La Jamaica chiama Ravel Morrison: storia di un fiore mai sbocciato
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Data: 19/02/2020 -

La Jamaica chiama Ravel Morrison: storia di un fiore mai sbocciato

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Un giorno scriverò un libro sulla mia vita e nessuno la capirà finché non sarà raccontata”. Firmato, Ravel Morrison. E in effetti non ha tutti i torti: giovanili del Manchester United, poi West Ham, Birmingham, QPR, Cardiff, Lazio, l’avventura in Messico con l’Atlas, quella in Svezia con l’Östersund e infine il ritorno in Inghilterra con Sheffield United e Middlesbrough. Fallimenti in serie. Mai capito, mai compreso, una carriera fenomenale ma solo per le aspettative. Fin dai 16 anni. “Poteva essere un calciatore fantastico, ma i suoi continui problemi fuori dal campo ci hanno fatto tagliare la corda” racconta Sir Alex Ferguson di lui. Problemi che lo hanno caratterizzato per gran parte della carriera.

Nonostante questo il fantasista classe ’93, dopo la nuova avventura al Middlesbrough, potrà presto giocare anche in nazionale. A chiamarlo non è stata l’Inghilterra, con cui ha debuttato nelle selezioni giovanili, bensì la Jamaica. Morrison, nato a Manchester ma di origini giamaicane, ha ottenuto la cittadinanza della nazione caraibica nel 2018. E il 30 marzo prossimo, come riportato dal Sun, potrebbe esordire in Nazionale a 27 anni nell’amichevole contro la Catalogna. Ma la sua storia prometteva altro, almeno a parole.

I guai con la legge

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Tutto ha inizio nel febbraio 2011 in un'aula di tribunale di Manchester, pochi mesi dopo la vittoria della FA Youth Cup – insieme a Pogba e Lingard – e il suo esordio con lo United. Morrison viene accusato di atti intimidatori verso la vittima di una rapina. Quest'ultima è stata aggredita da alcuni amici di Ravel, il quale la minaccia per impedirgli di testimoniare: “Non mi conosci, non sai di cosa sono capace” la telefonata del calciatore alla persona rapinata. Ma niente prigione, Morrison viene rinviato a giudizio di 12 mesi.

Nel maggio seguente arrivano altri problemi: Morrison avrebbe aggredito la propria ragazza. Stavolta le accuse cadono, dato che la donna stessa si rifiuta di testimoniare. Ma Ravel viene condannato per vandalismo per aver lanciato il telefono della fidanzata dalla finestra. I giudici gli raccomandano anche di seguire una consulenza psicologica sulla violenza domestica. Troppi guai. Il Manchester United, dopo sole 3 presenze in prima squadra, nel gennaio 2012 lo cede al West Ham per 785 mila euro.

I prestiti in giro per l’Inghilterra

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Un solo match con gli Hammers fino all’estate, quando a prenderlo in prestito è il Birmingham: 27 partite, 3 gol e 3 assist in una stagione. Tutto sembra cambiato. Morrison torna a Londra nel giugno 2013, gioca 21 partite e colleziona 5 gol e 2 assist fino a febbraio. Ma niente da fare, neanche i numeri convincono il club londinese. Il West Ham lo cede ancora in prestito, stavolta al QPR, dove segna 6 gol fino al termine della stagione. Tornato poi per l’ennesima volta a Upton Park nell’estate 2014, viene subito prestato al Cardiff. E qui ha inizio il declino definitivo.

7 presenze, nessun gol. Terzo ritorno al West Ham, stavolta l’ultimo. Sam Allardyce, manager del club, lo bandisce dagli allenamenti: “Ravel potenzialmente valeva 50 milioni, ma ha gettato al vento la sua carriera. Quando giocammo a Manchester, lui andò a trovare la sua famiglia e non ritornò più. Non era infortunato, semplicemente non aveva voglia di aiutarci nella lotta salvezza” dirà Allardyce qualche mese più tardi. Morrison rescinde quindi il contratto e diventa svincolato. Nel frattempo torna in tribunale, dove altre accuse di aggressione verso la madre vengono però ritirate.

La parentesi in Italia

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L’estate del 2015 è quindi la Lazio a credere in lui. 8 partite in prima squadra, una sola stagione e un rapporto mai decollato. “Morrison è uno di quei giocatori particolari” dichiarava Tare. “E’ un fuoriclasse, ma il problema è che è un ‘pazzo’. Serve tempo per uno come lui”. Tempo che, però, non ci sarà mai. Eppure i tifosi credono tanto in Ravel: in estate, durante il ritiro, mostra colpi da fenomeno. In un Lazio-Torino entra, gioca 80 secondi e tutto lo stadio lo applaude. L’estate seguente deciderà anche un’amichevole contro la Spal con un cucchiaio all’ultimo rigore. Ma, purtroppo, si tratta solo di fumo negli occhi.

Iniziano i primi contrasti con Pioli: “Ancora non parla una parola d'italiano” afferma l’allora allenatore della Lazio. “Anche questo ha ritardato la crescita sua e della squadra”. La replica di Morrison non tarda ad arrivare, con due tweet – il primo, poi, cancellato – di risposta: “Non serve parlare sul campo, parla il tuo calcio”; “Tevez ha giocato in Inghilterra senza aver mai parlato inglese, e in Italia senza aver mai parlato italiano”. Il classe ’93 fa poi marcia indietro, scusandosi e dichiarando che il suo account Twitter non è solamente in suo possesso. Ma i rapporti continuano a deteriorarsi. Da titolare gioca una sola partita, contro il Rosenborg in Europa League. Da lì in poi, 23 minuti totali in campo e altri tweet enigmatici. Agli allenamenti ci va in taxi, o al massimo accompagnato dal suo agente.

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Alla Lazio sembrava che fossero tutti lì per loro stessi” ha raccontato Morrison al Times sulla sua avventura in biancoceleste. “Il primo anno ho giocato poco, e la stagione successiva è stata una cosa assurda. In alcune partite di coppa c’erano 37 o 38 giocatori che venivano scelti prima di me. La cosa mi infastidiva, e mi è venuta voglia di lasciare”. Poi l’ennesimo tweet del dicembre 2018 che precede di un mese l’addio: “Lazio, storia e giocatori fantastici. Tifosi incredibili. Organizzazione…”. Tre punti di sospensione finali che non lasciano dubbi a interpretazioni. È rottura con la società.

Tra Messico, Svezia e… Jamaica

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Arrivano così i prestiti a QPR, Atlas e Östersund. In Messico non convince, In Svezia gioca poco e si infortuna spesso. Secondo la svedese SVT Sport, Morrison non si fa addirittura più vedere o sentire: “Non abbiamo più alcun contatto con lui, quindi lo vediamo come un capitolo chiuso” afferma l’addetto stampa dell’Östersund Niclas Lidström. Poi, nell’estate 2019, ecco lo Sheffield United, neopromosso in Premier League, e sei mesi più tardi il prestito al Middlesbrough.

Finora al Boro ha giocato una sola partita, ma chissà se stavolta troverà più continuità. Una carriera da talento incompiuto, da fiore mai sbocciato. E non per motivi tecnici. Il passato travagliato, certo, non si dimentica. Il futuro, però, è ancora tutto da scrivere. Magari anche con la maglia della Jamaica: le qualificazioni ai Mondiali 2022, in Qatar, non sono così lontane.



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