1ª giornata della Serie A 1996/97. 8 settembre, San Siro. Calcio d’angolo per l’Hellas Verona. Il risultato è sul 2-1 per il Milan, e siamo a pochi minuti dal termine. Il piazzato degli ospiti è da dimenticare. La palla finisce su un giocatore con degli insoliti scarpini rossi. È George Weah, che dall’angolo della propria area di rigore, sotto la Curva Sud, fa partire una delle più belle cavalcate della storia del calcio. Coast to coast da porta a porta, tre uomini saltati in velocità e pallone infilato nella porta di Attilio Gregori. Pubblico in visibilio: primi tre punti messi in cassaforte e la convinzione di avere in casa un vero fenomeno.
Quando va in scena questo gol da cineteca, Timothy Weah non è ancora nato. Sarà concepito alla fine di maggio 1999, nel periodo in cui papà George festeggia l’incredibile scudetto vinto con il Milan di Alberto Zaccheroni. Tim è nato il 22 febbraio 2000. George si è da poco trasferito in Inghilterra, al Chelsea, dove resta per un anno e mezzo. Oltre a quella dei blues, George veste poi le maglie di Manchester City, Olympique Marsiglia e Al-Jazeera, prima di appendere le scarpe al chiodo. Nella sua testa, oltre al desiderio di crescere i suoi figli, ci sono nuovi obiettivi e nuove battaglie da disputare lontano dai campi da calcio.
“MA IO SONO IO”
George Weah, infatti, il 13 agosto 2005 si candida alla presidenza della sua Liberia: passa al primo turno con il più alto numero di voti, ma perde al ballottaggio finale. Timothy Weah, in quel periodo, ha solo cinque anni, ed è impegnato a dare i suoi primi calci a un pallone, iniziando già allora a perfezionare la mira per trovare la rete. Perché sì, Weah Jr. è un attaccante. Come il padre. E dal padre apprende i primi consigli del mestiere. “Ma io sono io. Sono anni che lavoro su me stesso e faccio tanti sacrifici”, dirà qualche tempo più tardi, per rispondere ai primi paragoni con George.
Nel 2010, Tim ha dieci anni, e si sta facendo conoscere negli Stati Uniti d’America. È la terra in cui è nato, la terra in cui ha vissuto fino ai tredici anni. La sua ultima esperienza americana è stata con i New York Red Bulls, prima dello sbarco in Europa, per fare un provino con il Chelsea, una delle squadre in cui ha giocato il padre. Il calcio, in casa Weah, è già diventato uno degli affari di famiglia. Nel frattempo, papà George stava già pensando a ricandidarsi, per dare nuovi calci alla povertà nel suo paese, e nel suo continente.
SEGUENDO LE ORME DI GEORGE
Nel dicembre 2017 George Weah è stato eletto presidente della Liberia, con il 61,5% dei consensi. Timothy, nel frattempo, da tre anni è entrato a far parte del settore giovanile del Paris Saint-Germain. Proprio la squadra in cui il padre fu in grado di vincere un campionato, due coppe nazionali, una Coppa di Lega, e di alzare, nel 1995, il premio di miglior calciatore in assoluto: il Pallone d’Oro. Per Timothy, i sogni stanno diventando realtà. A 17 anni fa già parte del gruppo dei professionisti del PSG, la squadra che ha sempre tifato sin da piccolo, a forza di vedere cassette e video di George.
E ORA SAN SIRO ...
Giovedì 5 novembre 2020 Timothy Weah affronterà il Milan. Ancora un punto in comune col padre. Prima il PSG. Poi il terreno di San Siro, anche se da avversario. Il giovane Timothy calpesterà il prato dove il padre divenne l’idolo del popolo rossonero e un grande protagonista del calcio italiano. George avrà sicuramente raccontato a Timothy della cavalcata contro il Verona del lontano 8 settembre 1996. Suo padre, a quei tempi, aveva 30 anni. Timothy ne ha solo 20 adesso. A quell’età, papà George era in Liberia.
Segnava già tanto, ma le grandi squadre ancora non lo conoscevano. Tim è invece un attaccante del Lille e ha già vestito la maglia della nazionale statunitense. È rapido, molto bravo palla al piede e con un'ottima visione di gioco. E il cognome che porta sulle spalle vale come uno stimolo in più: “Non è un problema per me essere sempre accostato a mio padre. Mi aiuta a fare sempre meglio, e voglio che questo sia sempre un vantaggio in più per me”.
Timothy è in piena rampa di lancio. I tifosi del Milan erano in visibilio per le giocate del padre. Giovedì dovranno temere quelle del figlio. Perché buon sangue non mente. George è partito dalle baraccopoli e si è realizzato come calciatore e come uomo politico. Timothy è nato in condizioni ben più agiate, non è solito usare scarpini rossi, ma la fame sembra davvero essere la stessa.
Una cosa, comunque, è certa: la strada per il successo, per i Weah, in qualche modo passa sempre da San Siro.