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Data: 23/04/2020 -

Viviano: “Orgoglioso che l’Inter abbia pensato a me, ora non vedo l’ora di tornare a giocare. E quando smetto...”

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Le magliette all'asta per dare un contributo agli ospedali impegnati nella lotta al Coronavirus, la voglia di tornare tra i pali e quella, una volta appesi i guantoni, di sedersi in panchina. E poi l’amore per la sua Fiorentina, gli anni di Genova, il cerchio da chiudere a Brescia e la maglia dell’Inter per due volte accarezzata. Emiliano Viviano si racconta così a Casa Di Marzio, partendo dal momento attuale e dalla sua voglia di ripartire.

“Sono a casa come dobbiamo stare tutti, ma la voglia di tornare in campo è tanta: - per l’ex portiere, tra le altre di Sampdoria, Brescia e Fiorentina, ancora di più dopo la risoluzione del contratto con lo Sporting Lisbona di fine 2019 e l’attesa di una nuova avventura - sono alle prese tutto il giorno con i compiti dei miei bambini. Più dura allenarsi tutti i giorni o fargli da professore? Il piccolo fa la terza, la grande la quinta: il periodo peggiore dal punto di vista della gestione lo abbiamo passato, - sorride - e poi studiare mi piaceva”. Anche se “non amavo stare troppo sui libri, pensa che mi sono fermato a metà dell’ultimo anno di Ragioneria. Avevo iniziato col Brescia a comportarmi da professionista e non riuscivo più a frequentare, ma non si sa mai un giorno potrei finire”.

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Ripartire da dove aveva lasciato, come sta pensando di fare in questi giorni il mondo del pallone dopo lo stop legato all’emergenza Coronavirus . “Il discorso è lungo e complicato, riguarda il calcio ma anche la vita in generale e l’economia. Non si può stare fermi a oltranza, intendo in generale, il calcio è una conseguenza: perché al di la dei calciatori, dobbiamo ricordare che dà da mangiare a tante persone. Speriamo di ripartire presto, purché si faccia in sicurezza: è chiaro poi che sia anche difficile pensare di ripartire, io vivo a Brescia dove abbiamo visto camion che trasportavano feretri passare per giorni”.

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La sicurezza prima di tutto, subito dopo però la voglia di rimettersi i guanti che mancano dalla fine della scorsa stagione con la Spal “Esperienza breve ma bella, sfido a trovare qualcuno che dica di non essere stato bene lì. Io poi ho continuato ad allenarmi, a gennaio qualche proposta l’ho avuta, ci sono cose che non mi hanno convinto a pieno e altre che non si sono concretizzate, così sono rimasto fermo intenzionato ad aspettare l’estate”.

Poi a febbraio è arrivata la chiamata dell’Inter, maglia accarezzata come nel 2011. “Quell’estate se non ci fosse stato quell’errore nelle buste - il Bologna, per un errore di compilazione del modulo, risultò aver offerto meno dei nerazzurri per il riscatto della meta del cartellino del giocatore - io sarei rimasto in rossoblu, dove avevo passato due anni bellissimi e dove mi trovavo molto bene. Andai in un’Inter che era stratosferica e con molta umiltà chiesi di essere ceduto: poi mi ruppi subito il crociato in allenamento, l’Inter però fu splendida e fece di tutto per farmi restare, mi rinnovarono il contratto. Arrivavo da sette - otto partite da titolare in Nazionale e volevo giocare”. Da lì la scelta Palermo. “La chiamata dello scorso febbraio invece è stata una possibilità legata ad altre condizioni: che Ausilio mi abbia telefonato e che l’Inter abbia pensato a me è motivo d’orgoglio, il mio tesseramento però dipendeva dai tempi di recupero di Handanovic, sapevo tutte le opzioni quindi non c’è rammarico”.

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Quel rammarico che forse un po’ c’è, visto il legame creatosi negli anni trascorsi a Genova, nel non vestire più la maglia della Sampdoria. “Se torno? - chiede un follower durante la diretta Instagram - Io non sarei mai andato via, ora però la Samp ha un portiere bravo, in futuro chissà. Lì sono stato da Dio, società che funzionava bene, ambiente che non devo nemmeno dirlo: hanno una maniera diversa nel vedere e nel vivere il calcio, lo sta dicendo anche Ranieri che di esperienza ne ha un ‘pochino’. Com’era Cassano da compagno di squadra? - altra domanda - Io ho avuto quello migliore, in Nazionale durante le qualificazioni agli Europei del 2012, e poi quello tornato alla Samp che ha fatto più fatica: ma al di là di quello che poteva fare in campo Antonio spostava gli equilibri solo per la sua presenza. Era una roba pazzesca, dove gli altri vedevano centimetri di campo lui vedeva metri”.

