Via il cappello di lana ed è subito stupore: la somiglianza con Albiol è impressionante, “Tanto che a Napoli mi chiamavano l’Albiol di Lecce”. Undici anni in meno, una carriera tutta da dipingere. Sebastiano di nome, Luperto il cognome stampato sulla maglia. Lecce la città dove tutto ha avuto inizio: “Quando papà mi ha iscritto ad una scuola calcio a cinque anni” Racconta in esclusiva a Gianlucadimarzio.com. Dalla Puglia a Napoli, dal giallorosso all’azzurro. A lanciarlo Rafa Benitez, uno che in carriera di campioni ne ha allenati eccome: “Credeva in me, mi portava quasi sempre in prima squadra – continua Sebastiano – a fine allenamento mi faceva restare in campo insieme ai suoi assistenti. Ho imparato tanto da lui”. E anche vinto qualcosa, come la Coppa Italia sotto il cielo di Roma nel 2013 e la Supercoppa fra i grattacieli di Doha l’anno successivo: “Che gioia, quando si vince a Napoli è una festa incredibile – ammette sorridendo – Mi ricordo che, all’ultimo rigore parato da Rafael a Doha, Andujar si avvicinò e mi sussurrò di godermi momenti del genere perché non capitano tutti i giorni”. Così come non è da tutti esordire in Serie A a soli 18 anni. A quell’età, solitamente, l’avversario numero uno è la patente. Il suo, in quel 3 maggio 2015, è il Milan di Pippo Inzaghi. Il Napoli fa tre gol in sei minuti, dal 70’ al 76’. “Cinque minuti ed entri” Le parole che gli rivolge Pecchia, su ordine di Benitez: “Mi sono alzato e ho fatto il riscaldamento a tremila” Racconta Sebastiano. Poi l’abbraccio con David Lopez, che gli lascia il posto, “E tutto il San Paolo che mi applaude al primo pallone toccato. Brividi”.
Già, roba da pelle d’oca. Come il primo allenamento fra i grandi. Insigne e Higuain da marcare, non proprio un gioco da ragazzi. Numeri, giocate e tanti consigli: “Un gruppo serio, coeso, capace di scherzare e di concentrarsi nel giro di un secondo”. Un esempio su tutti da seguire, quello del suo sosia Albiol: “Uomo con valori importanti, firmerei per ripetere una carriera come la sua (Ride n.d.r)”. Magari con Sarri in panchina, come a Dimaro del 2016: “Un maestro di calcio, che cura ogni dettaglio e che vuole la perfezione”. Un consiglio su tutti per farlo maturare: “Vai in una squadra che gioca un calcio simile al nostro”. Detto, fatto: prima un anno a Vercelli con Moreno Longo, ora l’Empoli. Qui da qualche anno il dogma è sempre lo stesso, mai buttare il pallone. E’ rimasto tale con Vivarini, non è cambiato nemmeno con Andreazzoli: “Un allenatore molto preparato – continua Sebastiano – fa giocare da dietro, vuole una manovra elaborata. E’ una persona onesta e leale, che dal suo arrivo ha saputo esaltare le mie caratteristiche. E' entrato nello spogliatoio il primo giorno e ci ha detto che bisogna raggiungere il nostro obiettivo. Poche parole e tanti fatti”. I risultati a dimostrarlo, con l'Empoli che non perde dall'undici novembre scorso e che guarda tutti dall'alto: "Sto vivendo un campionato decisamente diverso rispetto a quello della passata stagione. Con la Pro Vercelli lottavo per la salvezza, qui per la promozione. Siamo cresciuti tanto dall'inizio, giriamo bene la palla e in pochi ci mettono in difficoltà sotto il piano del gioco"
Alto più di un metro e novanta, qualche centimetro in più di Nesta, il suo idolo. Lui che è nato milanista, ma che con gli anni è stato contagiato dalla bellezza di Napoli. Lui che preferisce l’anticipo pulito all’entrata irruenta, come dimostra la sola ammonizione presa nelle diciotto partite fin qui disputate. Eleganza e forza. Ama il tennis e preferisce il rovescio di Federer ai dritti di Nadal. Ma adora anche le schiacciate di Lebron e compagni in Nba. Per fare il primo gol fra i professionisti, poi, ha scelto la potenza. Vittima di turno il Venezia. Una sassata da 30 metri che non lascia scampo al povero Audero perché: “Quando vedo lo spazio e l’occasione, ci provo sempre”. Un sinistro bellissimo con cui si porta a casa i tre punti e anche il Red Bull B-Best contest.
Un gol che avvicina l’Empoli alla A, il suo sogno. Se lo esaudirà con i toscani o direttamente con il Napoli, questo è ancora presto per dirlo: “Intanto bisogna conquistarla”. La promozione un traguardo ancora da tagliare. La stima di Sarri un fatto accertato. Un futuro al fianco di Albiol la provocazione. Sosia, idolo e chissà, magari un giorno anche compagno di reparto. Lui, intanto, pensa all’Empoli e alla prima grande vittoria della carriera. La prima, appunto. Nella speranza che, in futuro, ce ne siano tante altre. Come nel caso del suo fratellone spagnolo