Il
nostro focus sulla salute dei giocatori continua. Nei precedenti
articoli abbiamo parlato di recupero, alimentazione e dell’importanza dell’allenamento con i pesi legato alla forza. Tutti fattori
fondamentali per diminuire il rischio di infortuni e per avere un
calciatore in salute e performante. Oggi, però, vogliamo far luce su un
altro tema specifico e spesso sottovalutato nel mondo dello sport e non
solo: quello dell’integrazione della Vitamina D.
Ovvero un gruppo di pro-ormoni liposolubili, costituto da 5 diverse
vitamine, le cui due più importanti forme sono la D2 e D3
(colecalciferolo). La fonte principale di Vitamina D è la radiazione solare,
ma la nostra limitata esposizione al sole - soprattutto nella stagione
invernale – può portare ad una carenza di questa preziosa vitamina. In
passato la Vitamina D era conosciuta principalmente per il suo ruolo
essenziale nella salute delle ossa e nella regolazione del calcio. In
realtà si è arrivati a comprendere come sia costituente basilare di
parecchie funzioni fisiologiche dell’organismo. Scopriamo assieme quali,
soprattutto contestualizzandole alla salute dei calciatori, capendo
come essa sia fondamentale per la prevenzione e il recupero dagli
infortuni. E per questo noi di GianlucaDiMarzio.com abbiamo deciso di farci strada grazie a due professionisti in materia. Con noi hanno deciso di partecipare Claudio Tozzi,
il più grande esperto di preparazione atletica sulla forza in Italia,
(tra i suoi allievi Tiberio Ancora, attuale personal trainer del
Chelsea), autore di BIIOSystem, libro bestseller sull’allenamento e il
Prof. Fabrizio Angelini,
responsabile di dietologia e nutrizione sportiva del J Medical e del
settore nutrizione e supplementazione di Sampdoria ed Empoli (oltre che
al team VR 46 e molte altre importanti realtà sportive).
I rischi della carenza di Vitamina D in uno sportivo
Entriamo subito nel dettaglio: “C’è
un legame forte e scientificamente dimostrato tra i livelli di vitamina
D nel sangue e le prestazioni dei calciatori professionisti – dice Claudio Tozzi”. Quali? “Una
carenza di vitamina D fa rima con performance ridotte e soprattutto
maggior rischio di infortuni. Questo perché buoni livelli di questo
ormone si traducono in un miglior assorbimento del calcio a livello
osseo e muscolare, con risultati evidenti sulla coordinazione motoria e
muscolare. Sulla forza e la capacità di recupero”. Non solo, importante è
sottolineare come nei vari mesi dell’anno ci sia un andamento variabile
e marcato dei livelli di vitamina D nel sangue dei calciatori (in
particolare d’inverno, quando l’esposizione al sole diminuisce): “I
valori minimi scendono tra gennaio e febbraio. A certificarlo è un
recente studio pubblicato sulla rivista Chronobiology International
condotto da ricercatori dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di
Milano, che ha focalizzato le attenzioni su un campione di 167
calciatori del Bari, Lanciano e Pescara, sottoposti a vari prelievi
sanguigni nell’arco degli anni 2013 e 2014. E nonostante i partecipanti
dello studio fossero giovani sportivi sani, il dato ha evidenziato che
55 dei 167 calciatori presi in esame – il 32,9% – presentava carenze
lievi di vitamina D almeno in una fase dell’anno, mentre 15 di essi – il
9% – mostrava un deficit più marcato di questo ormone. In pratica un
calciatore su tre ne è carente”.
E quando il sole non c'è?
