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Serie A, infortuni e responsabilità: “Io preparatore sono il principale responsabile”

Il nostro percorso continua. In un sentiero diverso dal solito, forse delicato, ma certamente prezioso per immergerci ancor di più nel mondo del calcio. Perché in Serie A qualcosa non funziona come dovrebbe. Questione di tattica e vittorie? Non proprio, anche se i risultati sarebbero la logica conseguenza del tema che – per primi in Italia – abbiamo deciso di portare finalmente alla ribalta: ovvero quello dei troppi e ingiustificati infortuni nel nostro campionato. Insomma, noi di GianlucaDiMarzio.com abbiamo deciso di andare oltre, facendoci strada grazie al migliore degli alleati: la biologia umana. Oltre che al fondamentale contributo di diversi esperti e addetti ai lavori. Dai medici (leggi qui l’intervista a Fabrizio Angelini – direttore del J Mecial – relativa all’importanza della Vitamina D) ai preparatori atletici (leggi qui l’importanza della forza nell’intervista a Claudio Tozzi). Oggi, però, è il turno di un altro uomo di campo: Paolo Terziotti, professore a contratto in ‘Scienze e tecnologia applicata al calcio’ all’Università di Ipswich. Nel suo CV, inoltre, spicca la grande esperienza da preparatore atletico nell’Al Jazira, Legia Varsavia e Lech Poznan, partecipando svariate volte alle competizione europee, dalla Champions all’Europa League. Preparando giocatori di talento, da Linetty a Dawid Kownacki, passando per Nelson Valdez, Tomas Galasek e molti altri.

La responsabilità di un preparatore

Alcune squadre italiane, senza entrare subito nello specifico, sembrano fatalmente vessate da una terribile epidemia. Anche se, forse, come sosterrebbe la stragrande maggioranza degli addetti ai lavori, è soltanto colpa del caso. Della serie: “Siamo perseguitati dalla sfortuna. Forse dobbiamo lavorare di più…”. Esatto, trattasi dell’annoso ritornello di chi non cerca di andare oltre la banalità. Di chi non ha voglia e tempo di capire perché sempre più giocatori continuino a rompersi crociati e a subire vere e proprie ecatombe muscolari. Paolo Terziotti, però, la pensa esattamente in un altro modo: “Il primo infortunio al bicipite femorale che ho avuto l’ho considerato come un mio errore”. Già, questione di responsabilità: “In 15 anni di esperienza come preparatore atletico nel calcio non ho mai avuto un giocatore che è andato sotto i ferri. Quando lo dico la gente non ci crede. La chiave principale per non avere gravi infortuni è appunto la responsabilità. Io parto sempre da un presupposto: ogni infortunio che succede nel calcio è sempre dovuto ad un problema dovuto alla preparazione e al lavoro sbagliato in settimana dal preparatore e il suo staff. Ovviamente senza contare gli infortuni dovuti al contatto diretto con l’avversario, dagli scontri di gioco agli interventi fallosi. Lì sì, trattasi di sfortuna. I presidenti dovrebbero prendere i preparatori e metterli davanti alle proprie responsabilità. Magari, per esempio, inserendo bonus se a fine stagione si hanno meno infortuni rispetto alla media. Ci vorrebbe una maggior collaborazione”.

Precisione

Bene Paolo, entriamo nel dettaglio: “I problemi fisici nel calcio sono quasi sempre gli stessi. Partendo dalla responsabilità ho analizzato in maniera precisa i classici infortuni, capendo quali sono i punti deboli su cui lavorare per diminuirli. Ah, gli infortuni, nel calcio, sono 6 volte superiori nelle partite rispetto all’allenamento”. E allora cosa vuol dire questo dato? “Significa che, se la statistica è così evidente, non può essere assolutamente solo questione di sfortuna. Perché se fosse solo un fattore determinato dal caso, allora i dati dovrebbero essere simili sia per la partita che per l’allenamento. In realtà il rapporto è di 27.5 vs 4.1 (Ekstrand et al. 2011), quindi sono 6.7 volte maggiori quelli che occorrono durante la partita. Questi sono i dati dei rapporti annuali dell’UEFA”.

