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Sono passati nove anni dalla prima volta che Conte e Vidal si sono incontrati professionalmente. Il cileno era uno degli acquisti su cui fondare una nuova Juventus vincente dopo anni di mancati successi, e a distanza di tanti anni le strade dei due tornano a intrecciarsi con lo stesso obiettivo.

L’Inter è la nuova Isola di Arturo, ma anche la casa di Conte, uno degli allenatori chiave del suo successo. Con lui Vidal ha trovato la miglior stagione della carriera, lo strepitoso 2013/14 dei 102 punti chiuso con 11 gol in campionato, mai segnati così tanti né prima né dopo. L’anno prima ne fece 7, quello successivo 10: ecco perché Conte lo ha voluto fortemente, perché in pochi giocatori come in Vidal ha trovato carattere e gol in grado di cambiare le sorti dei campionati.


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Ha valorizzato al meglio le sue doti da centrocampista di inserimento, ruolo che gli cucì alla perfezione addosso Jupp Heynckess al Bayer Leverkusen, allenatore che poi si sarebbe ritrovato anche per un breve periodo al Bayern Monaco. Nella sua prima tappa tedesca però era anche il rigorista della squadra e il 60% delle reti arrivarono proprio dal dischetto prima della consacrazione da centrocampista goleador su azione trovata con la maglia bianconera.

Per quella posizione Conte lo ha voluto di nuovo in tutti i modi: interno nel 3-5-2 con libertà di inserirsi, finalizzare, essere anche l’anima emotiva della squadra. Ruolo che non è riuscito ad avere a Barcellona, o che quantomeno non è riuscito a fare suo, né con Valverde, né con Setién: ha dovuto combattere in entrambe le stagioni con Arthur per una maglia da titolare, è riuscito a dare tanto sia sul lato realizzativo che caratteriale, ma l’impatto lasciato non è stato lo stesso di Torino e Monaco di Baviera.


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Spesso ha giocato partite di grande spessore, vedi la trasferta di Anfield dove è stato probabilmente l’unico a salvare la faccia, o a farlo più di tutti gli altri. Eppure quel feeling non è esploso e con il cambio di panchina il suo addio è stato inevitabile.


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La rigenerazione di un talento per una nuova generazione dell’Inter. Possibilmente vincente, da ricostruire assieme a lui, come in quell’estate di nove anni fa in cui conobbe Conte e fu parte integrante di un progetto tecnico che poi ha dominato in lungo e in largo nel calcio italiano. Creato da loro e con l’obiettivo di essere interrotto da loro.