Scopriamo quindi nel dettaglio come questa Vitamina possa migliorare la salute del giocatore, proprio grazie all’esperienza del Dottor. Fabrizio Angelini: “Feci un lavoro alla Juventus nel 2010, dove andammo a vedere il decremento del livello della vitamina D dei giocatori durante la stagione, situazione che era già stata segnalata in letteratura. Ma nel 2010 anche in clinica non si parlava molto di questa vitamina. In generale la si prescriveva in dosi minimali nei casi di osteoporosi. Era una vitamina legata all’osso. In realtà la D è un ormone che ha un’azione precisa nel nucleo cellulare. Ha diversi organi bersaglio ed è una sostanza ad azione precisa. Nei casi clinici c’è una pandemia di deficit di Vitamina D. E viene associata a tante malattie, da quelle muscolari a quelle metaboliche. Anche se non è detto che poi risolvano le patologie semplicemente con la sua integrazione. Ma se siamo Vitamina D carenti, allora dobbiamo integrarla. Nello sport la Vitamina D ha importanza a vari livelli: sull’osso per esempio. Il picco di massa ossea è correlata alla performance sportiva. Ha importanza sul muscolo, sia sulla forza che la potenza. Ci sono dei lavori che la correlano al consumo massimo di ossigeno, il V02MAX, la capacità aerobica massima del muscolo. E’ molto importante nel sistema immunitario. Io stesso la utilizzo nell’approccio delle malattie autoimmuni tiroidee. Sembra in grado di diminuire le infezioni delle alte vie respiratorie nei maratoneti per esempio. Dopo una corsa di endurance nelle 48/72 ore successive c’è un aumento delle tracheite e delle infezioni, in quanto queste corse producono deficit immunitari”.
Gli infortuni sono Vitamina D correlati
Spiega Tozzi: “Le variazioni dei livelli di vitamina D sono inoltre apparse strettamente correlate con i livelli di testosterone e cortisolo, due ormoni che influenzano in maniera opposta le performance sportive. Buoni livelli divitamina D sono infatti associati a elevati livelli di testosterone, l’ormone che contribuisce alla buona gestione dello stress psico-fisico e della forza. Mentre livelli ridotti di vitamina D erano associati a elevati livelli di cortisolo, l’ormone dello stress correlato anche a un maggior rischio di infortuni. Uno studio dei Pittsburgh Steelers (una delle più forti squadre di football americano di sempre NDR) pubblicati nel 2015 sull'American Journal of Sports Medicine è stato particolarmente impressionante. Ha trovato che i livelli di vitamina D erano significativamente più bassi nei giocatori con almeno una frattura ossea. Lo studio ha trovato che i giocatori che si sono infortunati o avevano uno scarso rendimento durante il pre-campionato, avevano livellisignificativamente più bassi di vitamina D rispetto al resto della squadra”.
E allora, grazie anche
all’esperienza nella medicina sportiva del Professor Angelini, scopriamo
il ruolo della Vitamina D nella prevenzione e nel recupero degli
infortuni: “Nel
football americano i soggetti che avevano una maggiore carenza di
Vitamina D si infortunavano più spesso. Ed è importante integrarla nella
fase post infortuni. Quindi, per esempio, nell’atleta che ha subito una
frattura ossea o nel giocatore che ha un problema muscolare. A volte
nello sport non c’è l’approccio multidisciplinare. Noi ci occupiamo
tanto in clinica nel recupero della forza muscolare. Se un atleta sta
due mesi a letto per recuperare da un infortunio, oppure ricomincia la
riabilitazione solo con la fisioterapia, come gli atleti che subiscono
l’intervento del crociato, l’utilizzo della Vitamina D assieme alla
creatina e sostanze che contrastano la diminuzione della massa muscolare
è assolutamente consigliato. La Vitamina D è una sostanza con
moltissime azioni interessanti. Senza aver fatto l’esame e il dosaggio
noi non sappiamo se andiamo a somministrare quel metabolita della
Vitamina D che ci serve davvero. Va integrata secondo le esigenze. I
range di questa vitamina sono sottostimati. Il livello base si assetta
sui 50, e non sui 30 come si pensa per la normalità di laboratorio.
Certi effetti nello sport si raggiungono con un range più importante.
Gli atleti che tornano dalle vacanze, in particolare in posti con tanto
irraggiamento solare, hanno livelli sufficienti. Poi cominciano a
calare, soprattutto in inverno, in quel caso noi facciamo una
individualizzazione personale attraverso l’integrazione. Sia alla
Sampdoria che all’Empoli, nel nostro protocollo di esami c’è sempre la
valutazione della Vitamina D. Ha un impatto prezioso sul sistema
osteomuscolare. Ovviamente bisogna somministrarla solo dopo averla
dosata, in modo da capire come integrarla per ristabilire i livelli nel
sangue a seconda delle esigenze. I range della Vitamina D clinici sono
sottostimati, in uno sportivo partono da una soglia ideale di 50 ng / ml
nel sangue. Il discorso della normalità di laboratorio è spesso
fuorviante in uno sportivo”.