Errori

E’ l’allenamento che porta ad una maggiore incidenza di infortuni nel corso delle partite. I calciatori, tendenzialmente, hanno quadricipiti troppo forti e sviluppati rispetto alla parte del bicipite femorale, più debole. Il crociato rischia di rompersi quando c’è poca propriocezione, ovvero la capacità delle articolazioni di reagire a situazioni non naturali e imprevedibili. Il crociato che fa crac, molto probabilmente, è dovuto ad una povertà di sensori propriocettivi associato ad una debolezza del bicipIte femorale. E se il quadricipite di un calciatore di per sé è abbastanza potente, bisognerebbe equilibrare la sua parte posteriore, ovvero il bicipite femorale. Si deve lavorare sull’equilibrio e all’incremento della forza. Spesso, però, non si va a vedere la precisione del compimento del gesto. Oppure si eseguano esercizi troppo difficili, non adatti al singolo giocatore, che quindi non risultano efficaci”.

Metodo

Ogni esercizio che faccio in palestra e sul campo deve essere utile allo sviluppo delle capacità fisiche e soprattutto deve essere funzionale alla prevenzione degli infortuni. Spesso, invece, si fanno allenamenti che migliorano le performance, ma che poi hanno degli ‘effetti collaterali’ sulla condizione fisica generale del giocatore, disturbando certi equilibri. Uno degli esempi fondamentale è quello degli infortuni dell’adduttore, i quali sono legati molto spesso ai problemi dell’ileopsoas. Ovvero un muscolo del bacino costituito da due ventri muscolari. Io lo chiamo il ‘grande nemico. Porta ad uno squilibrio del bacino, facendolo ruotare in avanti (anteroversione). Portando problemi sia alla schiena che a tutta la parte del pube. Questo muscolo viene attivato troppo negli esercizi di un giocatore, facendolo accorciare troppo e paradossalmente diventando troppo forte. Anche molti esercizi degli addominali lo attivano”. E quindi è un muscolo da non allenare? “Esatto, quanto meno si dovrebbe evitare di farlo intervenire. In genere sono le compensazioni che si fanno in palestra, basta a volte una piccola compensazione del bacino e questo muscolo interviene. E’ un flessore del bacino e della gamba, lavora sulle due estremità. Stando attenti a questo muscolo si fa già prevenzione agli adduttori, alla schiena e al pube, spesso regioni che danno problemi ai giocatori. E negli adduttori c’è un altro problema: sono semplicemente troppo allenati, il tiro di piatto ad esempio è fatto con l’adduttore. E quindi sulla forza di questo muscolo non bisognerebbe lavorare. Io non lo rinforzo, semplicemente lo allungo”.

Prevenzione

Ma il problema principale del calcio è il bicipite femorale. Salta quasi sempre a tutti, e quindi come prevenire questo problema? “Il crociato è quello che porta più tempo fuori dal campo. Il bicipite femorali invece è quello che occorre più spesso. E un bicipite femorale debole va incontro al rischio di rottura di sé stesso e anche di non equilibrio al ginocchio. E’ quasi sempre troppo debole rispetto al suo antagonista principale, ovvero il quadricipite. Il gluteo è un fattore fondamentale per ‘difendere’ il bicipite femorale. La coordinazione tra il gluteo e il bicipite femorale è di assoluta importanza. Io uso molto i ponti e gli esercizi con la swiss ball per aumentare la forza del bicipite femorale e la sua coordinazione con il gluteo. Il muscolo deve capire quando attivarsi e non entrare in causa. Devo allenare la forza, l’efficacia del gesto e la velocità. E non è una cosa così scontata, soprattutto perché bisogna stare attenti a quando farlo. E si dimenticano spesso gli esercizi di prevenzione del bicipite femorale. Questi esercizi vanno fatti lontano dalla prossima gara. Io li inserisco nel giorno dopo la partita. Durante un microciclo con 3 partite settimanali è l’unico momento in cui sono lontano dal prossimo match. Io punto a preparare il giocatore per giocare più volte a settimana. Se è una settimana lunga, però, è chiaro che metto la sessione di forza a metà settimana”.

La collaborazione preparatore allenatore

E com’è la tua esperienza con gli allenatori? “Gli allenatori hanno la tendenza a fare troppo quando bisognerebbe fare poco”. Ovvero? “Soprattutto nei due giorni prima della partita dovrebbero fare attenzione a non allungare troppo gli allenamenti. Dovrebbero cercare di fare allenamenti corti e poco intensi. Permettendo al calciatore di recuperare le energie psico-fisiche evitando di affaticarlo”. Insomma: bicipite femorale da potenziare, ileopsoas da non attivare, tanta propiocezione e il grande tema della responsabilità. Sì, la ricetta di Paolo Terziotti è forte e chiara.