“Mi piaceva il suo gioco aggressivo e la sua grinta, la sua voglia di dare sempre tutto per la squadra e di trascinarla. Mi sento molto simile a lui nel mio stile: metto tutto me stesso in campo, la mia grinta nei contrasti, la mia fisicità e anche la capacità di giocare la palla”. Chissà se Gattuso lo ringrazierà al primo incontro, stavolta faccia a faccia e senza telecamere. Quelle parole, spesso, le ha ripetute Diego Demme alla domanda solita “a chi ti ispiri?”. Gattuso era l’uomo che gli veniva subito in mente, un centrocampista pronto a farsi in quattro, con al braccio spesso la fascia da capitano, uno che ti faceva sentire leader anche quando non lo eri. Il gioco del destino è che ora Gattuso non sarà solo un punto di riferimento per il più giovane Diego, sarà il suo allenatore, quello che deciderà se mandarlo in campo o meno. Un affare lampo, un colpo quasi a sorpresa: quasi, perché Demme era sul taccuino del Napoli da due anni già, da quando le strade si erano intrecciate per la prima volta in Europa e avevano sorriso al Lipsia.
Il miracolo Lipsia e la passione per i videogame
La vita di Diego, ufficialmente del Napoli, si riassume tutta lì, in quella cittadina a due ore di distanza da Berlino che non ha nulla di Sud Italia ma che sa accogliere chi viene da lontano. Lipsia è stata la casa di Demme nelle ultime sette stagioni, una scommessa prima e una vittoria bellissima poi per lui che nel 2014 aveva scelto di scendere di categoria per affrontare una nuova sfida. Il suo volto - un po’ tedesco, un po’ calabrese - era stato tra quelli del “miracolo” sportivo, della risalita in massima serie tedesca, della Champions League. Da gregario a capitano, come nelle migliori favole. La prima, la più bella, l’aveva scritta papà Vincenzo che aveva lasciato la Calabria per Herford, dove Diego nascerà. Il nome dice tutto, un omaggio a quel Maradona che papà Enzo aveva tifato tra l’Italia e la Germania, con buona pace di una mamma tedesca che proprio non sapeva spiegarsi da dove uscisse quel nome. La stessa che era costretta a staccarlo dai videogames da bambino, a cui ha poi risposto alla grande: Diego, oggi, è anche uno dei più apprezzati gamer nel mondo del calcio, ama le consolle quasi quanto ama il campo e il Lipsia ha provato ad approfittare del suo talento rendendolo l’uomo di punta della squadra che ha affrontato la eBundesliga, bravo sul campo ma anche con il joypad.
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La vita in Germania, ma Napoli nel destino
Il calcio, però, è sempre stato nel destino dei Demme. Diego comincia giovanissimo con l’Arminia Biefeld di cui veste la maglia per due anni, comincia a risalire la china del professionismo con il Paderborn che ne intuisce le qualità e con cui è titolare nella B tedesca tra il 2012 e il 2014. Poi arriva il Lipsia e la voglia di provare l’impresa: scende in terza serie, ma in pochi anni sfida il Bayern e il Borussia in Bundesliga, il Napoli anche in Europa League, fino a vestire la maglia della nazionale tedesca. “Che bello tornare a Napoli, ho già visto la città in vacanza e non vedo l’ora di essere al San Paolo” aveva commentato Diego due anni fa, che una foto sul lungomare napoletano l’ha pubblicata anche a Natale. In quella sfida europea contro gli azzurri hanno la meglio proprio i tedeschi, come fosse un desiderio espresso da Diego. Uno che di desideri se ne intende, come quando aveva sperato di trovare finalmente il gol in Bundes con la maglia Red Bull: contro il Friburgo, nella primavera del 2017, riesce a coronare il sogno ma perde un dente in un contrasto. Sorride lo stesso perché sa che nulla avrebbe più sapere in quel momento.
A cura di Gennaro Arpaia