E il capocannoniere della scorsa Serie A Quagliarella? “Il giocatore più sottovalutato degli ultimi dieci anni, ma è cresciuto in una generazione pazzesca: Del Piero, Totti, Inzaghi, Toni, Montella, Di Natale, Miccoli. E nel periodo di massima espressione alla Juve si ruppe il crociato, ma è un giocatore fantastico”. Come fantastico è stato per molti tifosi vedere Samuel Eto’o a Bogliasco. “Un campione che non ha bisogno di descrizioni, ma di un’umiltà incredibile: il suo arrivo a gennaio toccò degli equilibri, il peso nello spogliatoio si sentiva. I tifosi della Samp portati fuori a cena? Vero, ma di aneddoti su Samuel ne avrei mille. Ricordo gli aiuti che dava alle persone al centro sportivo dell’Inter, gli chiedevi se nei suoi viaggi tra Londra e Milano ti prendeva un paio di scarpe che facevi fatica a trovare, lui te le regalava”.

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Dallo spogliatoio alla scrivania, sul presidente Ferrero arrivato a Genova con lui nell’estate del 2014. “Forse sono stato il suo primo acquisto: con lui avevo e ho ancora un rapporto eccezionale, mi sono sempre trovato bene e dal punto di vista societario in questi anni ha fatto grandi cose, penso ad esempio a Casa Samp: poi ovvio, devi prendere il pacchetto completo, abituati a Garrone e Mantovani è capibile che alcuni tifosi abbiano faticato ad abituarsi a modi così diversi”.

Capitolo Fiorentina. “Mia figlia si chiama Viola. - detto tutto - Si parla spesso di un calciatore che è tifoso, chi della Juve chi del Milan: io però ho fatto dieci anni di partite sugli spalti, tutte in casa e spesso fuori. Sono partito dalle giovanili, ero abbonato in Fiesole anche quando giocavo a Brescia. Pensare di passare da lassù, in curva, ad essere quello che gioca in campo: mi sembrava di essere in una dimensione parallela, nonostante a Firenze sia tornato con 250 partite alle spalle, ma il fatto di amare i colori viola non è stata una pressione, anche una partita con quella maglia era il massimo che potessi raggiungere”.

E ovviamente anche l’idolo da bambino aveva la maglia viola sulle spalle. “Da portiere? No, era quella di Manuel Rui Costa, lo adoravo. E sua è anche la maglia della mia collezione alla quale tengo di più, assieme a quella di Gabriel Batistuta. Mi piacevano tanti portieri, ma non sognavo di essere un portiere in particolare: quando sono cresciuto io c’era la sfida tra Buffon e Toldo, io ovviamente tenevo per il secondo perché giocava nella mia Fiorentina”.

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Dagli anni novanta al presente, un portiere sul quale oggi punterebbe. “Gollini titolare in azzurro? - chiede un follower a Vivio - Ti dico di no solo perché c’è Donnarumma, ma è uno di     quelli che mi piace di più nella maniera di parare: ma sono in tanti bravi, Perin che sta tornando, Sirigu che l’anno scorso è stato il migliore per rendimento. Mancini ha fatto la scelta giusta nel tutelare Donnarumma da tutto e tutti, ma dietro ci sono portieri forti”. Come di giocatori forti ce ne sono nella collezione di maglie che Viviano mostra a Casa Di Marzio. “Vi faccio vedere quella di uno dei giocatori più forti avuti in Italia negli ultimi trent’anni. - spunta la 10 di Totti - Se è il più forte? Sono indeciso tra lui e Baggio, col quale ho avuto la fortuna di giocare a Brescia. Il più forte con il quale ho giocato io invece è Andrea Pirlo: uno dei pochi che riusciva a cambiarere da solo la maniera di giocare di una squadra e non era semplice, spostava gli equilibri da solo.”. Altra maglia, altro campione: Ibrahimovic. “Con questa forse mi fatto tre o quattro gol. - scherza Emiliano - Il Milan ha fatto bene a ripuntaci, perché al di là di quello che può fare in campo alza il rendimento di tutti, poi lo ha dimostrato anche dal punto di vista tecnico. Ibra è Ibra”.

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Dall’attacco alla difesa. “Ecco la maglia di uno dei difensori più forti del mondo: - tra le mano quella di Giorgio Chiellini - ci sono Van Dijk, Sergio Ramos ma lui sta lì”. Qualcuno assistendo alla diretta suggerisce che “Skriniar - ex compagno di Viviano alla Samp - se lo mangia”. “A Chiellini Milan glielo avevo consigliato, dopo un anno che era all’inter mi disse che avevo ragione: Skriniar é fortissimo, però mi permetto, visto che è un amico, deve mangiare ancora qualche panino. Scudetto ancora alla Juve? Se si fa un qualsiasi camipionato nei prossimi quattro o cinque anni la favorita è la Juventus. Anche se la Lazio, sottovalutata, aveva un’ottima chance, l’Inter ha fatto cose eccezionali: purtroppo quando ricomincerà tutto sarà un terno al lotto, ci saranno tanti fattori dei quali tenere conto, ma se devo puntare un euro lo punto sulla Juve”.

