“Nella mia formazione come allenatore professionista ci sono stati cinque momenti di grande importanza. La prima e la mia passione per i videogiochi. Sono diventato semiprofessionista per 14 anni”. I videogiochi? Sì, esatto. Nella vita di Leonel Pontes c’è anche questo. Niente di sorprendente per un uomo la cui continua crescita è stata aperta e influenzata da stimoli, esperienze, culture diverse. Ora il presente è in Cina, nel suo passato ci sono gli anni di lavoro nello Sporting Lisbona e nella Nazionale portoghese. Ah, ed è stato il primo allenatore di Cristiano Ronaldo allo Sporting. “Arrivò che era un bambino. Era timido, ma osservava tutto quello che lo circondava, sembrava un adulto”. Un concerto degli U2, il giro in moto, un ping pong e ora l’esperienza da direttore tecnico in Cina: il viaggio di Leonel Pontes e di un bambino che ha scritto la storia del calcio.
Dal Portogallo alla Cina
Leonel Pontes risponde dalla Cina. Ora è direttore tecnico dello Shanghai Shenhua. “Non è stata una scelta o una decisione pensata e organizzata. Sono un allenatore e voglio continuare ad esserlo. Ma rappresentava una grande sfida in un paese con una cultura diversa”. All’orizzonte c’è un ritorno in panchina: “Ho molta voglia di tornare e giocare per vincere. Mi manca il lavoro quotidiano con i giocatori”. Normale per chi sul campo ci ha passato una vita: “Ricordo gli 11 anni di lavoro nella formazione di giocatori ad alte prestazioni in una delle migliori scuole al mondo, le quattro stagioni nello Sporting Lisbona come assistente allenatore e gli altri quattro in Nazionale, come vice allenatore, partecipando a un Europeo e a un Mondiale”. Tanti i giocatori allenati e visti crescere: da Nani a Quaresma, passando per Pepe, Nuno Mendes, João Moutinho. E poi quel bambino introverso fuori e leader in campo che amava competere con i più grandi: Cristiano Ronaldo.
Gli U2, la moto, l’Inter e il rischio di smettere
Quel bambino ha da poco superato i 900 gol in carriera. Nel mezzo ci sono le Champions, un Europeo, tanti record infranti, la storia di questo sport riscritta anno dopo anno. Iconico. E pensare che per un periodo pensava di smettere col calcio: “Aveva 12 anni, era arrivato da poco a Lisbona. Gli mancava casa. Lo accompagnai all’aeroporto per le vacanze natalizie per tornare a Madeira, temevo che non sarebbe tornato”. Alla fine, Cristiano tornò e iniziò la sua ascesa. “Aveva già una mentalità vincente. Sfidava i più grandi, amava competere. Fuori dal campo gli piaceva giocare a ping pong e a biliardo”.
L’esperienza “memorabile” del concerto degli U2 condiviso, e il weekend passato dai genitori di Pontes a Porto da Cruz. “Farà il calciatore? È così magro”, la domanda della madre. “Sì”, pochi dubbi. E il giro in moto: “Gli prestai la mia. Fece una curva su una ruota, gli attimi più lunghi della mia vita”. Sul campo una crescita costante: “Pensava sempre a migliorarsi. Si allenava coi pesi alle caviglie per perfezionare e velocizzare i suoi dribbling”. Scout da tutta Europa, “soprattutto di Inter e Arsenal”. Dopo l’amichevole con il Manchester Unites, il diktat di Sir Alex Ferguson: “Non ce ne andiamo senza la firma del ragazzo”. Gli inglesi anticipano tutti. Il resto è storia. “Sono orgoglioso nel vederlo realizzare i suoi sogni. È diventato una fonte d’ispirazione”.