“Talento” e “sprecato” sono due concetti che non vorremmo mai vedere messi troppo vicino. In nessuna occasione. Purtroppo, invece, capita spesso. È il caso anche (o soprattutto?) di Hatem Ben Arfa. Trequartista fenomenale, sulla carta. Nella realtà, a 33 anni compiuti, è uno dei più grandi sprechi della storia del calcio francese.
Hatem è cresciuto nell’INF Clairefontaine, una delle migliori accademie calcistiche del territorio francese, dove sono passati i più forti calciatori, da Thierry Henry fino a Kyllian Mbappé. È presto finito nel mirino dei migliori club d’Europa, perché nessun altro ragazzino della sua età (e non solo) aveva quelle qualità. Sceglie Lione come piazza dove provare a diventare grande. La squadra era la più forte del momento. Il settore giovanile uno dei migliori in assoluto, ancora oggi: scelta più che azzeccata.
Tecnicamente “non ha niente in meno di Cristiano Ronaldo”, disse Raymond Domenech. “Ha dei gesti alla Maradona”, azzardò Arsène Wenger. Tecnica da urlo, velocità, dribbling, genio, potenza di tiro. Cosa gli è mancato allora? Il temperamento.
Dopo Lione, nel 2008 Ben Arfa si trasferisce a Marsiglia. Prima con Gerets, poi con Deschamps, il rapporto con gli allenatori non sarà mai roseo. Viene gentilmente invitato ad andarsene: lo acquista il Newcastle. Prima titolarità, primo gol da cineteca: una sassata all’incrocio dei pali a far impazzire i suoi nuovi tifosi. Quattro giornate dopo il duro infortunio alla tibia: stagione finita. L’anno dopo torna in campo ad ottobre. Gioca poco: sempre sostituito, spesso parte dalla panchina. Anche con Alan Pardew il rapporto non decolla mai: “Era un fuoriclasse, ma passava poco la palla, e quando glielo facevo presente spesso si innervosiva”. Finisce per stufare il manager dei Magpies: viene messo fuori rosa, poi prestato all’Hull City. Sarà l’inizio di un nuovo brutto periodo: nuove incomprensioni, di nuovo messo fuori rosa. Dall’Inghilterra, “è tutto”.
Nel 2015 torna in Francia: lo accoglie il Nizza, e sembra una nuova primavera per Hatem, che nel frattempo aveva già 28 anni compiuti e poco di concreto dimostrato in campo, tranne qualche numero maradoniano, per dirla alla Wenger. Come quando con la maglia del Newcastle prese palla a centrocampo, scartò tutti e mise la palla in rete, facendo impazzire il St. James’ Park. Hatem Ben Arfa, se decide di volerlo, sa fare letteralmente ciò che vuole con la palla. Anthony Meunier, suo ex compagno nel settore giovanile del Lione, racconterà un aneddoto sbalorditivo: “Prima di una partitella di fine allenamento disse: ‘Adesso prendo la palla, scarto tutti e faccio gol sotto le gambe al portiere’. Prese il pallone, scartò tutti e fece gol al portiere sotto le gambe. Per talento, è ai livelli di Messi e Ronaldo”.
A Nizza la ripartenza sembra essere quella buona. La tecnica è la stessa di sempre, e caratterialmente sembra maturato: “Voglio colmare il gap con Messi e Ronaldo”. Ah. Risultato: 37 partite, 18 gol, 7 assist. Numeri da fenomeno quale sarebbe, se soltanto lo volesse. A giugno 2016 arriva (l’ultima?) chiamata della vita: Ben Arfa firma con il PSG. Decollo definitivo? No. Il rapporto con Emery e la società è pessimo. Dopo un anno, finisce di nuovo fuori squadra: passa tutta la stagione 2017/18 ad allenarsi con le riserve. Un tugurio. Poi rescinde il contratto, e riparte da Rennes.
In Bretagna, Hatem ritrova il livello di Nizza: a fine stagione alza anche la Coppa di Francia, dopo la vittoria ai rigori contro il PSG. Unai Emery era partito un anno prima, Ben Arfa si vendica con il presidente Al-Kelaïfi: “Rivincita? No, sono fiero di me. Ho saputo gestire la tempesta, la vita oggi mi ha ricompensato. La dirigenza del PSG non mi ha rispettato come uomo. Quando ti comporti male, ne paghi le conseguenze. A loro, oggi, è successo proprio questo”.
Ma alla scadenza del contratto annuale con il Rennes, il rinnovo non arriva e nessuna squadra lo cerca. Finisce a Valladolid del patron Ronaldo Nazario: in tutto, in una stagione gioca cinque sole partite, e finisce nuovamente fuori dai radar. La settimana scorsa un nuovo contratto firmato: è quello con il Bordeaux. “Qui c’è Jean-Louis Gasset, un allenatore che conosco (era il 2° di Laurent Blanc nella nazionale francese, quando Ben Arfa era nel giro della nazionale, ndr). Mi piace come allenatore e come uomo: se sono qui è anche per lui. Fisicamente? Sto benissimo, e sono pronto”. Ieri sera l'esordio, subito da titolare. Un gol annullato per fuorigioco, poi nessun acuto dei suoi. Normale: non giocava una partita dal 7 luglio scorso.
Tecnica, dribbling, velocità, potenza, ma un carattere difficile da gestire e un’attitudine in campo che fa spesso infastidire gli allenatori. Su Hatem Ben Arfa ci sarebbero talmente tante cose da dire che il modo migliore per farlo è mettersi in silenzio. Non resta che osservarlo mentre ci delizia con le sue giocate maradoniane, se ha voglia di farle, sperando che non ricada nei suoi errori. Sarebbe uno spreco incredibile. In parte lo è già, ma a 33 anni c’è ancora un po’ di tempo per divertire il pubblico. Perché il calcio, di talenti come Hatem Ben Arfa, ne avrà sempre bisogno. Adesso la nuova ripartenza, con la maglia del Bordeaux. Sarà la (s)volta buona?