Leonardo: “Galliani, come l’Università. Messi nell’Olimpo con Pelé e Maradona”
Le dichiarazioni dell’ex dirigente del PSG, Leonardo sul passato al Milan e all’Inter
Dagli inizi da dirigente al Milan al passaggio all’Inter, fino al rapporto con Berlusconi e il ritorno a Parigi da dirigente del PSG di Al-Khelaifi, oltre ad Ancelotti ct del Brasile, Neymar in Arabia e Messi. Leonardo Nascimento de Araújo, per tutti Leonardo, si è raccontato in una lunga intervista a Globo Esporte.
Leonardo: “Stare con Galliani è come andare all’Università”
“Ero a Milano. Mi piaceva vivere il club, vedere come funzionavano le cose. Ma è stato il rapporto con Galliani a portarmi a fare questo passaggio. Dopo quella partita con Tab Ramos (amichevole a New York nel 2001, ndr), lui mi dice: “Fai una cosa, Leo, inizia ad andare alle mie riunioni, inizia ad andare al marketing, inizia a vedere tutto”. Conoscevo tutti e così mi sono tuffato. Mentre giocavo partecipavo alle riunioni e così via, il pomeriggio andavo agli incontri insieme a lui. Se Galliani mi ha fatto ritirare? Lo ero già, nella mia testa ero già in pensione a 32 anni. Sono rimasto con lui per sei anni. Dal 2003 al 2009. Per me è stata un’università, perché stavo a guardare tutto ciò che accadeva a tutti i livelli dirigenziali del club, ma senza la responsabilità della decisione. Prendiamo Kaká, Pato, Thiago Silva… In quel periodo partecipammo a tre finali di Champions League, con due vittorie… Nel 2003 il Milan vinse ai rigori contro la Juventus, a Manchester. Nel 2005 perse contro il Liverpool, a Istanbul, per poi vincere nel 2007 contro lo stesso Liverpool, ad Atene. Era una scuola. Una persona, Galliani, che ha una visione a 360 gradi di tutto. Sa tutto del calcio. Per me è stato il più grande dirigente che abbia mai visto nel calcio e una persona che amo ancora oggi”, così il 54enne brasiliano sul rapporto con Galliani e sull’addio al calcio giocato.
Su Berlusconi: “Ho avuto dei problemi con lui. Io ho lasciato il Milan proprio per via di quel disaccordo, penso però fosse anche un momento difficile per lui. Era anche Presidente del Consiglio, accadevano tante cose… Alla fine me ne sono andato perché ero nel club da 13 anni e ci sono cicli che finiscono. Parliamo comunque di una persona che ha rivoluzionato il Milan e il calcio e che come imprenditore ha fatto di tutto. Una storia incredibile, la sua”. Sull’esperienza sulla panchina del Milan: “Dopo sei anni da dirigente, Galliani mi chiese di diventare l’allenatore della squadra, cosa che non volevo perché non mi vedevo come un allenatore. Era un anno difficile, dopo queste tre finali di Champions League, con in mezzo l’Italia campione del mondo, era un ciclo che si chiudeva. Gattuso, Ambrosini, Pirlo, Nesta, Zambrotta, Inzaghi, Pato, Ronaldinho, Dida in porta. L’anno successivo ci qualificammo per la Champions League, che era già un traguardo. Alla fine abbiamo perso contro il Manchester United, ma è stato un anno super positivo e in alcuni momenti la squadra ha brillato”.