Di Cristiano Ronaldo. “Ma tra lui e il Fenomeno tutta la vita il secondo: con tutto rispetto per Cristiano che è un grande professionista, ma Ronaldo è stato il primo ad andare a quelle velocità quando ancora non si conoscevano. Io mi sono innamorato, la prima volta che l’ho visto dal vivo sono impazzito”.

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Chi ha visto crescere invece è Bruno Fernandes, suo compagno alla Sampdoria e protagonista dell’ultima sessione di mercato. “Crescita totalmente aspettata, perché si vedeva che aveva qualità superiori: poi fare 33 gol da centrocampista non è da tutti, a Manchester in poco tempo ne ha già fatti due. Devi avere qualcosa a livello caratteriale per crescere così, anche se lui ha un carattere silenzioso: ma è molto umile, a Lisbona da capitano ha chiesto a me che ero ai margini dei consigli. Lo sento spesso, non è mai cambiato, sa da dove viene e cosa vuole fare“.

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Come sa cosa vuole fare una volta smesso di giocare Emiliano Viviano. “Mi siederò in panchina e farò l’allenatore: due o tre anni fa pesavo più ad un ruolo dirigenziale, da direttore sportivo, ora però ho capito che voglio allenare. Dal punto di vista caratteriale credo di avere qualcosa per trasmettere delle idee: ho avuto tanti allenatori, giocato in tre paesi, servirà tempo ma penso che la mia strada sia quella. Gli esempi? Ne ho avuti tanti: per allenare bisogna far coincidere idee in campo e capacità di gestione, invecchiando cresci e capisci - io che con gli allenatori ho litigato praticamente con tutti vista la mia testa - alcune delle dinamiche che devono affrontare loro. Giampaolo ad esempio è bravissimo in campo, metodico, prolisso, allenamenti lunghi. Prandelli bravissimo anche lui in campo ma in modo diverso, è capace a stringere i tempi. Cosmi e Zenga (avuti a Brescia e a Genova) dal punto di vista gestionale sono pazzeschi. Mazzone? (avuto agli inizi a Brescia) Come alla sua età sapeva rapportarsi e gestire i giocatori è una cosa da fare propria. E poi Malesani, grande allenatore e persona meravigliosa, una delle poche sincere nel mondo del calcio: mi dispiace sia uscito dal mondo del pallone e con una certa etichetta. Mihajlović? È uno diretto, lui ha un metodo prima di prendere un giocatore: sull’aspetto tecnico non ha bisogno di consigli da nessuno, poi però vuole sapere chi sei e incomincia a chiedere a tutti. E la risposta nel mio caso è stata sempre la stessa: “Una testa calda”. E lui allora: “Ok, allora lo voglio”. Io e Sinisa ci siamo annusati, ci assomigliamo. Abbiamo un rapporto speciale, e con lui ho litigato tante volte: tutte dicendoci sempre quello che pensavamo pee poi ripartire, questo fa con i giocatori che stima. Dallo Sporting mi hanno contattato prima che lui diventasse allenatore, ma io non pensavo di lasciare Genova: poi le strade si sono separate e allora ha iniziato a chiamarmi. “Che fai, vieni”. Una, due, tre volte. Alla fine sono andato, ma non ho avuto il piacere di lavorare di nuovo con lui”. A causa dell’esonero di Mihajlović.

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Storie passate, con lo sguardo rivolto ad un futuro in panchina tutto da scrivere. “Ma non ora, ho ancora tanta voglia di giocare. - ‘È tempo di tornare a Brescia’ gli suggerisce un commento alla diretta. - Ho sempre detto che mi sarebbe piaciuto chiudere il cerchio e venire a Brescia a finire la carriera e così vorrei fare, solo che non mi sento vicino al chiudere: non mi va di venire un anno e poi andare via per giocare altrove, se ci sarà la possibilità vedremo”. Ancora il tempo per qualche risposta ai tanti messaggi. “Cosa penso di Zaniolo? Mi ha impressionado per la forza, ha un motore pazzesco nelle gambe: lo conosco bene, ho giocato contro suo papà, ha testa e mi piace anche come ragazzo. Un altro bravo è Chiesa, che effetto vederli in campo avendo affrontato i genitori. Ma sono tanti i compagni di squadra che ora fanno gli allenatori o i dirigenti. Penso a Di Biagio, a De Zerbi. Roberto allenatore in campo? Assolutamente no, zero. Non ci avrei puntato sul tavolo una moneta, ve lo dice anche lui: ha smesso per i tanti infortuni, ha provato a fare l’allenatore e si è innamorato, ora è il più bravo tra i giovani”. Tempo quasi scaduto, è l’ora dei saluti, con un‘iniziativa speciale". 


Con la Onlus ARENBÌ stiamo organizzando un’asta benefica con un pò di maglie mie scambiate negli anni e un pò di quelle che ho chiesto ai colleghi: Zapata, il Papu, Candreva e Immobile. La 22 di Borriello alla Roma e tante altre. Il ricavato dell’asta andrà ad aiutare gli ospedali della zona nella lotta al Coronavirus”. Per contribuire a vincere tutto insieme la partita più importante.

Tags: Serie A



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