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Data: 12/06/2023 -

Da riciclare rifiuti alla Champions con il Lens, Medina: “Devo tutto a mia mamma”

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Intervista al difensore argentino del Lens, Facundo Medina
Intervista al difensore argentino del Lens, Facundo Medina

Un argentino nel cuore di una tifoseria francese. Difficile da immaginare dopo il rigore di Montiel a Doha o se custodiamo il recente trattamento riservato a Messi dai tifosi del PSG . Ma a 178 chilometri da Parigi, nell'Alta Francia, c'è un ragazzo di 184 cm con il cappello platinato che con le sue prestazioni e la sua personalità si è conquistato l'affetto dei tifosi del Lens, squadra che a distanza di 21 anni torneranno a giocare la Champions League nella prossima stagione. “Per ora siamo ai preliminari, ma ci mancano ancora 3 finali e vogliamo arrivare più in alto possibile. È un orgoglio e una soddisfazione enorme essere riusciti a conquistare qualcosa di così importante per il club.Peccato per la Coppa di Francia dove siamo stati eliminati presto e io mi sono infortunato al ginocchio. Abbiamo sempre cercato di vincere partita dopo partita, di andare passo dopo passo: con molto lavoro e sacrificio oggi siamo in questa situazione. All'inizio non potevamo immaginarlo, ma eravamo sicuri di una cosa: che in ogni gara avremmo dato tutto. Ancora non abbiamo gioito a pieno, ma dopo queste 3 gare che restano diremo: “¡Che! ¡Puta madre!”. Tutto questo è merito del lavoro di ognuno di noi” . Così Facundo Medina a Gianlucadimarzio.com. 

 

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Credito: rclens.fr

 

Insieme all'ex Udinese, Fofana e all'attaccante Openda , il classe 1999 è una delle colonne portanti della squadra sangue e oro che vanta la miglior difesa del campionato. Mancino di piede, solido in marcatura, abile nel gioco aereo e nell'impostazione, Medina ha realizzato più passaggi in avanti in questa Ligue 1 di qualsiasi altro difensore ed è il quarto giocatore con la media-voto più alta secondo L'Equipe , dopo Neymar, Messi e Nuno Mendes. Merito anche dell'allenatore Frank Haise . “In questi 2 anni e mezzo è stato fondamentale: è quello che mantiene sull'attenti il ​​gruppo. Sono orgoglioso di essere allenato da lui. Entrambi abbiamo una personalità forte e abbiamo avuto anche qualche confronto. Per esempio, nella prima partita quando sono rientrato dall'infortunio al ginocchio, lui mi ha sostituito e io sono andato a chiedergli come mai mi aveva tolto a 5 minuti dalla fine. Gli spiegai che avevo i crampi, invece lui pensava che avessi ancora dolore al ginocchio. È bello avere questi confronti. Lui gestisce bene lo spogliatoio e se abbiamo raggiunto questo obiettivo è grazie al collettivo che ha sempre remato dalla stessa parte e per fortuna poi non abbiamo avuto infortuni gravi: questo la dice lunga anche su come lavoriamo, con quanta serietà e rispetto abbiamo per la maglia ”.

 

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Credito: rclens.fr

 

3 gol e 2 assist in 28 presenze stagionali per il 24enne, che il Lens aveva acquistato dopo la promozione per 3,5 milioni nell'estate 2020 dal Talleres e che negli scorsi mesi ha rinnovato fino al 2026. Ma l'inizio della sua avventura in Francia non è stato semplice. “Se mi chiedi come ho fatto a farmi capire non lo so neanche io. Quando sono arrivato c'erano altri 4 ragazzi che parlavano spagnolo e questo mi ha aiutato tanto. Soprattutto però è stata fondamentale la fiducia incondizionata che mi hanno dato gli altri compagni, l'allenatore e lo staff: per sdebitarmi non potevo far altro che dare la vita in campo per loro”. E all'apprendimento del francese è legato anche un aneddoto: “I primi giorni ho detto alla traduttrice: “L'unica cosa che voglio sapere sono le parolacce, poi possiamo passare a 'ciao', 'come stai', 'scusami'…Quelle mi servivano per il campo, ma anche per generare un bell 'ambientale” . Racconta sorridente l'ex River Plate e Talleres de Cordoba, che si definisce un 'loco lindo', un pazzo buono. “Ma cerco di essere umile e rispettare tutti: questi sono i valori che mi ha insegnato mia mamma. Cerco sempre di tenere i piedi per terra e alla fine credo che la cosa più importante sia essere una brava persona”. 

