“Se n’è andato un mio amico”. Davide Lippi saluta così Diego Armando Maradona ai microfoni di gianlucadimarzio.com. Erano amici, si erano conosciuti anni fa alla festa di addio al calcio di Ciro Ferrara. Un momento che a distanza di 15 anni ricorda ancora nitidamente: “Io ho avuto l’onore di conoscerlo per la prima volta quando è tornato a Napoli per l’addio al calcio di Ciro Ferrara. Ero giovane, ma mi ricordo benissimo quel momento in cui entrò in campo, ero lì vicino a lui, lo accompagnavo. Ho vissuto un’emozione talmente grande che faccio fatica a spiegarla. Non ho mai rivisto uno stadio come quel San Paolo. Lo stadio si muoveva, tremava al suo passaggio. Lo acclamava come fosse un calciatore in attività, ma Diego non era nemmeno vestito da calciatore. Quello che ho visto quel giorno me lo ricorderò finché campo”.
Un giorno indimenticabile che ha dato il là ad una splendida amicizia e ad una collaborazione lavorativa che ha permesso ad entrambi di conoscersi meglio: “Con la mia agenzia abbiamo fatto tante belle cose assieme. Penso alla partita della pace che organizzammo con Diego e Pelè assieme alla mia azienda, la Reset Group, di cui loro due erano i testimonial. In quell’occasione entrambi si rividero dopo tanto tempo e si abbracciarono. Proprio tramite questa azienda ho avuto modo di rimanerci a contatto per tanti anni, ci ho lavorato assieme, abbiamo organizzato ospitate in televisione come l’intervista a Che tempo che fa… ho avuto la fortuna di viverlo da vicino. È una cosa fortissima che non mi dimenticherò mai…”.
Dimenticarsi Diego? Come sarebbe possibile. I fiumi di gente che continuano a tributargli il doveroso omaggio testimoniano quanto la sua carriera abbia significato più di quella di ogni altro calciatore: “Maradona ha rappresentato e rappresenta il Calcio. Il Pallone. Quando penso al calcio penso a lui e a Pelè. Due talenti incommensurabili. Non c’è una parola per descriverlo, forse la parola Maradona stessa. La parola Maradona rappresenta qualcosa di inarrivabile, qualcosa di grande. È entrato anche nel vocabolario di tutti i giorni… questo ne fa capire la grandezza, quello che è stato e sarà”.
Il buono e il cattivo: eternamente Diego
Parole che descrivono lo sportivo, il calciatore dall’uomo o forse no. Di Maradona bisogna prendere il buono e il cattivo. Apprezzarlo per quello che è stato. Lippi lo racconta, o almeno ci prova, perché Maradona va capito non solo come giocatore, ma anche come uomo: “Il mondo intero, con la sua morte, ha perso un protagonista assoluto. È una perdita incommensurabilmente dolorosa come lo è stato quando se ne sono andate grandi leggende della musica, del cinema o di altri sport. Sarà ricordato da ognuno di noi per tutto quello che ha fatto sul campo. È chiaro poi che è stato un po’ genio e sregolatezza: come la maggior parte dei geni aveva quella parte sregolata della sua vita. Ma come ho sentito ricordare in questi due giorni: Diego e Maradona non sono scindibili, Diego era Diego sia in campo che fuori e così Maradona.
Poi è facile parlare delle persone quando non si conoscono. Diego, sicuramente, prima che lo conoscessi ha avuto una vita di eccessi e di vizi importanti. Io l’ho conosciuto dopo tutto questo. Diego era una persona meravigliosa. Aveva tanto da dare a tutti, ma evidentemente aveva anche dei problemi perché sennò una persona non farebbe quello che ha fatto lui.Trovo abbastanza banale dire determinate cose su di lui in questo momento. Io non lo giustifico, non si può giustificare, ma io so che sto piangendo, piango da ieri perché ho perso un amico a cui volevo bene”.
"Voglio omaggiarlo andando a casa sua: lo Stadio Diego Armando Maradona"
Piange. Non lo fa al telefono, ma la voce è trattenuta e si apre solo per fare spazio a quello che di bello ha significato Diego Armando Maradona per tantissimi ragazzi, per il popolo napoletano e quello argentino. Mi parla come se ci conoscessimo da tempo e se ci stessimo consolando a vicenda per la perdita del nostro più caro amico. Non si nasconde e ammette che da quando ha avuto la notizia ancora adesso, a distanza di ore, gli capita di fermarsi, pensare e piangere. Vorrebbe essere in Argentina, ma non si può per colpa di questo maledetto Covid e allora si confida e ammette: “Voglio omaggiarlo andando a casa sua, quando si potrà. Io mi auguro vivamente che il nome dello stadio San Paolo diventi stadio Diego Armando Maradona. Veramente. E non appena si potrà tornare alla normalità la prima partita, o almeno una delle prime, che andrò a vedermi sarà quella del Napoli allo stadio Diego Armando Maradona. Voglio tornare lì, nel suo stadio, nello stadio di Diego”.
Ci salutiamo, ma prima di mettere giù ci tiene ad aggiungere l’ultimo pensiero per il suo amico: “Era una persona buona e generosa per come l’ho conosciuta. Sono amareggiato, triste e anche un po’ arrabbiato. Perché? Noi ragazzi della mia generazione cresciuti con un pallone tra i piedi lo abbiamo sempre visto come un supereroe. Inimitabile. Inarrivabile. Ineguagliabile. In qualche modo immortale. Ci siamo accorti che non era così”.
Un supereroe che è stato sconfitto inaspettatamente. Un addio che ha messo tristezza a due mondi così lontani, ma così uguali. Un addio che non si riesce a metabolizzare. Se n’è andato un amico di Davide, ma è come se se ne fosse andato uno dei nostri.