Il 26 gennaio è il giorno del compleanno di Josè Mourinho. L'allenatore, nato a Setubal nel 1963, compie sessant'anni. Trentacinque dei quali passati in panchina, da quella degli allievi del Vitoria Setubal a quella della Roma, passando per Barcellona (da vice), Porto, Chelsea, Inter, Real Madrid.. e tanto altro. Sicuramente nessuno come Mourinho stesso può darci una definizione corretta di sé stesso: "Cambiare club, competizioni, paesi... ho fatto quello che ho sempre desiderato". D'altronde, non possiamo aspettarci altro dallo "Special One".
Le frasi più celebri di Mourinho
Ego, strategia, consapevolezza... nessuna dichiarazione rilasciata da Josè Mourinho è frutto del caso. D'altronde, per diventare il primo allenatore nella storia a vincere le tre principali competizioni europee ci vuole lavoro. Ma anche, e soprattutto, ambizione, come quella mostrata da Mourinho al momento del passaggio al Chelsea, nel 2004. "Leggo di come affronterò l'ambizione del Chelsea di vincere titoli immediatamente, questo è ciò che amo". Inutile dire che è diventato l'allenatore più vincente della storia dei blues, con 8 titoli.
Animale da competizione, Josè Mourinho, da sempre affascinato dalle sfide complicate. Come quando scelse l'Inter nel 2008, per migliorare i tre Scudetti vinti da Roberto Mancini. Il portoghese si è presentato all'Italia con la terapia d'urto, con quel "Non sono pirla" in conferenza stampa, per dare l'imprinting dell'interlocutore con il quale avrebbero avuto a che fare. Preparato e scaltro. Insomma, un vero e proprio maestro di comunicazione, Josè Mourinho, al quale "Non piace prostituzione intellettuale". Se comunicazione e campo non hanno la stessa importanza per l'allenatore, poco ci manca. Senza aver paura di scatenare polemiche, coniando anche tormentoni, come il celebre attacco alle squadre che finiranno la stagione con "Zero tituli" nel marzo del 2009.
Mourinho e la comunicazione non verbale
Se le parole pesano, anche alcune scelte lo fanno. E Mourinho di messaggi trasmessi con i gesti ne ha mandati tanti. La gestualità del portoghese è oculata, fine, meritvole di studi accademici. Dalle scelte più eclatanti, con il pensiero che rimanda subito alle manette rivolte a Tagliavento nel corso di Inter-Sampdoria del 2010, che gli costarono tre giornate di squalifica, a quelle più mirate, come l'ingresso in anticipo sul Camp Nou prima della semifinale di Champions con il Barcellona, per far "sfogare" i tifosi su di lui, e non sui giocatori. Parte integrante di Mourinho è anche la provocazione: il tre con la mano, con le mani verso le orecchie, un uomo in sfida contro tutto l'Allianz Stadium, dopo la vittoria dello United a Torino nel 2018.
Re Mida del calcio
Mourinho nel calcio è stato una sorte di Re Mida: tutto ciò che ha toccato, è diventato ora. Ha vinto trofei ovunque, tranne nella sua breve esperienza al Tottenham (è stato esonerato prima di dover giocare una finale). Ha riportato la Premier al Chelsea dopo oltre 50 anni, la Champions League nella Milano nerazzurra dopo 45, un trofeo a Roma dopo oltre un decennio. Bravura, preparazione, ma anche, sempre citando Mourinho dopo un Chelsea-PSG... "culo".