Sassuolo, ecco Bucchi: il motivatore partito da lontano con Napoli nel cuore
Quando Cristian Bucchi iniziò la propria carriera da calciatore tra Promozione, Eccellenza e Serie D probabilmente mai avrebbe immaginato di approdare un giorno in Serie A. Invece l’ha fatto, per ben due volte. A 40 anni. Prima da giocatore ed poi da allenatore col Pescara nel 2013. Ora però ha la possibilità di farlo da protagonista, al Sassuolo. Una decisione presa da tempo, diventata ufficiale ieri dopo essere rientrato dalle vacanze a Dubai. Il profilo individuato dalla società del presidente Squinzi dopo l’ottima stagione a Perugia culminata coi playoff, ritenuto quello giusto per sostituire Di Francesco. “Spero arrivi una chiamata che mi permetta di esprimere la mia idea di calcio”, disse Bucchi. Non aspettava altro. Continuare quel progetto neroverde contraddistinto dal bel calcio di Di Francesco lo stuzzicava, eccome. “Grazie al Sassuolo per la grande opportunità, è una società importante. Ho tanta voglia e tanto entusiasmo. L’eredità di Di Francesco? È pesante, ma allo stesso tempo stimolante. Con Eusebio siamo molto amici, nell’ultimo periodo non ci siamo sentiti, ma ci sentiremo senza dubbio più avanti”. Con un obiettivo ben preciso. “Non vorrei essere uno dei tanti. Mi piacerebbe essere speciale, anche e soprattutto nelle vittorie”. Un motivatore vero e proprio, Bucchi. Uno che prima delle partite ha l’abilità di saper toccare sempre i tasti giusti caricando a mille i giocatori coi propri discorsi. Dicono che abbia una gran voglia di ascoltare, di imparare e di crescere. Maniacale, umile e disponibile, poi. L’organizzazione e la professionalità prima di tutto. Insieme alla ‘fame’, un aspetto che ai suoi giocatore non deve mai mancare. “Oggi vedo tanti ragazzi che giocano tanto per giocare. Una volta si giocava a calcio perché si aveva fame”. Carattere forte, il suo. Ma altrettanto aperto verso i propri giocatori con cui dialoga quotidianamente. Ama instaurare un rapporto vero con loro. La sua arma in più però è il continuo confronto col proprio staff. Si fida ciecamente dei suoi fedelissimi. Insieme a lui infatti andranno in neroverde anche il preparatore atletico Iuri Bartoli, il collaboratore tecnico Luca Pavoni, il preparatore dei portieri Luca Gentili ma soprattutto il suo storico vice Mirko Savini – anche lui ex Napoli – il responsabile della parte tattica durante gli allenamenti e dell’analisi degli avversari di turno. Il modulo preferito è il 4-3-3 o il 4-2-3-1 ma “credo sia essenziale per una squadra poter cambiare a partita in corso”. Eclettico. Tanto che non si ispira a “nessun allenatore avuto in carriera in particolare” ma “porterò sempre con me lo spessore umano di Cosmi, la cura del dettaglio di Pioli e Giampaolo e la carica di Bisoli”. “Mi piace iniziare l’azione palla a terra dalla retroguardia, è la mia idea di gioco”. Ha le idee chiare ed è pronto a tutto però per arrivare in alto. Come quando nella scorsa estate andò incontro ad una lunga controversia con la Maceratese per risolvere il proprio contratto così da poter sposare la causa Perugia. La risoluzione gli costò cara (circa 60.000 €), ma col senno di poi ne è valsa la pena. Ed eccolo, nemmeno un anno dopo, in Serie A. Attenzione però: Bucchi non si sente ancora arrivato. Ha un sogno in particolare. “Essere sulla panchina del Napoli da qui a 5 anni! Ci andrei a piedi pur di tornare, quindi…”, aveva dichiarato appena intrapresa la carriera da allenatore. Da giocatore a Napoli forse ha lasciato qualcosa di più di un pezzo di cuore. Ci ha lasciato l’anima. Ha individuato la città partenopea come coronamento del proprio percorso: vuole tornarci da allenatore, prima o poi. Sa però che se un domani vorrà davvero coronare il suo sogno, quella di Sassuolo sarà una tappa fondamentale. Anzi, di più, l’occasione di una vita: la Serie A da protagonista. Quella stessa Serie A che probabilmente quando iniziò la propria carriera nei dilettanti non avrebbe mai pensato di poter raggiungere sia da giocatore sia da allenatore. E che ora si trova ad affrontare con l’arduo compito di ereditare una panchina prestigiosa come quella di Di Francesco.