“I hope, I think, I know”: sperare, pensare, conoscere. Tre verbi che nella vita calcistica di Pep Guardiola sono associati indistricabilmente. Spera, l’allenatore catalano, di avvicinare la conquista della Premier col suo Manchester City battendo il Liverpool a Etihad oggi pomeriggio. Per non riporre vanamente questa speranza, Pep pensa, ripensa, forse esagerando: ormai è sempre più spesso accusato di “overthinking”, parola che lui stesso ha usato nella conferenza stampa precedente all’andata di Champions con l’Atletico. Ciò che pensa, poi lo realizza. Merito della sua conoscenza del gioco: Pep è il più influente demiurgo della panchina che il football abbia mai conosciuto, forse alle spalle del solo Johann Cruyff.
“When I get to the bottom, I go back on the top of the slide”: quando arriva in fondo, Jurgen Klopp ritorna sempre in cima allo scivolo. Le critiche non l’hanno mai smosso, o almeno è sempre riuscito a dare questa impressione. Lui, “perdente di successo”, che non vinceva una finale, si è rifatto con gli interessi, sempre col sorriso stampato in volto, quando era in cima come quando era in fondo. Anche i suoi calciatori, che ne adorano il carisma, fanno su e giù, ma sul campo, e in continuazione. Le azioni del Liverpool ti travolgono come fiumi in piena, ti sorprendono per la loro razionale bellezza.
Manchester e Liverpool sono due città che non si amano, nel calcio e in nessun altro ambito del comune vivere associato. Men che meno nella musica, nel quale hanno espresso due delle band più iconiche della storia del secondo Novecento: Oasis e Beatles.
Gli Oasis e l'amore di Pep per Manchester
“I hope, I think, I know” è l’incipit dell’omonima canzone della band di Liam e Noel Gallagher. Che ha contribuito, con le sue note, a saldare il rapporto tra Guardiola e la città in cui allena. Era il maggio del 2017, e in un attentato terroristico perdevano la vita 22 spettatori del concerto di Ariana Grande alla Manchester Arena. In platea, anche la signora Cristina Serra, coniugata Guardiola, e le due figlie della coppia, Maria e Valentina. Pep avrebbe raccontato il terrore di quelle ore, in cui non riusciva a mettersi in contatto con la sua famiglia. Ma avrebbe anche testimoniato come l’unione mostrata dalla comunità di Manchester lo avesse convinto di aver fatto la scelta giusta, nel trasferirsi lì. La colonna sonora della reazione all’orrore, nei mesi seguenti era diventata “Don’t look back in anger”, capolavoro degli Oasis.
Klopp-Lennon
“When I get to the bottom, I go back on the top of the slide” è l’inizio della canzone più rock della produzione dei Beatles, "Helter Skelter". Come rock è sempre stato il calcio di “Kloppo”, da Mainz fino ad Anfield. Dove ha trovato una tifoseria pronta a non lasciare mai da soli i suoi, a camminargli sempre di fianco, come recita “You’ll never walk alone”, brano di Gerry and the Pacemakers divenuto inno dei Reds. Anche Klopp si è integrato nella comunità di Liverpool grazie alla musica: nel 2020, per celebrare gli 80 anni dalla nascita di John Lennon, intonò in un video ufficiale alcuni dei suoi successi, da “Imagine” a “Yellow Submarine”. Tanto valse per attribuirgli l’epiteto di “quinto Beatle”, e a scatenare grafici e designer che lo ritrassero sulle strisce di Abbey Road accanto agli altri quattro.
"Slip inside the eye of your mind"
Nelle conferenze della vigilia, i due rivali si sono fatti i complimenti a vicenda. Klopp ha definito Guardiola “il miglior allenatore del mondo”, Pep ha risposto sostenendo che, grazie al collega, il calcio sia “un posto migliore”. Entrambi si augurano che vinca il più bravo: “Let it be” sarebbe il sottofondo perfetto del loro duello rusticano. Ma c’è un altro desiderio, molto più nascosto, che entrambi potrebbero cantare l’uno all’altro, imitando Liam Gallagher: “slip inside the eye of your mind”, “scivolare nell’occhio della tua mente”. Anche solo per un attimo, per rubare qualche segreto.