Le società devono monitorarla ai propri giocatori
E in uno sportivo professionista, come conciliare l’integrazione con l’allenamento? “Purtroppo, stando alle stime, la quota di popolazione con un deficit arriverebbe fino al 70 per cento del totale – spiega Claudio Tozzi. Alle nostre latitudini, infatti, non è possibile, nemmeno esponendosi al sole, assimilare il dovuto quantitativo di vitamina D nei mesi che vanno da novembre a marzo. Un buon integratore a base di vitamina D3, quindi, è sicuramente un aiuto obbligatorio per garantire le quantità necessarie. Soprattutto per uno sportivo, dove l’attività fisica - in particolare di forza e impatto – oltre ad aumentare la densità minerale ossea, porta per esempio ad una perdita di calcio attraverso il sudore durante le estenuanti sessioni di allenamento. Addirittura, la carenza di Vitamina D è stata riscontrata anche in atleti di società sotto il sole del Qatar. Una squadra, soprattutto in inverno, dovrebbe tener monitorata la Vitamina D: il range giusto, soprattutto per un atleta, dovrebbe essere in un livello compreso almeno tra i 50 e gli 80 ng/ml. E tra l’altro gli atleti con la pelle scura sono a più alto rischio di carenza di D perché la pigmentazione rallenta la produzione di vitamina D nella pelle. Il ministero della Salute italiano ha aumentato da 1000 a 2000 UI giornaliere di vitamina D3 che si possono prendere come integratore".
Del resto già dal 2011, la "Endocrine Society"americana ha rivisto le linee guida internazionali, con le dosi di Vitamina D che arrivano anche a 10.000 UI al giorno, senza che possano provocare alcuna tossicità. Ovviamente, come sottolineato dal Professor Angelini, il dosaggio è da personalizzare poi nell’ambito del singolo caso valutandone la carenza,lo stile di vita e la condizione di salute. Va somministrata dopo averla dosata”. Da capire poi, come spiega Tozzi, perché da sempre la nostra vita è correlata a buone quantità di Vitamina D: “Nelpaleolitico abbiamo vissuto per milioni di anni nella savana africana,dove stavamo tutto il giorno al sole, nudi, in un territorio con pochi alberi. Questo ha fatto cosi che la produzione di questa preziosa sostanza, la Vitamina D, attraverso la nostra pelle, era ogni giorno talmente elevata che l' evoluzione ha dovuto schermarla con la pelle molto scura. Per questo motivo, quasi ogni cellula del corpo contiene un recettore della vitamina D. Tuttavia circa 100.000 anni fa siamo usciti dall' Africa e siamo andati in posti (specialmente a nord del mondo) dove invece era molto freddo, costringendoci a coprirci con delle pelli animali e riparandoci anche all'interno delle grotte, ma cosi schermavamo i raggi solari e conseguentemente la relativa produzione di vitamina D. Guardando invece al mondo di oggi, dal lavoro al chiuso negli uffici, all’eccessivo stress fisico e mentale, senza contare la disinformazione sull’integrazione, è facile comprendere come i valori di Vitamina D possano precipitare facilmente (in particolare la carenza di vitamina D colpisce la quasi totalità della popolazione dei Paesi al di sopra del 35° parallelo, come l’Italia). Sintomi della carenza sono la riduzione della forza muscolare, debolezza ossea generalizzata, aumento delle infezioni nel tratto respira\torio e malinconia. E in un atleta, quindi nello specifico in un calciatore, una carenza può favorire le tipiche fratture da stress, il tutto in uno stretto rapporto causa/effetto con la carenza di Vitamina D e calcio. Ah, Secondo gli ultimi studi, per massimizzare i benefici della supplementazione di vitamina D e ridurre al minimo il potenziale (teorico) rischio di tossicità, alcuni esperti ritengono fondamente l'intervento dellasupplementazione della vitamina K in contemporanea con la D. La vitamina K attiva il MGP, una proteina che aiuta il calcio a dirigersi ai luoghi desiderabili (osso) e tenerlo invece lontano dai luoghi indesiderati (arterie)".