Preliminari di Europa League conquistati, l'obiettivo minimo del Milan è stato raggiunto. C'è chi storce il naso pensando a quel club capace tra il 2003 e il 2007 di centrare tre finali di Champions e di vincerne due. Di quella squadra faceva parte Alessandro Nesta, che ha concesso una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport. Mi schiero dalla parte di chi ha festeggiato il preliminare di Europa League" - attacca Nesta - "È giusto farlo quando si raggiunge un traguardo, e il Milan l’ha raggiunto. Ovvio, rispetto alla mia epoca gli obiettivi si sono abbassati molto, ma il Milan adesso è questo. Quindi, in quest’ottica, è un passo importante e un grande traguardo. E poi, pensateci un attimo: l’Inter farebbe carte false per trovarsi dove si trova ora il Milan... Occorre solo avere tanta umiltà e smettere di pensare al Milan di Berlusconi, perché quel Milan non c’è più. Umiltà è la parola chiave, è con quella che devi affrontare una trasferta a fine luglio in qualche posto semisconosciuto".
Il Milan senza Berlusconi è... ? "Tristezza. Io sono un nostalgico, rimpiango anche Moratti... Gente che guidava i club per passione e non per soldi. Negli ultimi anni c’è stato tanto caos e il club non era abituato a programmare in condizioni di emergenza. C’è stata confusione nei ruoli in società e così è stato molto più facile cambiare gli allenatori. Hanno sempre pagato loro, ingiustamente. Mi chiedo: al quarto, quinto tecnico che non funziona, magari dovrebbe venirti in mente che non può essere sempre e solo colpa di chi sta in panchina. Questo dev’essere un punto di partenza, adesso occorre cambiare marcia rispetto al passato. Addosso mi resta una sensazione di perplessità, mi pare che la proprietà interista si muova di più. Di certo riportare il Milan in Champions sarà dura, dovranno spendere molto".
Da cosa ripartire? "Da un gruppo di italiani mentalmente forte. E chi arriva dopo, si allinea. Com’era ai miei tempi e com’è ora nella Juve. I giocatori invecchiano e devi avere la forza di rimpiazzarli con altri dello stesso valore. Se non puoi permettertelo, inizi a perdere terreno. Un segnale pessimo, ad esempio, erano state le cessioni di Ibra e Thiago. Io e tanti altri abbiamo smesso per motivi anagrafici, loro se ne sono andati per scelte economiche del club. Un segnale di debolezza". Il ricordo della Champions del 2007: "Il più bello è stato rientrare nello spogliatoio con la coppa. Mi ricordo che Ronaldo ci aspettava dentro con le birre (risata, ndr), poi abbiamo festeggiato in piscina fino a notte fonda. Vincere è come una droga, hai sempre bisogno di rivivere le stesse emozioni e quando non le provi più vai fuori di testa".
Sull'esperienza nel Miami FC: "Giocare mi manca da morire, ma voglio fortemente fare l’allenatore. Lavoro 12 ore al giorno e per me è l’unico modo di restare davvero nel calcio. La scrivania non mi interessa. Tornare in Italia? Beh, mai dire mai. E poi mica posso vivere per sempre a Miami. L’ambizione è mettermi in gioco anche in Italia, quando sarà il momento. Negli ultimi anni il Milan è stato un vero tritacarne. Debuttanti come Seedorf, Inzaghi e Brocchi non possono essere giudicabili. Montella? È un allenatore di livello, a tratti ha fatto giocare bene una squadra con giocatori mediocri. Ha un’ottima idea tattica".
In chiusura d'intervista spazio alla nostalgia: "Cosa mi manca di Milanello? Tutto. Soprattutto Milanello, con tutti i suoi personaggi. La governante, il giardiniere, l’autista. Persone spettacolari. A Milanello sono stato meglio che in un hotel a cinque stelle".