romagnoli e Rugani. La generazione dei nati nella seconda metà degli anni novanta genererà, dopo i mondiali del Qatar, una nazionale fortissima. Kean? E’ un ragazzo davvero forte. In avanti siamo messi bene, ma non escludo che prima o poi il ragazzo si affacci in prima squadra”.