 

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La lingua come ostacolo però non è niente rispetto a quelli superati durante la sua infanzia a Villa Fiorito, lo stesso barrio di Buenos Aires dove è cresciuto Maradona. Lì, Facu ha iniziato a giocare a pallone nel solito campetto di terra dove palleggiava Diego e come lui ha vissuto la prima esperienza in un club professionistico con la maglia del Granate . Ho iniziato al Lanús, ma dopo un anno nel calcio a 11 sono tornato al club del mio barrio dove si giocava a 5 in un campetto di cemento”. Dall'attacco alla fascia sinistra, dall'esterno basso fino al difensore centrale. All'età di 3 anni aveva provato anche in porta con i suoi amici, ma con scarsi risultati.“Oggi è più difficile per i bambini giocare per strada, prima era più tranquillo. È qualcosa che noto anche con i miei 3 fratellini, poi con tutti i social... Ma se vai a Villa Fiorito puoi incontrare giocatori che non immagineresti mai, che poi per diverse circostanze non riescono a farcela. I miei 8 zii per esempio sono ottimi giocatori e ogni volta che torno affittiamo un campetto e passiamo 2 ore a giocare insieme ai miei tanti cugini”.

 

  

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La famiglia gli ha passato la passione per il calcio ed è stata importante nel suo percorso, così come il River Plate. “Dai 9-10 anni io ho sempre voluto giocare a calcio e non pensavo di poter raggiungere questo livello. L'educazione e la formazione poi l'ho completata al River Plate, la mia seconda casa: mi hanno accettato nella pensione. Sarò sempre grato al River perché mi hanno insegnato a restare con i piedi per terra”. Ma la figura più importante per Facundo è mamma Monica. Lo si capisce anche dall'espressione del suo viso quando ne parla, dagli occhi lucidi e da come si accarezza le braccia come a far capire che ha i brividi.“Anche lei è appassionata di calcio ed è tutto ciò che c’è di buono. Non si può descrivere tutto quello che le devo. La parola tutto le sta stretta e glielo dimostro ogni giorno: tutto ciò che ho nella mia vita lo devo a lei. La ringrazio. Sono grato di avere una madre combattente, positiva e con tanti valori. Sono privilegiato a essere suo figlio. È la cosa più importante della mia vita. La maglia numero 14 la uso per 2 motivi: il primo è la data del suo compleanno, il 14 novembre, il secondo è il numero dei Los Borrachos del Tablon, la tifoseria del River Plate. Lei ha fatto tanti sacrifici come quello di digiunare per far mangiare me. I primi soldi dopo aver firmato il primo contratto col River li ho dati a lei”. Il volto di sua mamma se l’è tatuato insieme a quello di sua nonna. “Lei è come se fosse mia madre: sono sullo stesso gradino. Quando mia mamma lavorava per sfamarmi e per comprarmi qualche giocattolo, lei era quella che mi accompagnava sempre a giocare a calcio”. 

 

 

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Da cartero alla Selección e la Champions

Da bambino non aveva un idolo, ma guardava i grandi campioni senza dare importanza al ruolo. “Oggi quello che mi piace di più nella mia posizione è Lisandro Martinez, credo sia il migliore. Non è molto alto, ma quello non conta. Nella mia squadra lo vorrei sempre”. Per le strade di Villa Fiorito ha lavorato come cartero, ovvero raccoglieva i rifiuti per poi riciclarli e veniva continuamente derubato nel tragitto da casa al campo di allenamento. “Quando vedevo arrivare 3-4 persone per derubarmi, io non facevo resistenza. I soldi non me li portavo dietro, mi rubavano gli scarpini, lo zaino, ma per fortuna non è mai accaduta una disgrazia. La vita è una lezione continua”. Tra gli insegnamenti c’è anche quello di rispondere sempre al telefono. “Una volta mi ha chiamato un numero che non avevo salvato: ho pensato fosse qualcuno del barrio e non ho risposto. Poi ho scoperto che era Scaloni che voleva convocarmi. A cena durante il ritiro è venuto al tavolo e mi ha detto davanti a tutti: “Qui abbiamo quello che non risponde alle mie telefonate”, volevo piangere". La Selección resta il suo sogno e obiettivo per il futuro dopo che è stato escluso dalla lista per Qatar 2023. “ Ora voglio vincere queste ultime 3 partite che mancano con il Lens e tornare in nazionale per restarci”.



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