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Leonardo: “Ho ricevuto offerte da Roma e Inter, poi hanno fatto altre scelte. PSG? Tornerei”

Calciatore, dirigente, allenatore, manager, opinionista… Non si è fatto mancare nulla Leonardo in 32 anni di calcio. Nei mondiali di USA ’94 il suo nome è diventato famoso per un brutto gesto, ma poi “Leo” è riuscito a far conoscere al mondo il suo vero volto. Una persona allegra, solare, intelligente, per bene. Un brasiliano adottato dall’Europa, che si è raccontato in una lunga intervista concessa al Corriere dello Sport. Si parte dall’infanzia:

“Sarò sincero, mio fratello era il vero innamorato di calcio, lui mi ha spinto fino a farmi innamorare e poi giocare. Cominciai nella squadra della mia città, Niteroi. Avevamo il privilegio di un campo vero, che non era poco. Ma il posto dove giocavo di più era la spiaggia. Per voi italiani forse erano gli oratori il luogo della formazione calcistica. Per noi la sabbia del mare. La mia famiglia era a Rio, il Flamengo lì ti entra nel DNA e dunque l’idolo era Zico. Il Flamengo dominava negli anni ‘8’ e giocare nel suo settore giovanile era una cosa straordinaria. Dopo due stagioni, a diciassette anni, ho esordito in Serie A e c’era Zico. Il poster della mia stanza era diventato un compagno a cui passare il pallone, da abbracciare dopo un gol”.

L’espulsione di Usa ’94: “Un giocatore si può aspettare di tutto, tranne un cartellino rosso che ti elimina dai mondiali. E’ stato pesante. Era un momento della mia vita straordinario perché prima dei mondiali avevo firmato il contratto con il Giappone che mi affascinava come terra di scoperta. Stavo bene, era un momento splendido quando iniziarono i mondiali in USA. Mio figlio era nato proprio nel giorno dell’esordio, quando noi abbiamo vinto con la Russia 2 a 0. Poi è arrivata l’espulsione per una gomitata a un giocatore americano: è stata una cosa pazzesca. Era il 4 luglio, festa nazionale negli Usa e giocava contro gli Stati Uniti, negli Stati Uniti. Non potevo scegliere giorno peggiore e non ero mai stato espulso in carriera fino a quel momento. Mi diedero quattro giornate, mondiale finito”.

Arrivò il mondiale, proprio ai danni dell’Italia: “Nello spogliatoio piangevo. Bebeto, molto affettuoso, mi dice ‘Leo, tranquillo, faccio gol e vinciamo e nessuno si ricorderà più della gomitata’ e così andò a finire”. Potevo andare via, ma ho scelto di rimanere perché i miei compagni mi hanno chiesto di farlo e ho vissuto la finale dalla panchina. Se non avessimo vinto mi sarei sentito in colpa, invece abbiamo vinto ai rigori proprio contro l’Italia”. Leonardo, a 24 anni, scelse il Giappone: “Meravigliosa. C’erano tanti stranieri di una certa età, Lineker, Zico, Careca, Littbarski. Io invece avevo 24 anni. Un popolo di gente molto onesta, pulita e io ho creato un rapporto straordinario con i giapponesi. Dopo due anni, come da contratto, sono tornato in Europa. L’ultima partita c’è stata una festa inaspettata allo stadio, ho pianto per due ore e i tifosi hanno costruito un corridoio umano che mi ha scortato fino a casa. Indimenticabile”.

Nel 2009 Leonardo diventa allenatore: “L’idea di fare l’allenatore è nata per caso, grazie a un intuizione di Galliani. Ero dirigente e a un certo punto emerse la necessità di cambiare. Carlo Ancelotti aveva chiuso il ciclo, nel Milan era arrivato il momento di ricostruire e pensarono di prendere una persona di casa per gestire la squadra in un momento di transizione. Galliani mi ha parlato più di una volta e io ho rifiutato più di una volta. Ma sono molto contento di non aver detto di no alla fine. Vivere il campo da allenatore è veramente affascinante. Ogni tre giorni una storia diversa, devi gestire sentimenti, idee, partite che appassionano ed emozionano milioni di persone. Con il Milan abbiamo passato un ciclo di 14 anni: giocatore, dirigente allenatore. Ho pensato che i problemi emersi erano anche il frutto di questo lungo periodo vissuto assieme. Era arrivato il momento giusto per finire il rapporto”.

Sull’esperienza nell’Inter: “La prima cosa che ho fatto quando Moratti mi ha chiamato è stato avvertire Galliani, persona alla quale sono molto legato. Lavorare con lui è stato un’università del calcio. Ci sono tante cose per le quali sono grato al Milan. Il passaggio all’Inter è stata una cosa molto legata a Moratti. Dopo sei mesi che ero andato via dai rossoneri si aprì anche all’Inter la necessità di cambiare e pensarono a me. A Moratti e alla sua famiglia non potevo dire di no. Perché ho lasciato i nerazzurri? Fu Moratti stesso che dopo aver saputo della proposta del PSG mi disse “Leo, hai perso un’opportunità unica, una cosa meravigliosa. Sappi che io non mi arrabbierò mai con te. Ho cambiato tanti allenatori, capisco la situazione”. E’ stata una decisione difficile da prendere, ma la benedizione del presidente mi ha liberato dai sensi di colpa”.

Futuro: “E’ un momento particolare. Ho corso tanto fino ad oggi e ho avuto la fortuna di avere tre figli in questo periodo. Però la verità è che il calcio è stata la cosa più importante dei miei giorni. E’ brutto dirlo, ma è stato così. Oggi sto godendo la mia nuova famiglia, mia moglie, miei figli. Per loro ho lasciato Parigi e sono tornato a Milano. Non posso negare che mi viene voglia di produrre, di fare e non posso neanche negare che mi sento in grado di fare. Ho dato la mia disponibilità alla Roma due anni fa. Poi la Roma ha fatto altre scelte. Ho dato la mia disponibilità all’Inter e poi i nerazzurri hanno fatto altre scelte. Valuterei se tornare nel PSG, nel caso, perché il rapporto con loro è ancora molto forte. Ad altre proposte ho detto di no e non mi pento”.

In chiusura d’intervista Leonardo parla anche dei giovani talenti italiani: “Gagliardini mi ha fatto veramente una grande impressione. E’ passato dall’Atalanta all’Inter come se niente fosse e mi è piaciuto molto come personalità, come stile, come modo di giocare. Belotti è un giocatore molto più fisico che tecnico, ma sono colpito dalla sua voracità nel voler fare gol. Bernardeschi in questi ultimi mesi ha trovato la sua dimensione, ha conquistato anche facendo guerra i suoi spazi per giocare con un po’ più di libertà. Ora arriva facilmente all’assist e sta guadagnando tanto spazio. Penso che questi tre siano i ragazzi italiani più promettenti”.