Prendiamo due linee di vita opposte: la prima è di un 19enne di origini venezuelane, ma nato vicino Philadelphia, che sogna di diventare un fisioterapista. L’altra è di un campione del mondo che ha girato alcuni dei top club in Europa e ora si gode la vita a Miami. Le linee proseguono per la loro strada fino a quando per un attimo non si toccano. Un piccolo incontro che però può cambiare una vita. La prima linea è di Ian Daniel Jimenez, la seconda è di Blaise Matuidi.
Due sogni americani opposti
Era il gennaio del 2022 quando il francese ha lasciato l’Inter Miami. Era arrivato negli Stati Uniti dopo i tre scudetti vinti con la maglia della Juve. Non annuncia il ritiro fino al dicembre dello stesso anno. Il francese rimane comunque in Florida: i suoi figli vanno a scuola lì e non vuole spostarli. Specialmente Eden che a Miami sta cercando di costruirsi una propria linea nel calcio.
Dall’altro lato c’è Ian, che abbiamo intervistato: “I miei genitori sono emigrati a Philadelphia prima che io nascessi. Mi sono trasferito nel sud della Florida quando avevo sei anni. Ora studio scienze motorie alla Florida International University e sogno di diventare un dottore in fisioterapia”. Nel frattempo, Ian allena la squadra Under 10 del Future Elite, la squadra dei ragazzi destinati a entrare nelle accademie MLS Next. Prima di allenare anche lui giocava, al Weston FC ed era stato anche vicino al trasferimento in Italia: “Ho fatto un provino con il Rimini qualche anno fa”.
Matudi in panchina: la sua nuova vita
Il piccolo incrocio di linee di cui parlavamo avviene quando il calendario del campionato Under 10 della Florida segna Future Elite vs Sunny Isles Beach Select. Con gli ospiti gioca proprio Eden, il figlio di Matuidi. Ian lo sa, ma non si aspetta che sulla panchina vicino alla sua si sieda anche il campione del mondo. Invece Matuidi è lì e anche molto attivo, infatti è l’assistente allenatore della squadra di suo figlio. Ian ci racconta: “Eden indossa lo stesso numero che suo padre ha indossato durante tutta la sua carriera, il 14. Sembrava che avesse fretta, quindi non volevo disturbarlo troppo. Gli ho semplicemente detto che era stata una bella partita, ho chiesto la foto e lui è stato il più rispettoso possibile. Io comunque ero sbalordito, quindi non credo che avrei potuto dire molto di più [ride, ndr]”.
Gracias futbol
Ecco l’incontro che può cambiare una vita, la consapevolezza di quanto sia bello ciò che fa: “Quello che porterò nel mio cuore da quel giorno è quanto sono grato di fare quello che faccio. Questa è una delle tantissime opportunità che ho avuto nell'ultimo anno di allenare con o contro vecchi amici, vecchi allenatori ed eroi che ho sempre ammirato”.