Sul passaggio dal Milan all’Inter: “Questa è un’altra storia. Infatti nel 2010 mi sono fermato dopo aver lasciato Milano e non perché avevo altro. È una pausa di carriera. Con Massimo Moratti ho vissuto un rapporto molto forte, anche familiare: nell’Inter c’erano tanti brasiliani e finirono per avvicinarsi a me. A Natale mi chiama Moratti, gli avevo detto di non potere già diverse volte, poi però all’una di notte ci siamo incontrati a casa sua e lì non ho avuto scampo. Mi sono fatto convolgere nella causa, come sempre agisco d’istinto, per ragione o emozione”. E sulla reazione dei tifosi rossoneri: “Molto, molto complicato. Non mi aspettavo nemmeno che fosse così complicato perché Ronaldo aveva giocato in entrambi, ma anche Ibrahimovic e Baggio. Io non sono né Ronaldo, né Baggio, né Ibrahimovic. A differenza di quelle grandi stelle, il mio rapporto con il Milan era più profondo, ero al centro del club. Il derby poi… Minacce? Diverse, ma lasciamo perdere. Ricordo però cosa mi disse Moratti, che tutta questa mobilitazione per una persona sola sembrava una bella cosa”.
Da Milano a Parigi, come direttore sportivo del PSG. “Quando parli di certi club, parli di tradizione secolare, quindi è diverso, perché sono nati in un’epoca diversa e hanno costruito qualcosa che forse nessuno può costruire nascendo adesso. Il caso del PSG è diverso. È un club che nasce negli anni ’70, a Parigi, la città del glamour, la Ville Lumière, forse la più bella del mondo. Tutto quello che c’è deve essere a quel livello. Nel 2011 arriva un nuovo investitore e il mio passato da giocatore si ricompone, tornando in una città dove ero già stato, con un progetto molto ambizioso, diventare davvero un top club. Competere in Champions League, essere… Quello era l’obiettivo, essere tra i primi 5. Quella era l’idea”. Il dirigente brasiliano poi prova a dare una risposta sul perché il PSG non sia riuscito a vincere la Champions: “La Champions League non è facile da vincere. Il Manchester City ha appena vinto dopo 15 anni di tentativi. Ci sono tante cose insieme, squadre come Real Madrid, Milan, Manchester United, queste squadre, se sono in un momento medio-buono, per loro tutto avviene in modo naturale. Il giocatore vuole andare in questi club, la stampa vuole parlare di questi club. Il numero dei tifosi è infinitamente superiore a quello degli altri club. Questi stadi hanno tradizioni infinitamente superiori a quelle degli altri club. Quindi tutto questo è già stato creato, esiste, è una cosa assodata”.
Leonardo: “Messi è un genio. E’ nell’Olimpo del calcio con Pelé e Maradona”
Su Messi: “E’ nell’Olimpo del calcio. Ci sono Pelé, Maradona e Messi. Mettiamola così, in ordine cronologico, per non entrare nella discussione della posizione di ciascuno. Messi è un genio. Un ragazzo che è avanti, che vede avanti, con una costanza incredibile. Non è stato Messi per una settimana, è stato Messi per 20 anni. Una cosa, una potenza di corsa, una velocità incredibile, un ragazzo geniale”. Su Ancelotti come ct del Brasile: “È uno dei migliori allenatori al mondo. Una persona che sa stare con tutti, un uomo adorato dai giocatori. Un vincente. Ha vinto ovunque sia andato. Questo non è in discussione. Ma ci deve essere una linea chiara. Questa è la cosa più importante. Poi arriva l’allenatore ed esegue”.
Leonardo: “Neymar in Arabia? Io andai in Giappone a 24 anni”
Su Neymar in Arabia: “Non sarà solo lui ad andare lì. Io ho giocato in Giappone quando avevo 24 anni, poteva essere una scelta del tutto discutibile ma per me è stata una cosa meravigliosa. Non è un campionato che conosciamo a fondo, ma può mantenere il suo livello e la forma anche lì. Basta volerlo. Si è sentito coinvolto all’interno di un movimento enorme”. Sul trio Mbappé-Messi-Neymar che non ha funzionato: “”Non penso c’entri l’ego. Questi sono ragazzi che risolvono più problemi di quanti non ne creino, se pensi di dover risolvere un loro problema, ne fai parte. Bisogna assumersi oneri e onori, fa parte del gioco. Se costruisci un attacco del genere hai fatto il massimo, se non funziona non è per un solo motivo. I dirigenti devono mettere in condizione certi calciatori e farli stare bene, chi vince il campionato alla fine è il club”.